L’Europa da conservare: con un inedito “Euro Lollo” ma senza troppa “Vox”

Un domino tra Palazzo Chigi e il Parlamento Ue per contare di più. E per mettere a massa critica il Ppe con la destra "euroragionevole"

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Le due pinze più urgenti della tenaglia con cui Giorgia Meloni vorrebbe stringere l’Europa in una morsa di “destra di casa nostra” sono la Spagna e la Polonia. Le servono sponde e, dopo quella iberica che è andata dritta sulla prognosi della premier ed in barba al suo tifo d’ordinanza per Vox, la polacca potrebbe arrivare ad ottobre. A dire il vero più che di casa nostra sarebbe “destra di casa sua” ma il disegno appare definito. E’ roba spuria, di coincidenze in galassia geopolitica e in vulgata di media che osano e sindacati agresti. Tuttavia una cosa è certa: non è affatto roba del tutto campata in aria. Innanzitutto vanno messi in spunta i due nomi che andrebbero a forgia nel “metallo” di questa tenaglia, nomi per stringere.

Sono quelli di Arianna Meloni e Francesco Lollobrigida, rispettivamente sorella fac-totum e cognato ministro della premier in carica. Poi il contesto: è quello di un esito delle Europee 2024 che, in punto di analisi, pare possa consegnare mezza Ue ai Conservatori dell’Ecr di cui Meloni è presidente. A loro ed alla destra molossa di Visegrad, che però a Meloni sta molto meno simpatica che in passato. Questione di tinte forti che abbisognano di diventare pastello, e di massimalismi ormai inutili.

La destra che tratta: con se stessa e con il Ppe

Lo scopo è (sarebbe) altro: certo non corroborare il polo estremo, ma acquisire peso specifico sufficiente per trattare con il Ppe. Poi mettere a punto un blocco di centro-destra-centro talmente granitico da sparare via la socialdemocrazia europea a presiedere Pro Loco e bocciofile. O quanto meno a relegarla nel cantuccio di accordi trasversali. Veniamo ai “però” ed ai rumors che un po’ li vanificano. E nel farlo cominciamo da quell’immagine evocata in parte da Il Foglio: quella “dell’Euro Lollo”.

Il quadro possibile ha una cornice che passa proprio con quel che è accaduto alle elezioni spagnole. Al di là del Tirreno infatti Vox non ha sfondato affatto e lo stesso premier prog Sanchez è ancora in partita, secondo alcuni incastri di alleanza tutt’altro che impossibili. Chi dà le carte oggi è il Pp, anche se non del tutto, perché non ha una maggioranza tonda.

Cosa ha fatto capire il voto in Spagna

PEDRO SANCHEZ

Spieghiamola: nel voto di qualche domenica fa Vox ha quasi dimezzato i seggi, i popolari sono cresciuti e i socialdemocratici hanno rimontato grazie ad Andalusia e Catalogna che hanno detto no alla svolta a destra. Tradotto al di là dell’argine prog di un paese che vive l’efficienza di un premier bravo? Le maggioranze sono ancora “Ursule” e l’Europa è ancora boccone per chi partendo dal centro ingloba la destra, non il contrario. E come accade in Ue il centro è a sua volta polarizzato in due anime: una che guarda alla destra mastina per fagocitarla e portarla a “potabilità di governo” e l’altra che non disdegna una sinistra progressista ma che se può non se la mette in casa con i cespugli massimalisti. Ecco, la Meloni di oggi è quella che fa gli auguri ad Abascal ma che lo stesso lo vuole come bottino di una predazione più ampia.

La stessa carta Lollobrigida in Ue rientrerebbe in questa logica. Avrebbe detto Tonino Di Pietro: “Sì, ma che c’azzecca Lollobrigida con il Parlamento Europeo se è già ministro?”. E ministro di un dicastero chiave che mette al bando la carne coltivata e bullizza i grilli per di più? La risposta se la sarebbe fatta scappare proprio il diretto interessato, che in quanto ad ugola a briglia sciolta non è secondo a nessuno. Se la sarebbe fatta scappare con alcuni dirigenti di Coldiretti, che a loro volta l’avrebbero girata a qualche quadro intermedio il quale a sua volta l’ha soffiata alla testata.

La soffiata ai sindacalisti della Coldiretti

“Sto valutando di candidarmi alle elezioni europee: cosa ne pensate?”. Attenzione, ci sono due modi per leggere questo possibile scenario ove l’indiscrezione fosse vera e verificata: da un lato il melonismo familista che punta a calare briscole su ogni casella fino a mettere le sorti di mezzo Occidente in mano alla Garbatella. Poi quella più scomoda e che piace meno alla vulgata media mainstream che insegue la pruderie golosa ma vuota del “sono tutti uguali”.

E si tratta della lettura per cui Giorgia Meloni ha un piano, un piano ampio che poggia sul dato incontrovertibile di un governo nazionale che non cadrà. E che perciò ha in agenda una cosa sovranazionale senza troppo dover badare alle retrovie. In cinque anni conviene puntare a mettere il basto alla Storia, piuttosto che diventarne capitoletto con la foto di Marbella prima e quella del G7 dopo.

Il “melonismo” e i suoi possibili ambasciatori

Lo scopo quindi sarebbe quello di inviare in Parlamento Ue uno o più ambasciatori del melonismo post 25 settembre, cioè della Dc andreottiana grigliata a Fiamma non più troppo alta. Ma per farlo servono persone che siano non nel cerchio magico della omologazione partitica, ma in quello mistico della fiducia incondizionata. Perciò dovrebbero essere o la sorella o il cognato di colei che punta a creare la destra di governo europea e non a fomentare in Ue l’ultra destra di gastrite.

Mario Draghi

Il percorso è arduo e delicatissimo e non ammette errori, perché per fare una destra quadrata ma ragionevole devi mettere a massa anche quella che tanto ragionevole non lo è. Poi addomesticarla con la tua, di destra e infine portare tutto in dote alla crasi col Ppe. L’Europa ringrazia, Draghi ti mette sette più e son tutti (o quasi) felici del fatto che il melonismo non sia una specie di “benitismo di ritorno”.

“Sarò Franco: sarà una macedonia”

Ecco perché Spagna e Polonia sono fondamentali: perché lì ci abitano massimalisti che però con la Meloni non hanno mai disdegnato di parlare ed eventualmente smussare gli angoli. Ed ecco perché di fatto la Spagna è il laboratorio politico numero due, dopo l’Italia. Spagna dove popolari e ultradestre vanno a mix di possibile alleanza con i primi che hanno le redini e i secondi che si leccano le ferite. E il rischio? Più che un rischio è una prognosi e l’ha fatta Massimo Franco sul Corsera sull’esito Possibile del voto Ue.

“Sotto questo aspetto, la situazione continentale potrebbe somigliare sempre più a quella italiana dopo le Politiche del 25 settembre: con opposizioni divise e inconsistenti, e una maggioranza forte e in parallelo divisa da tensioni striscianti. Si va delineando una nebulosa sovranista più eterogenea di quanto faccia intendere l’aggettivo che la definisce. E percorsa da una conflittualità che va oltre la competizione elettorale esasperata dal sistema proporzionale”.

Arianna, “sorella madre” a gradimento alternato

Ma Arianna, cioè colei che potrebbe incarnare il più strambo degli slogan per le Europee 2024, vale a dire “Vota Meloni”? La sorella della premier è la Lady Oscar del tesseramento di FdI e il Foglio si è giocato la matta in cautela ma con maligna puntualità. “Voci di bouvette, che durano il tempo di un caffè o una limonata, nei giorni scorsi raccontavano di una possibile candidatura della ‘sorella madre’ a Strasburgo.

In quale quadrante? Ovvio, come “capolista nella circoscrizione Italia centrale per FdI”. La circoscrizione più vasta, quella più difficile dove però FdI punta a piazzare più di un nome e tutto “di crema”. Per il momento si parla di una suggestione figa. Lo si fa non solo perché non c’è un straccio di prova che questo possa accadere, ma anche perché ci sono prove regine del fatto che la cosa non piacerebbe a tutti, in FdI. Una “mantide due” in chiave comunque familista sarebbe gradita ai lacchè più untuosi ma sgraditissima ai quadri intermedi del partito. Arianna era a Pompei durante la discussa inaugurazione della tratta superveloce ma non troppo Roma-Napoli-Pompei, quella perculata allo stremo da un ironico Vincenzo De Luca.

Più politico che ministro: esegesi di “Lollo”

Fabio Rampelli

Il suo compagno di vita, Francesco Lollobrigida, sarebbe invece il vero jolly ecumenico in quanto a lancio. Come ministro è soldatino bigio, come comunicatore è stato più gaffeur di Filippo di Edimburgo buonanima e come globe trotter per mission di dicastero è sempre in viaggio. Di Lollobrigida si dice che alla Camera fosse più conducator di quanto non si sia poi rivelato come ministro. Insomma, è animale più politico che istituzionale e in Europa porterebbe la fiamma esattamente dove il partito, e chi il partito lo guida, volessero.

Leggenda narra che Fabio Rampelli “Lollo” se lo mise in vetrina come un ninnolo da accudire. E che “per lui affrontò fisicamente il segretario di Gianfranco Fini Checchino Proietti rimettendoci il posto di coordinatore regionale”.

Il rimpasto all’orizzonte e perché ci sarebbe

Lo scopo sarebbe quello di piazzarlo come Commissario all’Agricoltura. Il tutto in una logica di rimpasto che non lascerebbe immuni neanche le caselle ministeriali di Adolfo Urso, Gennaro Sangiuliano e Daniela Santanchè. E’ un domino complesso ma non complicato, difficile ma non impossibile, teorico ma non improbabile.

Foto: Paolo Cerroni © Imagoeconomica

Sono tutte persone che hanno collezionato giudizi non proprio solari o che sono in posizioni non proprio esemplari. Tutte persone che sarebbero più utili altrove e che in quell’altrove andrebbero a fare il mestiere scomodo di truppa da sbarco.

Un altrove dove Giorgia Meloni sta cercando di trasformare il suo eurosogno in una realtà dove la destra sia meno sfacciata e più bizantina. Per qualcuno facendola diventare maggiorenne, per altri condannandola definitivamente all’oblio. E con il voto europeo del 2024 a fare da giuria. Non per la cronaca, ma per la Storia. Perché sì, piaccia o meno Giorgia Meloni è cresciuta. E punta in alto.