La parola data

Piccola lezione sulla parola data. Che valeva più di un atto siglato di fronte al notaio. Perché la parola era tutto: rappresentava la credibilità, la serietà, l'affidabilità. Ogni riferimento a Calenda c'è

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

La parola data, era più di un contratto davanti alla Legge: era un impegno all’umanità. Se venivi meno non eri uomo. Giovannino Guareschi racconta in un suo Don Camillo e Peppone che proprio Peppone dà la sua parola alla maestra che è in punto di morte. Lei si fa promettere di essere sepolta con “la mia bandiera“. Ricorda a Peppone di scrivere tanto perchè era intelligente ma non sapeva, era somaro.

Peppone era il capo dei comunisti nel suo paese. Ma era prima ancora alunno della maestra: uomo tra gli uomini (e forse per tutto questo comunista). Promette. Promette e piange per la scomparsa della sua maestra.

Frame da Don Camillo e Peppone

Sapeva che sarebbe stato difficile mantenere la promessa: la maestra era monarchica e la sua bandiera era quella dei Savoia. In Consiglio comunale tutti, dai clericali ai comunisti sono contrari a quel “simbolo della reazione, del passato“.

Peppone mette ai voti, ad unanimità si vota per vietare quella bandiera sulla bara della maestra. Peppone di alza e tira le fila del discorso: la democrazia ha scelto, la bandiera della reazione non può essere esposta. Si ferma, guarda tutti, ma guarda la sua coscienza: ma qui non comanda la democrazia, qui comandiamo noi comunisti e noi comunisti diciamo che ciascuno deve essere sepolto con la sua bandiera.

La scena dopo è Peppone con il fazzoletto rosso al collo che porta in spalla la bara della maestra con sopra la bandiera dei Savoia. E piange.

Quella parola che Calenda non può capire

Ecco Carlo Calenda, Matteo Renzi queste storie non le possono capire. Non hanno idea di quanto conti una bandiera. Di quanto valga la parola data, di quanto conti essere “di una parte“.

Viviamo in un mondo in cui ciò che si dice dura il tempo di dirlo e viene subito dimenticato. I sociologi lo hanno studiato e certificato: questo è il tempo in cui la memoria è più labile; conseguenza di un web che lancia la notizia al mattino e la sera è già cartastraccia senza averla mai vista la carta per essere stampata. È su questa fortuna che molti politicanti hanno edificato il loro successo: la gente, gli elettori, non ricordano la parola data dai candidati in campo del loro voto.

Peppone rispettando la bandiera della maestra aveva onorato la sua. 

C’è una poesia del più grande poeta lepino, il coresce Cesare Chiomonto che spiega il carattere della nostra gente “Issò n’era omo de lite, ma pe lo giusto se faceva accide”.

Il tempo e i tempi cambiano le parole sono al vento ma è un mondo un poco più brutto.

Per i miei butteri sapienti di tempo, che sapevano Dante a memoria, che poetavano amori cortesi con facce cotte dal sole, che conoscevano rose aulentissime, chi manca alla parola non beve nello stesso vino, non è divino.