La torre campanaria muta testimone di miracoli e distruzioni

Le pietre superstiti della Torre Campanaria sono mute testimoni di miracoli e distruzioni che meritavano di essere trattate come delle vere reliquie laiche. E invece hanno fatto un'altra fine

Gaetano De Angelis Curtis

Università di Cassino Laboratorio di Storia Regionale Dipartimento di Lettere e Filosofia

Macerie. Sono loro il simbolo più forte e d’impatto del passaggio della Seconda guerra mondiale sul territorio del Lazio meridionale. Macerie come quelle in cui è stata sbriciolata l’abbazia di Montecassino, completamente distrutta dal bombardamento del 15 febbraio 1944.

È sufficiente guardare una delle tantissime fotografie scattate ai resti della millenaria badia per rendersi conto della devastazione. La pazienza, la tenacia, la perseveranza dei monaci di Montecassino, dei tanti artigiani, muratori, lavoratori, professionisti: hanno fatto risorgere per la quarta volta l’abbazia di Montecassino. «Dov’era, com’era» secondo il mantra ossessivamente ripetuto dall’abate Ildefonso Rea, novello ricostruttore come Petronace, l’abate che ripopolò Montecassino dopo la distruzione per mano dei Longobardi nel 577.

Tuttavia anche la città di Cassino ha avuto per qualche tempo il suo simbolo, il suo emblema dell’immane tragedia subita. Erano i resti della Torre campanaria.

Il simbolo della torre

Una delle rare immagini a colori della Torre Campanaria

Smozzicata, danneggiata ma fiera e austera aveva resistito alle tonnellate di bombe esplose sulla città. Svettava ancora sul panorama di distruzione lasciato dal passaggio della guerra, sulla landa desolata di macerie frammiste a crateri a formare un informe acquitrinio. 

Si trattava di una struttura millenaria già risorta una volta dalla distruzione, riedificata forse in età desideriana d’inizio primo millennio. Ha vegliato sulla città per nove secoli: restaurata, consolidata, ristrutturata, sopraelevata, fino a essere dotata di nuove funzioni con l’installazione di un orologio. Svettava sulla città con i suoi trenta metri di altezza, con i suoi quattro o cinque ordini di piani, scandendo per un millennio i ritmi di vita della città con le sue cinque campane e l’orologio.

Era ubicata al centro di quello che era il cuore nevralgico della Cassino che fu. Si stagliava dirimpetto all’imponente Chiesa madre e alla splendida Chiesa di Santa Maria delle cinque torri, aveva alle spalle il Palazzo badiale, con la sua Curtis major, divenuto sede di Tribunale civile e penale e poco discosto dal polo amministrativo (Comune), da quello scolastico (Liceo-ginnasio) e da quello culturale (il Teatro Manzoni).

Distruzione e rinascita

I violenti e intensi bombardamenti della Seconda guerra mondiale determinarono il crollo di parti della Torre e la sua inclinazione. La pericolosità di quei resti portò alla decisione, come si disse ufficialmente allora, di abbattere il manufatto ritenuto pericolante.

Alla stesso tempo fu deciso di non giungere alla sua eliminazione totale, ma di smontare i blocchi e riutilizzarli per ricostruire la Torre campanaria in altro sito rimontando quelle stesse pietre. Per tale motivo prima dell’abbattimento i blocchi furono numerati pezzo per pezzo e le pietre vennero segnate con numeri di colore diverso su ognuna delle quattro facce. Nel 1965 iniziarono i lavori di eliminazione dei piani superiori. Poi mano mano vennero smontati tutti i blocchi. Quindi il 28 marzo 1967 le pietre furono tolte da Piazza Corte e depositate nello spazio restrostante il palazzo comunale in attesa della parziale riedificazione della Torre campanaria. 

Tuttavia l’interesse per quelle pietre andò scemando nel corso degli anni. Ad un certo punto divennero ingombranti in quanto l’area alle spalle del Comune doveva essere utilizzata per altri scopi. Allora le pietre furono trasferite al Campo boario: commettendo un doppio errore. Quella scelta cancellò con un colpo di spugna la storia della città, facendo perdere dei toponimi che hanno accompagnato e scandito la vita di generazioni e generazioni passate, che per secoli hanno indicato un luogo dotato di una sua particolarità e peculiarità. Nel caso del Campo boario era il luogo in cui si è svolta, nel corso di secoli, la compravendita di animali nel corso di fiere e mercati.

La torre dimenticata… e spogliata

La Torre Campanaria e piazza Umberto I prima dei bombardamenti

Anno dopo anno la quantità di blocchi della smantellata Torre campanaria era andata diminuendo a causa dei danneggiamenti ma soprattutto delle asportazioni di cui essi furono oggetto, primi fra tutti gli archi in pietra delle finestre. Finanche i numeri che contrassegnavano ogni pietra si cancellarono e divennero illeggibili. Si salvarono pochi blocchi che giacquero lì nell’area del Campo boario dimenticati da tutti, ricoperti di terra, rifiuti, erbacce.

Poi nel 2014 i lavori di sistemazione di quell’area, destinata a essere trasformata in giardino pubblico, fecero riemergere i resti della vecchia Torre campanaria. Ancora una volta erano divenuti di peso per tutti e andavano rimossi dal Campo. Per fortuna uomini provvidenziali suggerirono l’idea di spostare le pietre all’interno del parco dell’Historiale. Oggi, dunque, i pochi blocchi sopravvissuti alla guerra, al prelevamento e all’incuria si trovano addossati a una parete interna del muro di cinta dell’Historiale. Il Centro documentazione e studi cassinati-Aps ha provveduto ad apporre un cartello informativo con la storia della Torre campanaria, corredata da varie fotografie e disegni planimetrici, almeno per spiegare cosa rappresenti, per la città di Cassino, la presenza di quell’informe cumulo di pietre nere.

Tutto quello che resta

L’ingresso dell’Historiale

Oggigiorno, oltre a quei massi accatastati all’Historiale, dell’antica Torre campanaria sopravvive solo un quadrato di lastre di porfido di circa sette metri di lato, che interrompe la pavimentazione in asfalto nella piazza a ridosso del palazzo Badiale.

L’abbattimento dei resti della Torre campanaria nonché l’immobilismo successivo hanno prodotto sia la dispersione fisica del manufatto, fino alla quasi sua totale scomparsa, sia una sorta di damnatio memoriae, perché «ciò che non poté la guerra poté l’incuria».

Misera fine per quelle pietre che posseggono una loro aurea, doppia sacralità. Esse sono state il simbolo della barbarie abbattutasi sulla Città martire. Sono state l’emblema del sacrificio di una popolazione inerme. Esse sono state testimoni mute della tragedia di Cassino, così come, allo stesso tempo, erano state testimoni mute di un evento miracoloso. 

Il miracolo del campanone

Infatti nella tradizione locale è attestato il miracolo del suono del campanone della Torre campanaria avvenuto a S. Germano, come si chiamava allora Cassino, quando in città giunse Leonardo da Porto Maurizio (al secolo Paolo Girolamo Casanova, 1676-1751). Era un frate francescano, predicatore e missionario, santo, ideatore della pratica della Via Crucis. (Leggi qui: Così cambiammo i nomi ai nostri Comuni).

Fu don Francesco Varone a riferire del miracolo pubblicando la vicenda su Il Risveglio: organo politico-religioso della Giunta diocesana di Montecassino e Atina, periodico edito a Cassino.

Fra Leonardo era arrivato nella città di San Germano il 28 gennaio 1740, a notte fonda. Intendeva cominciare immediatamente a predicare ai fedeli ma ovviamente non c’era anima viva in giro. Allora il suo arrivo fu preceduto dal suono del campanone, cioè della campana più importante delle cinque che si trovavano all’interno della Torre campanaria. Molta gente si radunò nella piazza richiamata dal suono della campana, accorsa dal serrato e insolito scampanio in quell’ora di una notte d’inverno.

Grande fu lo stupore dei fedeli nel constatare che non c’era nessuno a suonare la campana mentre la fune si era misteriosamente attorcigliata allo stesso campanone. Nel frattempo giunse fra Leonardo che con un gesto della mano fermò la campana e iniziò a predicare in piena notte.

La conferma da un’altra fonte

San Leonardo da Porto Maurizio

Il racconto è riportato anche nel volume sulla Vita di San Leonardo in cui si ritrova anche il miracolo verificatosi a San Germano – Cassino, raccontato con qualche lieve differenza nello svolgimento ma sostanzialmente uguale. Vi si narra che il francescano nel corso delle sue missioni faceva suonare le campane della chiesa principale della città dove si trovava, a sera tardi o di notte, in modo da risvegliare dal sonno i peccatori. E così fece anche a S. Germano.

Infatti si riporta che fra Leonardo quando era giunto a S. Germano era stato accolto dall’abate di Montecassino il quale, avendolo visto esanime ed estenuato per il viaggio e per l’austerità della vita che conduceva, gli ordinò di fermarsi in città per due giorni. Nella sera che il francescano aveva scelto per la predicazione, bisognava chiamare a raccolta il popolo dei fedeli per ascoltare la sua parola.

Per richiamare la gente c’era, allora, un solo metodo, quello cioè di far suonare le campane della chiesa. Allora il sagrestano, come faceva ogni volta che si dovevano suonare le campane, andò a chiamare altre quattro persone per farsi aiutare giacché non riusciva a suonare da solo la campana a causa delle sue grandi dimensioni. Tuttavia quando giunse con gli aiutanti nei pressi della Torre campanaria, si accorse che la campana stava già suonando con gran veemenza da almeno mezz’ora.

Nessuno nel campanile

La corda era ritirata a un’altezza che non si riusciva più ad afferrarla ed egli, pensando che ci fosse qualcuno sulla sommità del campanile, iniziò a urlare che smettesse di suonare perché rischiava di crollare tutto. Invece la campana continuava a suonare con maggior impeto e forza.

Allora il sagrestano e gli altri suoi aiutanti, acceso un lume, salirono sul campanile e con stupore videro che non c’era nessuno, la campana suonava da sola e con non poca fatica riuscirono a fermarla. Proprio il miracolo della campana di San Germano-Cassino fu utilizzato, assieme ad altri, per la canonizzazione di fra Leonardo.

Per testimoniare appieno il miracolo il 28 maggio 1740 fu sottoscritto, di fronte a un notaio, un atto giuridico con il quale cinque persone di San Germano, il sagrestano e alcuni suoi aiutanti, testimoniarono quanto era accaduto quella sera. 

Quelle pietre, resti di un antico passato, mute testimoni di miracoli e distruzioni, meritavano di essere trattate come reliquie laiche.

(Ulteriori informazioni in Emilio Pistilli, La Torre campanaria di Cassino, Centro Documentazione e Studi Cassinati-onlus, 2a edizione riveduta e ampliata, Cassino 2012).