Da Mattarella a Putin. Una settimana presidenziale

La lezione del discorso di Sergio Mattarella a Cassino. La guerra è ancora il principale e mostruoso motore dell'economia. Le nostre ipocrisie. E quelle Usa che distruggono per ricostruire. Ma anche Putin non scherza

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

La Ciociaria ha vissuto questa settimana la visita del presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella: prima a Cassino e subito dopo a Ferentino. Mentre il mondo punta gli occhi tutti sulle elezioni presidenziali russe, le prime in tempo di guerra per Vladimir Putin. Una settimana presidenziale potremmo definirla. In attesa delle presidenziali più importanti quelle statunitensi.

L’attualità di Cassino

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Cassino

Il presidente Mattarella a Cassino incentra il suo discorso tutto sulla guerra. Che anche se tenuto per l’80° del bombardamento della Città Martire suona in maniera, tanto strana quanto inquietante, attualissimo. “Far memoria di tragedia, una battaglia così sanguinosa, come quella di Cassino – che ha inciso nelle carni e nelle coscienze del nostro popolo e di popoli divenuti nostri fratelli – è anche un richiamo a far cessare, ovunque, il fuoco delle armi, a riaprire una speranza di pace, di ripristino del diritto violato, della dignità riconosciuta a ogni comunità“: forte il messaggio che Mattarella lancia dalla città martire. Ed è evidente a tutti il richiamo alla guerra in Ucraina che da due anni inquieta le coscienze dell’Europa e del mondo.

Il 15 marzo del 1944 gli alleati colpirono la città di Cassino con un raid nel quale vennero impiegati centinaia di aerei. Cassino venne rasa al suolo, conoscendo così la stessa sorte toccata un mese prima all’abbazia. Il bombardamento aveva come obiettivo la distruzione del caposaldo dal quale i tedeschi fermavano l’avanzata degli alleati verso Roma e fu uno degli episodi più discussi e criticati della campagna guidata dalle forze Usa in Italia.

Nella Costituzione c’è “una affermazione solenne: il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Sono le poche parole dell’articolo 11 che contiene le ragioni, le premesse del ruolo e delle posizioni del nostro Paese nella comunità internazionale: “costruire ponti di dialogo, di collaborazione con le altre nazioni, nel rispetto di ciascun popolo” le parole del presidente della Repubblica parlando alla cerimonia.

Il tempo che non è passato

La barbarie della guerra non fa sconti. “Mentre un sentimento di pietà si leva verso i morti, verso le vittime civili, non può che sorgere, al contempo, un moto di ripulsa da parte di tutte le coscienze per la distruzione di un territorio e delle sue risorse, per l’annientamento delle famiglie che lo abitavano, nel perseguimento della cieca logica della guerra, quella della riduzione al nulla del nemico, senza nessun rispetto per le vittime innocenti. Lutti e sofferenze, pagate in larga misura dalla incolpevole popolazione civile, a partire dal funesto bombardamento del 15 febbraio contro l’Abbazia, nel quale, con i monaci, perirono famiglie sfollate, tante persone che vi si erano rifugiate contando sull’immunità di un edificio religioso, espressione di alta cultura universalmente conosciuta. Ma la guerra non sa arrestarsi sulla soglia della barbarie“.

Parole sentite e pesanti che non si possono non condividere. In particolare da ciociari pensando al prezzo enorme che questa terra ha pagato nella Seconda Guerra Mondiale. Cassino in particolare violentata come nessuna. Stupisce però come possano, dopo ottanta anni e numerosi altri conflitti, certe parole suonare così attuali da attagliarsi perfettamente anche alla situazione odierna. Dove sembra che fatte le debite proporzioni non abbiamo imparato veramente ancora nulla sulla guerra.

Eppure la nostra immensa Costituzione non aveva lasciato sorta di dubbio quando afferma “il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. È per questo che pur condividendo convintamente parola per parola il discorso del Presidente, nell’ascoltarlo sono stato pervaso da un senso di confusione e insoddisfazione.

Distruzione e ricostruzione

Le macerie della chiesa di Sant’Antonio con il carro armato (Archivio Csdc Onlus)

Perché c’è un filo rosso lungo decenni che parte da Cassino ed arriva ai giorni d’oggi che se pure a parole cerchi di convincerti che non esista ne vedi i segni dappertutto. E cercherò di spiegarlo per primo a me stesso con un concetto che con personalissima definizione chiamerò dualisticamente della “distruzione e ricostruzione”.

Gli Usa sono uno stato certamente moderno. Nato pochi secoli fa. Ed al tempo della Seconda Guerra Mondiale in pratica avevano affrontato solo una guerra interna di secessione tra Nordisti e Sudisti, che vissero ancora con i cavalli le pistole Smith and Wesson ed i fucili Winchester. Niente di moderno. Niente a che vedere con la corsa agli armamenti della Seconda Guerra Mondiale. Con la bomba atomica. Con la devastazione. Con la cancellazione di territori interi.

Anche nella Seconda Guerra Mondiale non parteciparono veramente, fecero per anni sfiancare le forze in campo ed arrivarono nel momento giusto per dare il colpo di grazia. E lo fecero, diciamo così, senza mezzi termini. Al suono di sanguinosi bombardamenti che non tenevano conto di nessun rispetto della persona umana. Erano tanto disumani proprio perché totali. Non distinguevano tra l’amico ed il nemico radevano al suolo una città, un monumento di civiltà millenaria, senza distinzione alcuna.

Distruzione American Style

Foto: US Air Force 232-6 / Collection if the National WWII Museum

Diciamoci la verità ci vuole molto coraggio a radere al suolo un monumento di civiltà straordinario come l’abbazia cassinate, seppure giustificati dal fatto che fosse presa ed usata dal nemico. E non far passare neanche un mese per  cancellare dalla cartina anche la città che la ospitava. Ci vuole coraggio. Molti non lo definiscono così ma manterrò a scanso di polemiche questa definizione. Ma fuori dai giudizi morali o di opportunità Cassino fu la prima e lampante occasione di mostrare il metodo americano della distruzione e ricostruzione.

L’abbazia fu faticosamente ricostruita con importanti contributi economici. La città martire e tutta l’Italia beneficiarono del piano Marshall che ne avviò la ricostruzione. Ecco allora Cassino oltre che città martire fu il primo esperimento vero concreto della distruzione e ricostruzione “american style”. Da allora se ben guardate lo schema bellico degli Stati Uniti ha sempre seguito gli stessi concetti. È sempre stato legato a criteri economici. E discendentemente da quelli economici al sostegno dei governi politici post bellici.

Prendiamo l’esempio di Marshall, che era il Segretario di Stato americano. Il suo piano prevedeva circa quattordici miliardi di dollari con l’obiettivo di sostenere le fragili economie europee uscite fiaccate dalla guerra, di sviluppare nuova economia. E conseguentemente a questa di rafforzare le politiche dei singoli Stati. E di dare sollievo ai cittadini ed ai governi stremati dalla guerra.

L’interdipendenza

Il Segretario di Stato degli Stati Uniti George Marshall (Foto: Centro Storico US Army)

Inizialmente fu criticato dagli economisti ma poi senza dubbio ebbe effetti positivi. In particolare se lo volessimo dire nella maniera in cui gli americani lo spiegano rafforzò il “concetto di interdipendenza” con gli Stati europei. Loro gentilmente la chiamarono interdipendenza. E ci spiegarono che poteva essere una ottima soluzione alle tensioni ed ai conflitti che da sempre animavano la storia europea. Ecco questa è la radice economico culturale che poi portò alla creazione di una difesa stabile comune con la Nato e dal versante opposto la contromisura col Patto di Varsavia.

Dunque la seconda guerra mondiale ci ha resi “interdipendenti” con i nostri “principali alleati” che sono gli Stati Uniti. Due terminologie che trovo geniali che cercano di spiegarci senza offenderci che pur essendo dei sottoposti conserviamo un briciolo di dignità almeno terminologica.

Ed allora mentre Mattarella accorato parla di guerra ed aggressione tu subito pensi alla Russia di oggi che ha invaso l’Ucraina ed alle sofferenze delle popolazioni nel conflitto. Poi però ripensi ma Cassino la bombardarono gli americani. Ma che c’entrano gli americani quindi oggi in Ucraina? Pensi tra te e te.

Guerra ed economia

Foto: Ministero della Difesa Ucraina

C’entrano esattamente come c’entravano nella Seconda Guerra Mondiale. Perché per gli Usa la guerra e l’economia vanno sempre di pari passo. Anzi sono assolutamente convinti che la guerra sia il più grande motore economico. Anche qui potremmo usare il termine interdipendenza, se vogliamo.

Allora e non credo sia solo la mia convinzione, essendo fermamente certo che la storia di Cassino e della sua abbazia rientri nel novero delle maggiori brutalità belliche della storia. Per molti non è così: è anche l’inizio di un sistema interconnesso tra guerre ed economia. L’esperimento primigenio diciamo.

Avete fatto caso che da quando è iniziata la guerra in Ucraina ancora non si vede luce di una tregua ma già da mesi si parla della ricostruzione? Con Putin concentratissimo a conquistare i territori non solo russofoni,  ma che contengono le migliori risorse naturali. Anche lui, moralista re aliena, perfettamente connesso con l’idea di guerra legata all’economia. Vedrete si calmerà solo quando avrà chiuso il cerchio con Odessa chiudendo lo sbocco al mare ucraino e rendendola una nazione essenzialmente di contadini. Senza risorse naturali e senza vie commerciali e militari.

Due facce, una medaglia

Foto Kremlin Press Office

Due facce della stessa medaglia dunque Russia e Usa. E non si dice a caso, perché tutte le monete hanno due lati. Così come Giano bifronte. E tutti e due i volti girandole guardano nella stessa direzione paradossalmente. Così Usa e Russia e i blocchi contrapposti a loro legati ammantano di cultura e diritto le loro azioni. Ma in fondo sono mosse solo dal potere e dall’economia.

Il sesso, nell’antichità splendido motivo di conflitti eroici e secolari, è regredito tristemente al terzo posto. Difficilmente rivedremo, per intenderci, in epoca moderna una guerra di Troia. E tutte le Elene del caso, oggi più numerose di allora, dovranno mettersi l’anima in pace. Ed in tutto questo il passaggio più vero ed intenso Mattarella lo fa quando parla del sacrificio dei civili inermi ed ignari che sono sempre il prezzo più alto da pagare alle grandi strategie belliche.

Ed un pensiero vero profondo e sofferente non può non andare al sangue dei tanti inermi incolpevoli che ancora bagna la terra della città martire che è lo stesso sangue dei civili ignari che oggi in terra ucraina pagano l’incapacità degli uomini di imparare dai propri errori. Infatti mentre il nostro Presidente celebrava Cassino città martire le urne russe erano aperte. Lanciando verso una nuova folgorante vittoria il presidente russo Putin che, a meno di sorprese impossibili, succederà di nuovo a se stesso. Vincendo le elezioni in pieno tempo di guerra.

In attesa del voto Usa

Joe Biden

Alla faccia infatti di chi voleva indebolirlo con guerra e sanzioni ha il sostegno popolare. Non ha infatti rivali interni. I maligni sussurrano “ti credo li elimina tutti”. Il massimo di opposizione che si è visto sono coraggiose signorotte che gettano inchiostro come forma di protesta nelle urne, che in Russia sono trasparenti, per annullare i voti. Ed i nostri media che le riprendono come nuove eroine della democrazia, alla fine stasera inchiostro o no dovranno annunciare che Putin stravincerà di nuovo.

Vedremo se a novembre Biden riuscirà anche lui a bissare il successo e farsi riconfermare. O se lascerà il passo al redivivo ed agguerrito Trump. Le sorti di queste due elezioni presidenziali sono determinanti anche per il nostro di futuro ormai è chiaro a tutti.

La tappa di Ferentino

Il vescovo Ambrogio Spreafico con il Presidente Sergio Mattarella al sacrario di don Morosini

Ma non è stata solo Cassino la tappa di Mattarella. Il nostro presidente atterrato in elicottero a Cassino ha poi proseguito in macchina verso Ferentino per una cerimonia in onore di Don Morosini il sacerdote buono originario della città gigliata barbaramente fucilato dai nazisti. Lo stesso Mattarella lo aveva citato come esempio nel discorso del suo primo settennato.

Qualcuno ha storto il naso, come piccola nota di colore, nel vedere salire nella città di Cassino che è sede di una delle più grandi fabbriche della Fiat, pardòn Stellantis, in Italia il presidente su una fiammante Audi A8 di teutonica produzione. Un’altra nota di confusione nazionalista. Tra quelli che mormoravano almeno speriamo l’elicottero fosse Agusta italiano e chi invece maliziosamente dicevano ma la Fiat adesso è francese a tutti gli effetti, altro che sovranismo. Ed in effetti, pur consapevoli dell’evoluzione globale dell’economia, in molti rimpiangiamo le discese dell’avvocato Gianni Agnelli in terra ciociara con la sua splendente italianità. Ereditata da generazioni.

Che poi, pure a pensarci, anche la famiglia Agnelli non passa un buon periodo, intenta come mi faceva notare proprio stasera un mio amico, brillante avvocato, che da famiglia dai modi nobili si stanno “scannando” peggio dei contadini per l’eredità. O tempora o mores.

Segno dei tempi

Segno dei tempi. Tempi nei quali pur guidati da una splendida costituzione nello stesso momento celebriamo a Cassino la morte conseguenza di una guerra, ripudiamo nel discorso la guerra e poi ammoniamo sulla guerra in Ucraina che è, a ben vedere, figlia della stessa concezione culturale che ha creato il martirio di Cassino. “Ta de panta polemos” diceva Eraclito che non era solo il filosofo del panta rei (tutto scorre). “Al di sopra di tutto la guerra”.

Anche se la traduzione letterale non rende i molteplici significati ellenici di polemos, ma semplifichiamo. E ci fa capire che dal Cinquecento Avanti Cristo ad oggi è cambiato poco nell’indole umana. E la guerra, con  buona pace della nostra costituzione, è ancora il più importante mezzo di risoluzione delle controversie e certamente il più grande e mostruoso motore dell’economia.

E pure invertendo l’ordine dei presidenti, il prodotto non cambia.