La frittata politica del Pd

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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Se sia nato prima l’uovo o la gallina è un dilemma che ha poco senso. Pure in politica. Se sia stata la componente di De Angelis / Buschini a cavillare per non dare il simbolo Pd al sindaco uscente Giuseppe Golini Petrarcone oppure sia stata la componente Scalia / Pilozzi a condividere la soluzione di non darlo a nessuno dei due pretendenti, è materia che verrà chiarita dopo il ballottaggio.

Il rischio è quello di fare la frittata. La stessa che è stata fatta a Sora. Lì, cinque anni fa ci fu una divisione analoga a quella registrata oggi a Cassino: una parte del Partito si riconosceva in Roberto De Donatis ed una parte in Antonio Lombardi; pure quella volta si tentò di trovare una soluzione, venne investito il livello centrale del Pd e ci furono inutili riunioni a Roma. Risultato: un disastro allora ed un altro oggi. Perché ora a Sora i candidati del Pd si sono frammentati sotto diverse insegne civiche, la lista con il nucleo più consistente registra un 2,95%. Roba poca. Una frittata appunto.

Discutere se la colpa sia dell’area De Angelis che volle candidare Lombardi o dell’area Scalia che si riunì intorno all’altro candidato, se un ruolo determinante invece lo abbia avuto la scelta fatta oggi dal sindaco uscente Ernesto Tersigni, è materia di discussione. Ma la frittata rimane.

Così come c’è il rischio di confezionarne un’altra anche ad Alatri. Al comizio di chiusura del sindaco uscente Giuseppe Morini c’erano l’assessore Mauro Buschini ed il senatore Maria Spilabotte. Mancava il senatore Scalia: era diplomaticamente impegnato o gli è stato fatto capire che non era gradito? Un errore in entrambi i casi. Il suo referente sul territorio, cioè Fabio Di Fabio, è stato il secondo per preferenze.

L’unione fa la forza, rende il guscio più solido e rende minore il rischio di frittate politiche. E l’elettore, quello che il Centrosinistra sta progressivamente perdendo, ha nel suo Dna il dogma dell’Unità: zabaioni e frittate gli sono indigesti.