L’incompiuta che vogliono rendere compiuta: con la Bonifica

Negli anni '80 non funzionò ma adesso il consigliere di Fiorletta vuole interpellare Gargano e Renna e capire se ci sono margini di recupero per l'invaso

Emiliano Papillo

Ipsa sua melior fama

Ad Anagni ci erano arrivati prima di tutti. Lo avevano capito con quasi quarant’anni di anticipo. Così alla fine degli Anni ’80 il Consorzio di Bonifica Sud di Anagni progettò la realizzazione di un invaso. Un mega serbatoio che aveva lo scopo di raccogliere un grosso quantitativo di acqua e poi distribuirla per l’irrigazione ai vari proprietari terreni delle zone limitrofe. Una grande opera che poteva risolvere in primis il grave problema della siccità nei periodi estivi.

Ci erano arrivati prima di tutti gli altri, ad Anagni. Oggi il Piano Invasi è il pilastro dell’attività portata avanti dal direttore dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Bonifica, Massimo Gargano. Ci combatte da anni. Con i Governi di ogni colore. Prova a spiegare a tutti che la salvezza idrogeologica dell’Italia passa da lì. Ed anche una parte della nostra sovranità alimentare. Perché? Senza acqua non si fanno le coltivazioni.

Ma di acqua ne piove in abbondanza, fin troppa. Ma ne piove solo in alcuni giorni dell’anno. E fa danni. Servono allora gli invasi: i bacini nei quali imbrigliarla, trattenerla per evitare che poi vada ad allagare i paesi e le campagne. Usandola poi per i periodo in cui non piove. Esattamente quello che volevano fare ad Anagni. Ma quarant’anni fa, nei mitici Anni ’80.

Da Tufano a Ferentino, ma non funzionò

Ad Anagni l’opera viene pure avviata. In pratica partiva da Tufano per arrivare dopo diversi chilometri fino a Ferentino, in particolare alle Tofe. Opera appaltata e pure realizzata dopo alcuni anni. Ma una volta terminati i lavori: la sorpresa. L’invaso non funziona. Praticamente non riesce a raccogliere il grande quantitativo di acqua ipotizzato.

Durante il collaudo ci si accorge che invece di aiutare i terreni, li danneggia. Determina diversi allagamenti. Danni che arrivano anche nelle case limitrofe. Così dopo oltre 30 anni e centinaia di milioni delle vecchie lire utilizzate, l’opera resta compiuta ma inutilizzata.

Ora Ferentino ha sete, la provincia di Frosinone rischia la sete. I cambiamenti climatici hanno trasformato tutto. E quell’invaso potrebbe tornare utile. Ci sta lavorando il consigliere comunale Maurizio Berretta, uno dei delegati del sindaco Piergianni Fiorletta. “L’invaso di Colle Trono, a ridosso della popolosa zona Tofe, costò alcuni miliardi di lire. Durante il collaudo si scoprì che l’opera aveva evidenti perdite d’acqua e non venne messa in servizio. Ora vogliamo capire se ci sono margini per recuperare quell’opera e metterla a disposizione della nostra collettività”.

La riscossa dell’invaso e i margini di recupero

Maurizio Beretta vuole avviare un confronto a 360 gradi. Coinvolgendo il direttore regionale Andrea Renna ed il commissario provinciale della Bonifica Sonia Ricci. Un confronto che affronti il tema delle quote consortili, delle cartelle inviate dagli agenti di riscossione ed in molti casi diventate oggetto di impugnazione.

Ma soprattutto l’invaso. Potrebbe tornare dannatamente utile. “È vero, abbiamo questo grande problema che ci trasciniamo da oltre 30 anni – conferma il consigliere di minoranza Fabio Magliocchetti . Ormai dopo tanti le condotte saranno anche usurate”.

Eppure, per un periodo quella struttura ha funzionato. La linea è stata operativa in alcune zone vicino a Tufano, da Stella Vado Rosso in poi invece non ha funzionato più. “Problemi soprattutto su zona Tofe. Dobbiamo verificare se ci sia la possibilità di riattivare il serbatoio. Può portare benefici importanti alla collettività. Una delle possibilità è far rientrare l’invaso nel programma di sviluppo presentato da Anbi e Coldiretti al quale i Consorzi di Bonifica hanno aderito“.

E mettere fine ad un’incompiuta. Facendola diventare un’opera centrale per il sistema agricolo di Ferentino ed Anagni.