Il ruggito del re leone nell’aula del Consiglio

Domenico Malatesta

Conte della Selvotta

Domenico Malatesta

 

di Domenico Malatesta
Conte della Selvotta

 

Fermate il leone!” Il ruggito del re della savana è rimbombato nell’aula Di Biasio di Cassino. E’ rimbalzato tra gli affreschi di Selva che visualizzano la Pace di San Germano siglata nel 1230 tra l’imperatore Federico II di Svevia e papa Gregorio IX. Il suo eco ha segnato la serata di martedi 29 novembre 2016, giorno in cui la Chiesa ricorda san Saturnino di Cartagine il Vecchio, martire a Roma. Da non confondere con altri 15 san Saturnino nati in città diverse e che la Chiesa festeggia in altre date.

Il ruggito ha messo paura alle truppe non allineate al commander in chief (l’affezionato lettore Mario Abbruzzese). Ma anche a quelle allineate, non troppo. Che succede nell’Amministrazione di re Carlo Maria D’Alessandro? (Lui sì che un fedelissimo ed allineato lettore di Alessioporcu.it).

Chi è il leone che nella savana incontrollabile cerca di farsi notare per future nomine? Ci sono le Provinciali, subito. Ci sono le Regionali, poi. Ed anche le politiche. Ma nel 2021 (?) si rivota per il sindaco. E già ci si prepara. E già si scommette. Chi rimarrà nella giunta di Carlo Maria per cinque anni con il ruggito sempre più potente potrà avanzare la proposta: “Adesso tocca a me“. Ma la prima fila della griglia di partenza sarà sempre dettata dallo starter, ossia il commander. Ossia Mario.

Gli ordini alla giunta (spesso non graditi) arrivano dall’alto tramite un superfedele. Tanto che tra i vecchi e i nuovi consiglieri ed assessori serpeggia il malessere. Re Carlo Maria, però, è serafico e imponente allo stesso tempo. Fa finta di nulla. Da burocrate esperto. Dall’alto arriva il monito: ”State calmi ragazzi”, di renziana memoria.

Ma chi è il leone? Il Conte della Selvotta si riserva di indicarlo in una prossima nota.

Ma la seduta di martedi 29 novembre ha segnato anche un appuntamento rituale con la protesta scandita dai sempre ribelli Vincenzo Durante, Mario Che Guevara, e il sindacalista dei senza casa. E così anche Carlo Maria D’Alessandro ha conosciuto alcuni dei poveri che vivono tra i dimenticati. L’urlo dei disperati, però, si è confuso con il ruggito del leone. E dal banco degli assessori il vero Leone (Benedetto) agitava le carte scritte dallo sconfitto Petrarcone. Con relativa porzione di insulti reciproci, di fronte al busto bronzeo del saggio sindaco Gaetano Di Biasio (1944-1948).

Ma dall’alto dello scranno è tuonata ancora una volta la voce dissidente del poco imperioso Giuseppe Sebastianelli che il commander non volle candidare sindaco ed ora medita la vendetta. Dalla maggioranza (cacciato da re Carlo per infedeltà) all’opposizione ma “indipendente di centrodestra” come Peppe ci tiene a precisare.

Per una questione di falegnameria è costretto a stare ancora sulla tribuna di destra, quella dove sedeva Abbruzzese. Vorrebbe traslocare in quella di fronte ma il posto più in alto è occupato da Giuseppe Golini Petrarcone. E così Sebastianelli aspetta un gesto gentile di Peppino, ex sindaco per due volte. Lì, dicono, starebbe meglio. Da quell’altura è certo che le sue filippiche si scagliuerebbero ancora più potenti contro re Carlo e gli emergenti giovanotti. Compresi i cosiddetti “sordomuti” che alzano la mano per dire sì.

Ci vuole pazienza”, commenta l’anziano Sebastianelli. Il quale giurano abbia volto lo sguardo, in alternativa, verso un altro scranno. Quello occupato in aula, continuativamente dal 1963 dal vegliardo cronista del Messaggero Domenico Tortolano (anche lui diventato attento lettore del Conte, del che ci sentiamo onorati, anche se ha pubblicamente affermato di non gradire d’essere da noi citato: si rassegni, professore, su ella ricade l’ineluttabile destino che segna tutti i grandi). Ma l’antico scrivano che canta le gesta dei politici Cassinati dall’epoca in cui la capitale del mondo era Atene, non intende in alcun modo mollare lo scranno. «E’ troppo giovane, rischia di scottarsi: questa seggiola brucisa più di quanto appare. Bisogna saperci stare anche quando è rovente».

Come capita quando bisogna gestire le rampogne, tipo quella arrivata ieri per firma di Petrarcone e rivolta all’apparato di gestione di re Carlo titolata ”C’è chi ordina dall’alto e chi esegue”.

Ma il serafico primo cittadino Carlo Maria, interrogato dall’anziano cronista, non ha voluto commentare l’ira del suo predecessore. Ogni tanto anche a Lui qualcuno dice no.

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