Da Montecassino al premio Strega, con qualche scivolone di mezzo

Gli amanuensi di Montecassino ce ne fecero dono come scrigno da cui imparare e il presente dimostra che quello scrigno viene aperto poco. Come con il ministro Sangiuliano

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Non hanno cominciato gli amanuensi: ma loro hanno reso tutto possibile. Chiusi in abbazie millenarie in cima a cocuzzoli affacciati su mari di nebbia hanno trascritto tutto. E quel tutto lo hanno salvato: dalla dispersione, dalle guerre, dall’iconoclastia e dai nuovi baricentri di un mondo che cambiava. Mettere a regime di custodia il seme di quello che oggi noi siamo è stata una cosa grandiosa. La Roma imperiale, a sua volta bouquet della grande classicità greca e dello scibile orientale, era sotto scacco ormai da secoli. Era morta per infiltrazione lenta ed inesorabile di nuovi popoli e per mali interni pregressi.

Genti che avevano trovato già l’agonia di un impero incapace di amalgamare il nuovo e costretto a subirlo. Da quella crasi tra ciò che restava del latino e ciò che avanzava da nord e sud-est era nato il volgare. E con esso una nuova lingua che avrebbe prodotto nuovi libri.

Il porto sicuro del sapere: Montecassino

Foto © Tonino Bernardelli

Perché è di libri che si parla. Di quelli che grazie a posti come Montecassino sono diventati classici da studiare, modelli da rielaborare, ponti da gettare e a volte muri da erigere. Libri letti, snobbati, bruciati, messi in Indice, fatti diventare totem inutile o messi a servizio di una conoscenza interrogativa che ci ha sempre resi migliori. E che quando ci ha peggiorati conteneva già il seme delle ammende che avremmo dovuto fare.

E’ stato anche grazie ai libri che nei secoli è nato il primato di un’Italia faro di cultura e laboratorio di idee.

Un mito a volte posticcio, perché custodire ed aver dato genesi non è sempre garanzia di leadership. E perché altri popoli più indietro ai nastri di partenza di quelle caselle negative hanno fatto tesoro e sono scattati più avanti, e più forte. Con Lutero e Gutenberg cambiò tutto e il sapere attivo e praticone divenne europeo continentale. Lo hanno fatto nei sistemi scolastici, nel numero di occasioni e nella media di un rispetto che con i libri non può che essere attivo proselitismo, mai sterile ostentazione.

Il potere a braccetto coi libri: per finta

La Biblioteca dell’Istituto Nazionale di Archeologia Foto © Imagoeconomica / Alessia Mastropietro

Si legge per essere migliori e vivere di queste migliorie, non per proclamare una superiorità spocchiosa che non ci appartiene. E che a volte contrabbandiamo come dovere didattico senza avere i numeri e solo per ergerci a sapienti nocchieri di scibile. Perché poi, qualche volta, cadiamo in contraddizione e riveliamo una zona grigia che in Italia è immensa. Quella dove il potere non va più a braccetto con il sapere e si limita a conservarne la buccia per semplice finalità di orpello istituzionale.

Lo avremmo dovuto capire già da quell’inquietante “imporre”, che la faccenda era in predicato di puzza. Chiunque proclami dopo essere stato investito del massimo ruolo sul tema di essersi “imposto” la lettura di almeno un libro al giorno desta sospetti. Un po’ come chi deve settare quotidianamente sullo smartphone i passi da fare a piedi. E farlo per evitare che il colesterolo gli anneghi il sangue in arteria o auto assolversi per la dipendenza dalla carbonara. Così è una questione coatta di salute da preservare, un dovere, non un palpito sincero.

Nelle scorse ore il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha postato fiero un tweet: “Il libro di oggi Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello”. Stavolta lo ha fatto dopo un precedente imbarazzante, anche se più equivoco e meno netto di come era andato in genesi ore prima. Lo scopo era asseverare che sì, anche oggi la medicina l’abbiamo presa, medicina non amarissima, ma pur sempre additivo, non ingrediente basico ed irrinunciabile.

Sangiuliano è un libro aperto: solo aperto

Gennaro Sangiuliano

Quale precedente? Quello per cui, dopo aver presenziato in commissione al Premio Strega 2023 assegnato postumo ad Ada D’Adamo, è caduto in un tombino. E in due fiate ha ammesso di non aver letto i libri sui quali si era pronunciato come valutatore massimo. E attenzione: la pessima abitudine di non leggere ciò su cui si è chiamati a dare giudizio tra gli italiani è mezza regola. Il ministro, in quanto tale, è stato solo tizio privilegiato da un microscopio più acuto.

A dire il vero Sangiuliano ha precisato a stretto giro di posta come le cose non siano andate proprio così. Ma qui quello che interessa non è la figuraccia presunta. No, qui interessa il semplice e gigantesco “fumus” per cui il massimo rappresentante della Cultura in punto istituzionale ha con la stessa un rapporto da bugiardino. Rapporto a metà tra il sindacale e la corvée da marmittone in caserma.

“Mi spiace che le mie parole siano state travisate. Ho ovviamente letto i libri del Premio Strega ma non con la calma che avrebbero meritato, avendo come potete capire, moltissimi impegni”. Piccolo meme: quando in Italia qualcuno principia un ragionamento con “ovviamente” e dopo una figuraccia vuole dire che almeno la metà della stessa è storica ed inoppugnabile. Lo ricorderanno in molti: a maggio Sangiuliano era stato intervistato durante la presentazione di un libro.

Ed in mood sciamanico aveva detto: “Nel mio piccolo mi sono autoimposto di leggere un libro al mese. È un fatto di disciplina. Come andare a messa. Mentre, anche tra i giornali, c’è chi si ferma alla lettura dei tweet o di Instagram. Insomma, aveva cazziato giornalisti e leoni da tastiera. E a traino proclamato che leggere è un atto di disciplina, non un palpito di piacere da cui discendono strumenti. La cosa era sedimentata in calderone equivoco ed era rimasta in oblio di broda come la colatura di alici di Cetara.

Gepi Cucciari una di noi

Gepi Cucciari al Premio Strega

Poi era arrivato il tavolo con il presidente della Fondazione Bellonci, Giovanni Solimine e con esso quelle parole-trappola. “Ho sempre seguito il Premio Strega da lettore, da appassionato di libri. Quindi per me è qualcosa che ho già vissuto anche se non ho mai fatto parte della giuria. Ma da giornalista gli ho dato sempre spazio”. E ancora, solenne e greve come cerimoniale da “studiato” imponeva: “Questa cinquina mi è piaciuta”.

Poi il tonfo di fronte ad una Gepi Cucciari a metà tra l’incredulo ed il goloso. “Ho ascoltato le storie, sono storie che ti prendono, proverò a leggerli.

Ovvio che dopo un assist simile la conduttrice andasse di piattone in porta: “Ah, perché, non li ha letti?”. E il ministro: “Nel senso che andrò più nel dettaglio”. Cucciari si è tolta la maglietta dopo il goal pur sapendo di rischiare ammonizione e perfino un cartellino rosso nella nuova Rai. “Oltre la copertina, insomma”.

Renzi al vetriolo: “Ridacci la card 18 App”

Matteo Renzi (Foto © Imagoeconomica)

Ovviamente su social e media si sono scatenati a plotoni, due per tutti, Nino Cartabellotta, presidente Gimbe e Matteo Renzi. Il primo ha scritto: “Votare al Premio Strega osservando solo la copertina dei libri è come promuovere o bocciare gli studenti solo guardandoli in faccia.

E il senatore-direttore de Il Riformista? “Ho capito perché il Ministro Sangiuliano ha scelto di cancellare la 18App. Lui i libri non li legge. Li scrive, li giudica ma non li legge. Ieri al Premio Strega è accaduta questa scena. Ministro, fatti perdonare: restituisci ai diciottenni la Card per i consumi culturali. Leggere servire!”.

Sgarbi salva ma non equalizza

Pochi giorni fa il vice di Sangiuliano, il pure sindaco di Arpino Vittorio Sgarbi, ha chiamato a conclave i sindaci del Frusinate. Simone Cretaro da Veroli, città che di cultura è faro, non ci è andato al grido de “e ‘l modo ancor m’offende”. Per lui da parte di Roma l’attenzione verso la cultura ciociara è stata “evanescente ed imbarazzante”. Con il Presidente della Regione Francesco Rocca, Sgarbi ha voluto lanciare un segnale. Per mettere a sistema la cultura in una terra che ne produce ed incentiva tantissima. Ma che sta un po’ nella condizione di una terra fertile e grassa a cui arrivano pochi e vecchi trattori.

Cretaro ha mandato un segnale importante. Dicendo: qui non abbiamo bisogno che veniate da Roma a dirci ciò che dobbiamo fare ma abbiamo bisogno dei soldi che da Roma non ci mandate per fare le cose che sappiamo fare benissimo. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti di venerdì 7 luglio 2023).

Vittorio Sgarbi con il vicesindaco Massimo Sera

Sgarbi è uno che di libri ne ha letti migliaia. E che non si è fermato alle copertine o alla chiave del doppio step per bilanciare una sbrecciata da Giudecca dantesca. Eppure questo non gli è bastato per comprendere che la Ciociaria è ben oltre la copertina dalla quale lui ha dedotto che fossimo terra senza idee in tema di Cultura. Noi che con Montecassino la Cultura l’abbiamo salvata ,nel Medio Evo in cui tutto veniva cancellato.

Il problema è che noi italiani abbiamo dato ai libri il ruolo estetico di prova provata che siamo degni eredi di una Storia che ci ha già cancellati dal testamento.

E in troppi li teniamo in mostra come si farebbe con la bomboniera di una comunione pallosa. Perché a noi interessano altri ponti. E non sono quelli che grazie ai libri andrebbero gettati verso gli altri. E si vede senza citare necessariamente la mezza figuraccia di un ministro. Basta aprire i social.