Lionel Messi, il giocatore che non doveva crescere alla fine del mondo

Ode a Lionel Messi, il calciatore che non doveva crescere. Che partì dalla fine del mondo per inventarne uno nuovo. Comprensibile attraverso le parole di Borges e Soriano. Poeti come lui. Loro con i versi, lui con il pallone

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

La pulce (la pulga), era destinato a non crescere. Gli mancava un ormone la somatotropina… Gli mancava l’ormone e gli mancavano i soldi per curarsi. Era nato dalla parte sbagliata del mondo, era nato “alla fine del mondo” per dirla con Papa Francesco. E come papa Francesco, nasceva da emigranti italiani venuti a cercare un loro mondo dove il mondo finiva: in Argentina.

Nulla era dalla sua, nulla. Ma… 

Sacro e profano

(Foto Micaela Ayala V. © Agencia de Noticias Andes )

Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro. (Pierpaolo Pasolini)

Strana vicinanza tra un Papa, con i suoi riti, e un calciatore con i suoi, per restare a Pasolini.

Lionel Messi con il pallone crea poesia. Aveva 4 anni, il padre lo fa giocare con quelli di sei. Mai giocato prima, gli danno la palla e la palla pareva che lui l’avesse in dotazione prima di nascere, incollata al piede. È l’idea vivente che nella vita contano tante cose, ma c’è anche il riscatto e conta il talento. 

Ha vinto la corsa partendo dal fondo, tutti erano avanti. Ha vinto la corsa con l’impossibilità di diventare grosso, perché era destinato a diventare grande. Lionel Messi, argentino, calciatore piccolo ma di tutti il più bravo: troverà cura e conforto in Spagna, ma per il mondo e per la sua Argentina.

Una Divina Commedia

Messi, contrastato dallo juventino Patrice Evra, nella finale di Champions 2014-2015 (Foto © Biser Todorov)

L’ho capito Messi per via di quei letterati sudamericano Osvaldo Soriano, Jorge Luis Borges che hanno fatto del fùtbol una Divina Commedia di due secoli.

Lo vedevo in tv, essere piccolo tra giganti croati che non spostavi neanche con la peggiore bora. Eppure lui era sempre di lato, era sempre rapido, era una pulce nella pelliccia d’erba del campo di pallone. 

Non doveva crescere, non doveva giocare, doveva stare in periferie senza profumo ma con puzze umane. Invece? Invece “La storia del calcio ricomincia ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada” scrisse Jorge Luis Borges.

Ma ogni tanto quel bambino pare sceso qui dall’Olimpo per dire che la vita è straordinaria, che si può battere ogni avversità per quel miracolo che chiamiamo talento.

In un calcio di giganti, è bello poter raccontare di una pulce insignificante che è uno dei più grandi calciatori di ogni tempo.

Perché come scrisse Osvaldo SorianoCi sono tre generi di  calciatori. Quelli che vedono gli spazi liberi, gli stessi spazi che qualunque fesso può vedere dalla tribuna e li vedi e sei contento e ti senti soddisfatto quando la palla cade dove deve cadere. Poi ci sono quelli che all’improvviso ti fanno vedere uno spazio libero, uno spazio che tu stesso e forse gli altri avrebbero potuto vedere se avessero osservato attentamente. Quelli ti prendono di sorpresa. E poi ci sono quelli che creano un nuovo spazio dove non avrebbe dovuto esserci nessuno spazio. Questi sono i profeti. I poeti del gioco

Lionel Messi è uno scrittore, come Soriano, Borges, Pasolini ma con il pallone.