Dialogo con Jago, scultore di provincia. Anzi no, del mondo

Jacopo Cardillo torna nel suo ex liceo da rockstar surrealista: «Mai così tanta libertà come all’Artistico di Frosinone». Il “Nuovo Michelangelo”? «Siamo imparagonabili, di tempi diversi». Il riscatto da Anagni.

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

Una volta chiesero a Michelangelo Buonarroti perché prediligesse la scultura tra le arti. Lui rispose che era cresciuto a Settignano, borgo fiorentino di scalpellini. E che la sua balia gli aveva dato «latte impastato con la polvere di marmo». Era già Divino per i suoi contemporanei. Anche Jago, il “Nuovo Michelangelo”, arriva dalla provincia: Anagni, Città dei Papi, in Ciociaria. Anzi no, Jacopo Cardillo è «un ragazzo del mondo». Con tanta voglia di riscatto, con l’inossidabile tigna ciociara.

Secondo lui, non si possono fare assolutamente paragoni con Michelangelo. Ma mica tanto per senso di inferiorità. «Quello che faccio non è paragonabile a quello del Maestro, perché vissuti in tempi così diversi – così Jago -. Se lo dicono o scrivono, è per far capire subito che parliamo di scultura, di uno che usa martello e scalpello, ed è molto ambizioso». Non è superbia, ma consapevolezza di sé.

Lo ha detto stamane durante il “Dialogo con Jago”, tornando nel suo ex liceo: l’Artistico di Frosinone, spostato nel mentre dal centro alla periferia. Il figlio illustre della Ciociaria, minimamente intimorito dalla scultura di opere pesanti come la Pietà e il David, è stato accolto dalla comunità scolastica dell’Istituto d’istruzione superiore “Anton Giulio Bragaglia”. Non solo: anche dalle autorità civili e culturali del capoluogo ciociaro.

La rockstar del neo Surrealismo

Jacopo Cardillo, in arte Jago

Se Michelangelo è stato il Genio ribelle del Rinascimento, Jago è una rockstar del Surrealismo contemporaneo. Entrambi provengono dalla “provincia”, da posti diversi in tempi diversi ma pur sempre dai sacrifici dei loro genitori. Jago è cresciuto con nonna e mamma di professione insegnante, e papà architetto. La scuola ce l’ha avuta così tanto dentro casa che ha finito per lasciare gli studi accademici.

«O credi in te stesso o ti adatti al sistema – ha detto agli studenti -. Ci vuole più tempo, ma io ho creato il mio contenitore di valori per evitare di perderli. La mia è un’idea di indipendenza a tutti i costi. Siamo come pietre grezze che vanno scolpite con i nostri strumenti. Se non ci scolpiamo da soli, se non capiamo quali sono gli strumenti, qualcun altro ci scolpirà».

Le condizioni economiche in famiglia, però, non erano fiorenti. «Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto inizialmente per necessità. Quando frequentavo il liceo, non navigavamo nell’oro – ha raccontato Jacopo Cardillo -. Vivevo la difficoltà costante di non avere nulla se non la mia libertà». Ha aggiunto che l’ha trovata come non mai proprio nel suo ex liceo.

«Mai tanta libertà come qui»

“Dialogo con Jago” al Liceo Artistico di Frosinone

«Un livello di libertà che nessun altro luogo mi ha dato nella vita. Ero veramente libero e avevo tutti a disposizione. Avevo soprattutto il tempo, l’asset più importante, per realizzare le mie opere. Lo devo amare e proteggere per essere impegnato al 100% per l’unica cosa che vale la pena realizzare nella mia vita». Giusto per comprendere la portata dell’impresa michelangiolesca.

Sgarbi lo volle alla “Biennale di Venezia” con il busto di Papa Benedetto XVI. Al “Figlio velato”, in tour dalla Cappella dei Bianchi di Napoli, viene voglia di tirar via il panneggio. È stato il primo artista al mondo a mandare una sua scultura nello spazio: “The First Baby”. Durante la pandemia, poi, il bambino del “Lock Down”: volato dalla napoletana Piazza del Plebiscito fino al deserto arabo di Al Haniya. La Pietà si trova a Roma, nella Basilica di Santa Maria in Montesanto, e a Napoli c’è ormai lo “Jago Museum” nella Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi.

«I miei genitori – ne ha parlato Jagohanno sempre lottato per mantenere quell’apparenza di dimensione di benessere. Sono persone spettacolari e mio padre, da ormai due anni, è diventato anche amministratore delegato della mia società. Per me, però, l’arte non è stata mai la possibilità di partecipare ai “salotti” per darsi un tono. Non avevo il tempo materiale per fare l’anticonformista, perché dovevo pensare al sostegno economico alla mia libertà».

L’importanza del “compagno di banco”

Jago, intervistato dal rappresentante d’istituto

Ma esalta l’importanza del “compagno di banco”: «È una grande opportunità per risparmiare tempo al di fuori della scuola per fare ciò che si ama. Bisogna sembrare preparati su tutto e c’è qualcuno che può farlo al posto nostro. Io probabilmente non avrei nemmeno partecipato a suo tempo a un evento del genere e avrei fatto “sega” da qualche parte. Non ero uno stinco di santo».

Fermi tutti, però: «La mia non è una “licenza di uccidere” – ha puntualizzato -. Ci sono regole del tutto personali che non funzionano per tutti. Non è un lavoro ma una missione quella dei docenti, la meno pagata al mondo. Sono missionari che vanno amati e accolti, sapendo che è difficile entrare a scuola e lasciare la propria vita a casa».

Ad accogliere Jago, in prima fila, un comitato di illustri estimatori: il sindaco Riccardo Mastrangeli, il questore Domenico Condello, il critico d’arte Alfio Borghese, i direttori Loredana Rea e Mauro Gizzi per Accademia di Belle Arti e Conservatorio Refice, l’imprenditore Tonino Boccadamo e il filosofo Biagio Cacciola. In collegamento l’onorevole Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera. E poi gli intramezzi musicali e multimediali degli studenti del Liceo Artistico.  

«Ancora lo sguardo di quel ragazzo»

Una fase dell’evento con lo scultore anagnino

Il dirigente scolastico Fabio Giona si è detto più che «lieto di accogliere quella che è la realizzazione di un disegno di vita». Si sono susseguiti tanti abbracci: simbolici e materiali. Parecchio emozionante quello tra Jago e l’ex preside Anna Maria Fanelli. «Conservi lo sguardo profondo che avevi da ragazzo – gli ha detto in lacrime -. C’è una forte corrispondenza tra il tuo cuore e quello che converge nelle tue mani. Dà speranza ai giovani di credere nei propri sogni. Dobbiamo mantenere la nostra elasticità, ma soprattutto fare largo ai nostri giovani».

Il sindaco Mastrangeli gli ha dato il benvenuto: «È un’eccellenza del nostro territorio – ha detto a nome dell’intera comunità – e ha spiccato il volo da questo liceo di Frosinone». Alfio Borghese, critico d’arte, se lo ricorda bene: «L’ho visto crescere, quando aveva ancora i capelli e scolpì un costato di marmo leggerissimo, favoloso per essere la sua prima opera. Ha cominciato con una piccola esposizione in una palazzina vicina alla sua abitazione, dove papà e mamma curavano con grande attenzione le sue opere. Essere arrivato qui è la cosa più importante, perché amare l’arte e la bellezza è qualcosa di fondamentale che può risolvere i problemi della nostra vita».

Loredana Rea è ripartita dalla “pace” tra Jago e l’Accademia di Belle Arti, abbandonata prima di concludere gli studi. «È stato accolto un anno fa come “Accademico d’onore”, sanando una specie di ruggine con l’Accademia – ha dichiarato la sua direttrice -. Era di certo già maturo per la sua strada prima di finirla. C’è stato qualcuno che non ha compreso e accompagnato la sua formazione. Essere autodidatta è per lui motivo d’orgoglio, ma per l’Accademia è stata l’occasione per riconoscere il talento e le capacità di un giovane artista».   

Anche nella scuola orafa per disabili

Jago con uno dei primi disegni fatti a scuola

Angela De Alessandris, ex Prof dello scultore anagnino, gli ha mostrato anche uno dei primi disegni fatti all’Artistico. Lui ha ironizzato, ma tornando subito serio: «Non fatemelo vedere, vorrei cancellarlo. Questo è il tratto di una persona insicura che vuole far vedere che può fare di più». Il professor Biagio Cacciola, ormai grande amico di Jago, ha ricordato quella volta in cui prese 6+ in un compito in classe.  «Mi disse che era grasso che cola. Era uno di quelli a cui si diceva “Potrebbe dare di più”. Quel di più è il pensiero laterale che sta già occupando».

Tonino Boccadamo, dal canto suo, ha annunciato che l’artista incontrerà anche gli apprendisti della “sua” scuola orafa per disabili. «Jago ci ha dato tante emozioni e ispirazioni. L’ho già invitato a venire nella nostra azienda per fare uno “speech” ai ragazzi della nostra scuola orafa per disabili. Mi ha dato subito la sua disponibilità».

«È eccezionale per la sua umiltà quanto per la sua grandezza e genialità – ha detto poi di Jago -. Lo ringrazio per tutto quello che sta facendo. Anch’io spesso, nelle mie creazioni, cerco di tirar fuori l’anima da un oggetto. Lui lo fa meravigliosamente».

«L’opera? Meglio il dietro le quinte»

L’abbraccio di Jacopo Cardillo con i suoi ex insegnanti

Il deputato Mollicone, a capo della Commissione Cultura a Montecitorio, ha evidenziato: «Siamo qui per sottolineare quanto l’arte sia un mezzo formativo che può essere da ispirazione per tutti coloro che la sceglieranno come lavoro. Il sistema educativo non può essere sostenuto solo dalle lezioni frontali, ma necessita anche di forme didattiche innovative come la polisensorialità e le esperienze dal vivo come questa».     

Quello di Jago è stato un emozionante salto nella memoria. «La scuola era ancora nella palazzina meravigliosamente abbandonata in centro, perché aveva carattere e sentimento. Frequentavo il liceo con la sofferenza di sapere cosa volevo fare. Quel che è rimasto, al di là delle lezioni, sono gli abbracci con docenti che con me dovevano essere più amici che altro. Oltre alla memoria, se uno ha fiducia in sé stesso, troverà la propria strada».

Per lui la cosa più interessante di un’opera è il “dietro le quinte”: «Cosa mangiare a pranzo, trovare un capannone dove farla e vedere quanto costa il marmo. Con la creatività si possono salire i gradini del nostro percorso, ma bisogna essere liberi di fare quello che vogliamo nella dimensione che più ci rispecchia. Quel “dietro le quinte” è fatto di tanto sacrificio e abnegazione. Non c’è un giorno nella mia vita in cui ho mollato».  

Che belva ti senti? «Aggredisco la materia»

Jacopo Cardillo, alias Jago, durante l’intervista al Liceo Artistico

Jago, a un certo punto, è stato intervistato anche dal rappresentante d’istituto Antonio Cicciarelli. Gli ha fatto un’intervista alla Fagnani. «Tu che belva ti senti?», ha chiesto al “Michelangelo ciociaro” (per restare umili). «Sicuramente una che deve aggredire la materia, perché altrimenti non si sottomette alla mia volontà. Il marmo è un materiale duro, ma ho scoperto che lo è meno di me».  

Se si aspettava tutto questo successo? «Non ci ho mai pensato in termini di quantità, come milioni di persone che sui social dedicano un pezzo del loro tempo al mio lavoro. Ma sono le persone giuste a valere come un milione. L’idea di successo è magari avere un “orticello” a casa e sentirsi indipendente nel coltivare quello che vuoi».

Poi, su richiesta, un consiglio per i “ragazzi di provincia”: «Essenzialmente siamo ragazzi del mondo. Quando inizi ad andarci, capisci che non c’è niente di provinciale in noi. Quando conobbi Maria Teresa Benedetti, grande storica dell’arte e per me un mentore per vent’anni, mi disse “Ti devi sprovincializzare” ma era chiaramente una provocazione. C’è un motivo naturale per cui sei nato qui e sei come sei, ammesso che tu dedichi tempo a te stesso per capirlo».

Jago, il riscatto di Jacopo da Anagni

Jago, dichiarato “Accademico d’onore” un anno fa

Jago ha aggiunto: «Il mio è stato un desiderio di riscatto, perché avevo un po’ quest’idea che Anagni fosse un paesino senza opportunità. Il piccolo centro, invece, ha un vantaggio incredibile. Nelle grandi città sei immediatamente un numero, come nelle università con tremila studenti in cui il rapporto con il docente è pari a zero».

«È questo il valore che ha fatto breccia di me lungo il percorso – è andato avanti -. Ad Anagni è molto più facile avere un palcoscenico a disposizione e sentirsi attore. Puoi sfruttare un presunto limite come un moltiplicatore di opportunità. In realtà, sei avvantaggiato».

Per lui è sempre stata una questione di vita: «L’arte non è stata mai la possibilità di partecipare ai “salotti” per darsi un tono. Non avevo il tempo materiale per fare l’anticonformista, perché dovevo pensare al sostegno economico alla mia libertà». L’ha avuta nel suo ex Liceo e se l’è poi presa dalla sua ex Accademia. Perché Jacopo Cardillo lo sa da sempre di essere Jago.