La particella ‘sgarrupativa’ del discorso di Matteo Salvini (di A. Porcu)

La decisione del premier incaricato Giuseppe Conte di rimettere il mandato. L'intervento di Matteo Salvini dai toni forti. Se non fosse per una serie di 'se': particella sgarrupativa dei discorsi. Che pongono al centro l'intervento ineccepibile del Capo dello Stato.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Prima che le porte del Qurinale si aprissero per l’annuncio ufficiale, da Terni Matteo Salvini ha fatto capire cosa aveva dichiarato l’avvocato Giuseppe Conte durante il colloquio con il Capo dello Stato

Il discorso di Salvini è stato l’avvio della campagna elettorale. Scandito, passaggio per passaggio, dai lanci delle agenzie di stampa. “Salvini: per l’italia decidono solo gli italiani“, “Salvini: io non sono mai andato a mettere veti ai ministri della Germania“, “Salvini: se ministro sgradito ai poteri forti è quello giusto“. E ancora “Salvini, Non sapevo che l’Italia fosse un Paese a sovranità limitata, dove non si può mettere in discussione l’Europa“.

Un discorso di altissima dignità, con una schiena dritta che non si vedeva da anni in Italia.

Al quale però manca un ‘se’. Che è la particella sgarrupativa del discorso, come insegnava l’indimenticato professor Roberto Consales, insuperabile maestro di vita prima che delle materie di cui era autorevole docente.

A quel discorso manca un se. Perché tutto quello che ha detto Matteo Salvini è sacrosanto se non avessimo quasi 2500 miliardi di euro di debiti. Siamo indebitati fino al collo e non possiamo permetterci di fare gli splendidi. Quando sei pieno di debiti non comandi tu ma chi ha in mano le tue cambiali. E le nostre cambiali le hanno per un terzo gli investitori di mezzo mondo che hanno creduto nella nostra capacità di restituire il debito. I restanti due terzi sono in mano agli italiani che ci hanno investito i loro risparmi.

Puoi permetterti di parlare se stai restituendo i debiti. E non, come nel nostro caso, ne scavi altri. Oggi il debito che produciamo è superiore alla ricchezza che realizziamo (il famigerato Pil): il nostro prodotto interno lordo è 100 ed il debito che produciamo nello stesso periodo è 132.

Non è stato Matteo Salvini a scavare quei 2500 miliardi di debiti. E nemmeno a tenere il nostro debito al 132%. Non è stato Luigi Di Maio. E per dirla tutta è stato solo in parte Matteo Renzi.

A scavare quel debito che oggi ci mette nelle mani di chi ha le nostre cambiali sono stati i cittadini italiani: perché la gente mandata in pensione a 40 anni alla fine è una scelta che si paga, perché le migliaia di pensioni usate come ammortizzatore sociale al Sud d’Italia per decenni alla fine è un debito che che si paga, perché la Sanità a sbafo prima o poi si paga.

La scelta politica di Salvini e Di Maio era se rimboccarsi le maniche e pagare i debiti, invertendo la rotta: questa è la missione che qualunque governo dovrà affrontare. Come la croce che si è reso Nicola Zingaretti in Regione negli scorsi cinque anni. Se in una bozza di programma di Governo si scrive che si andrà in Banca e si chiederà di cancellare 250 miliardi di debito, il minimo che ci si può aspettare è di essere presi a pernacchie.

Ora c’é un rischio. Sergio Mattarella è finito nel mirino con l’accusa di aver voluto far fallire le trattative e di essere un servo nelle mani delle banche. Matteo Salvini è finito nel mirino con il sospetto di avere usato il nome del ministro Savona per far saltare tutto e tornare alle urne dalle quale i sondaggi dicono che uscirà vincitore e non con il misero 17% che ha avuto adesso. Per tornare a palazzo Chigi. Ma da socio di maggioranza in un Governo di centrodestra.

In tutto questo, io resto con la mia quota di 2500 miliardi di debito, il mutuo di casa mia dal mese prossimo aumenterà di 50 euro. Perché gli investitori stranieri hanno iniziato a vendere i loro titoli del debito italiano.

Perché tra le urla sui palchi e la vita reale c’è un dannato se, particella sgarrupativa del discorso.

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