Il limbo delle Europee e lo sbarramento “facile” che aiuterebbe Renzi e Meloni

Il leader di Italia Viva è in lizza e Meloni ha un'occasione perfetta per "agevolare" un'opposizione "soft" ai Conservatori Ue

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Il Limbo con la maiuscola è il posto dove le anime dei pagani morti e dei bambini vegetano. Ma c’è anche un altro limbo, in minuscola. E’ il ballo originario di Trinidad croce e delizia di tutti i vacanzieri alticci del mondo. C’è una maledetta asticella e bisogna superarla abbassandosi gradualmente fronte in avanti e facendo leva solo sulle gambe. L’asticella progressivamente si abbassa e passarvi oltre senza cappottare all’indietro diventa una cosa da circensi snodati.

L’asticella è lo sbarramento da superare e chi la oltrepassa con le gambe piegate a mo’ di gibbone ha un premio. Ecco, sul caso di specie il premio è il Parlamento Europeo e l’asticella si chiama soglia di sbarramento.

Il muro prog che si è fatto “muretto”

Nessuno è alticcio ma tutti sono lucidi, lucidi per mandare quante più truppe in occasione del voto Europeo più cruciale degli ultimi decenni. Lo ripetiamo spesso ma mai abbastanza: le Europee 2024 sono roba che scotta. Perché gli equilibri che consegneranno daranno possibilità di manovra a quei governi di destra che nei Paesi membri scalpitano come non mai per dettare agende di ampio respiro.

C’è un muro socialdemocratico che si è fatto muretto ed una valanga liberal-sovranista che punta, per congrua parte, ad una fusione fredda Ppe-Ecr con cui mettere i prog all’angolo. E, venendo all’Italia, la capo-cordata di questa operazione è Giorgia Meloni. La premier ha due piani, complementari e orchestrati ad arte. Governare la scalmane dei sovranisti di Visegrad al punto da portarne quanti più possibili ad alleanza con il Partito Popolare.

Poi puntare comunque ad un Parlamento Europeo in cui ci sia un’altissima rappresentanza di centristi suoi avversari ma avversari “morbidi”. Gente sportiva cioè che le fa pelo e contropelo ma senza buttarla sull’ideologico ed avallare la lettura della destra marrana e intollerante.

Il Renzi che ci voleva: senza baionette ideologiche

Tajani, Meloni e Salvini (Foto: Livio Anticoli © Imagoeconomica)

Gente come Matteo Renzi per esempio, che ha sempre sventolato la bandiera del funzionalismo al posto di quella della preclusione ideologica nella sua battaglia di oppositore. A quel punto il gioco sarebbe fatto: con il destracentro saldamente attestato a Bruxelles e Strasburgo, con i fianchi erosi ma non troppo dai centristi e con i prog in purezza mezzi fuorigioco Meloni si consegnerebbe alla Storia.

E lo farebbe soprattutto manovrando come leader post draghiana che riscrive le regole del Patto di Stabilità e quelle sui migranti. Il che la blinderebbe per altri 5 anni a Palazzo Chigi sicuro come l’oro colato, a contare che Forza Italia di Antonio Tajani è nella broda dell’interludio post Cav e che la Lega di Matteo Salvini al Centro ed al Sud non sfonda.

La premier ha il dono di guardare lontano, ha l’età giusta e il quadro strategico mezzo apparecchiato. Ma per perfezionare questa operazione la maggioranza della maggioranza, cioè Fratelli d’Italia, ha bisogno di fare una cosa. Cioè? Abbassare la soglia per le Europee che in Italia è al 4% e portarla al 3%, e pare proprio se ne stia parlando in questi giorni. Fonti dell’Esecutivo smentiscono che ci sia un piano ma non smentiscono che ci sia un punto in agenda.

E lo fanno esattamente nei giorni in cui proprio Matteo Renzi ha annunciato che si candiderà alle Europee. E che lo farà “con il dichiarato obiettivo di togliere consensi a Forza Italia e Pd, oltre che ovviamente ad Azione di Carlo Calenda.

Da Rignano a Bruxelles, via Roma

Matteo Renzi e Carlo Calenda (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Il leader di Italia Viva potrebbe essere dunque non solo il cuscino morbido ai fianchi della destra, ma anche la “ramazza” che per Meloni farebbe il “lavoro sporco”. Cioè indebolire ancor di più i dem e consegnare gli azzurri al Partito unico conservatore che Meloni sogna. Il tutto a discapito di un “Carroccio ungherese” che resterebbe col cerino in mano di una visione retrò dell’Ue. Le fonti assicurano comunque che “non esiste una proposta della maggioranza per abbassare la soglia di sbarramento alle europee dal 4 al 3%. Ma sul tema, Fdi non ha preclusioni”.

Nel corso dell’estate tutti i cespuglietti della politica per blocchi italiana avevano fatto la fila a Palazzo Chigi per chiedere di abbassare la soglia di sbarramento. Ovvio che chi ha numeri risicati deve mettersi al sicuro, perciò ‘Noi moderati’ di Maurizio Lupi e Verdi-Sinistra non si erano fatti pregare per un intervento sulla soglia di sbarramento. Angelo Bonelli ha confermato di aver intercettato la richiesta per una questione di omogeneità.

Per lui va valutata “l’uniformità degli sbarramenti visto che alle politiche la soglia è al 3% mentre alle europee è al 4%. Se ci sarà un testo, lo valuteremo”. Tradotto: a noi sta benissimo ma devono decidere loro. E il Pd? Dalle parti del Nazareno hanno fiutato l’agguato, sono tesi come aspidi ma il responsabile Riforme della segreteria Schlein, Alessandro Alfieri, si smarca.

Bonelli e la questione di “uniformità”

Nicola Fratoianni, Eleonora Evi e Angelo Bonelli (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

“Siamo abituati a commentare le proposte di governo e maggioranza quando sono in Parlamento. Abbiamo avuto delle interlocuzioni con la maggioranza sulle riforme ma non abbiamo mai avuto segnali sul tema dello sbarramento alle europee. Sono temi delicati che richiedono un largo consenso”. Questa la lettura ufficiale, ma come accade sempre in politica ve n’è anche una ufficiosa e più ricca di pimento.

E’ quella, squadernata da Repubblica, per cui tra i dem ci siano state letture complottarde proprio nel senso di un’azione mirata di FdI per favorire l’avversario tiepido Renzi. E il sincronismo tra e due cose, la questione della soglia e l’annuncio del senatore di Rignano, sarebbe la prova provata del disegno satanico. Il Partito Democratico ha la mission più difficile, che è quella di contrastare la destra esattamente nel suo punto di massima longevità possibile, cioè in Ue.

Lo aveva detto con chiarezza anche Nicola Zingaretti intervenendo qualche giorno fa alla Festa dell’Unità di Veroli. L’ex segretario del Pd, ex presidente della Regione Lazio ed oggi deputato, aveva suonato la carica contro il definanziamento di 16 miliardi di opere sotto ombrello del Pnrr. Poi aveva smentito a domanda diretta ogni sua velleità di candidarsi alle Europee.

La smentita verolana di Zingaretti, ma è tattica

Il tutto in odor di tattica, e i segnali c’erano stati tutti. I rumors confermano come non solo l’ex Governatore voglia tornare in Ue ma intenda poi diventare il capogruppo dei Socialisti & Democratici Europei. Zingaretti a Veroli aveva detto no ma fatto capire di si, che l’Ue sta nei suoi pensieri. Ad esempio aveva citato molte (troppe per non far riflettere) il discusso generale Roberto Vannacci. Generale che secondo i rumors più recenti sarebbe in lizza per Bruxelles sotto egida della lega e nel collegio dell’Italia Centrale. Anche a considerare il clamore suscitato dal libro dell’ufficiale il numero di volte che Zingaretti lo aveva nominato era sospetto.

Ne ha parlato cioè come di un possibile avversario e non solo come un totem ideologico da deprecare. Il dato è che il Pd ha un treno da prendere e pochissimo tempo per prenderlo, con la campagna elettorale già mezza avviata. (Leggi qui: Vannacci per caso o per progetto, quando essere di destra è utile).

E i dem non possono permettersi di essere messi all’angolo da un’operazione che non solo punta alla vittoria del destracentro in purezza, ma anche a coprire i fianchi del medesimo. Il Renzi praticone e “soft” che fa sconti ideologici sarebbe il male assoluto per il Partito Democratico. Un Pd che con questa segreteria proprio sull’etica sta provando a disegnare la sua identità di forza antagonista. Va detto che Raffaella Paita ed Enrico Borghi di Iv hanno fatto gli sportivi all’americana.

La replica boy scout: si va come stiamo adesso

Stefano Bonaccini ed Elly Schlein (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

E hanno detto: “Se il retroscena di Repubblica secondo cui la maggioranza vorrebbe abbassare la soglia di sbarramento per le europee al 3% fosse confermato, Italia Viva si opporrà. Lo sbarramento deve restare al 4%. Quando un progetto è credibile, non si deve avere paura del voto dei cittadini.

Tutto bello e molto boy scout, ma il dato resta. Una sconfitta alle Europee toglierebbe la sedia da sotto le terga di Elly Schlein e consegnerebbe il Nazareno a Stefano Bonaccini, guarda caso ad un dem “renziano”.

Giorgia Meloni tutto questo lo sa benissimo e probabilmente sta brigando per apparecchiare questo esatto quadro, con un grosso centro ed un’immensa supernova conservatrice a tenerlo come ammortizzatore. Alzando l’asticella cioè e favorendo il “ballo” di chi la avverserebbe formalmente ma non la danneggerebbe sostanzialmente. E che su dieci cose in agenda politica ne ha almeno quattro su cui convergere è possibile.

E lasciando a margine del campo chi contro di lei voleva andarci in modalità ariete. Con il bicchiere in mano, con la testa che gira e la musichetta scema del limbo a contrappuntare la scena.