Lo show di Matteo: il premier che imita Crozza

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Matteo Renzi arriva a Frosinone pochi minuti dopo le 16.30. Senza giacca, in maniche di camicia, cravatta amaranto. Sale sul palco del Fornaci e chiede scusa per il ritardo.

C’è il pienone delle grandi occasioni. Gente in piedi, tanti che restano fuori. Si ritrovano in compagnia di quelli che protestano. Ma nulla a che vedere con le immagini di Firenze. C’è il presidio dei lavoratori di Vertenza Frusinate e quello del gruppo Iacobucci. Molto più distanti ci sono quelli di Casapound con bandiere e fumogeni. Ma Renzi non potrebbe vederli nemmeno se accendessero fuochi d’artificio: la sicurezza li confina dopo la curva, fuori dalla vista del Fornaci.

Dentro invece va in scena un’ora di spettacolo. Non è un comizio. Battute che fulminano, frasi ad effetto, risposte ai Paesi dell’Est ed all’antipatico Junker. Tutto a braccio. Come nei migliori show. Tanto che qualcuno nel pubblico domanda “Ma è lui o è Crozza?

Renzi inizia dagli Stati Uniti. Racconta di come abbiano cambiato tutto nell’arco di una sola generazione. «Cinquant’anni fa i neri non potevano votare né sedersi negli autobus. E pochi giorni fa – dice il premier – ero a Washington a stringere la mano al primo presidente di colore. In una generazione si può cambiare. Tutto. Bisogna volerlo».

Cita Mosul. L’Europa che «deve riappropriarsi dei suoi valori. Non dei muri che vengono alzati dai paesi dell’Est dopo abbiamo salvato i loro destini».

Attacca Junker, il presidente della Commissione Europea che non vuole sentirne di concedere flessibilità ai conti italiani. Dal palco del Formaci di Frosinone Renzi risponde: «Non siamo il salvadanaio d’Europa. Piaccia o non piaccia ai funzionari di Bruxelles, noi i soldi della edilizia scolastica e quelli per la ricostruzione dei paesi terremotati, li mettiamo fuori dal patto di stabilità».

Tocca le corde della sensibilità per parlare di migranti. Non usa l’immagine logora dei poveracci che fuggono dalla fame e dalla guerra. Renzi reinventa la comunicazione. E usa il barcone di migranti ripescato nelle settimane scorse. «E’ costato soldi soldi riprenderlo. Mi hanno detto ‘Matteo ma che senso ha?’. Gli ho risposto che mio padre mi ha insegnato che i morti si seppelliscono. Sempre. E noi quel barcone lo abbiamo pescato e lo metteremo davanti al nuovo palazzo delle istituzioni di Bruxelles costato 3 miliardi di euro, come monumento alle cose che non sono state fatte».

Il pubblico di Frosinone non ascolta in silenzio. Ogni tanto si alza un grido dalla sala. Sembra quasi che ci siano i figuranti pagati per lanciare il gancio al mattatore sul palcoscenico. Renzi non si lascia distrarre. Anzi. Raccoglie al volo ogni suggerimento e risponde con una battuta a bruciapelo. Ma sono tanti a gridare. E ad un certo punto dice: «Buoni… mi piace così con le domande dal pubblico. Magari poi facciamo con la telefonate da casa». C’è chi gli urla Rottamali. Chi dice «Basta con i grillini». Chi dice «Via i portaborse». Lui liquida tutti con una battuta. Alla fine dice: «Vi vedo caldi qui a Frosinone, quando uscite: antidoping per tutti».

Quando qualcuno gli urla di mandare a casa D’Alema, Renzi risponde «Caro amico, noi condividiamo la stessa passione. Ma noi non cacciamo nessuno, il nostro obiettivo non è andare contro qualcuno, ma fare una battaglia nell’interesse dei nostri figli. Una parte dei dirigenti del passato ha pensato più alle sue poltrone che non al bene e al futuro dei nostri figli e nipoti».

Il referendum è uno spartiacque è lo strumento. Allontana così lo spettro che possa essere un voto su di lui. «E anche se lo fosse, non è che domani vado via io e in tre mesi ci sono gli altri che fanno le riforme. Quelli che oggi dicono no, se li mettiamo in una stanza… sono buoni solo a dire no. Non troveranno mai un accordo su niente. Dicono no perche loro non ci sono riusciti e vogliono che nessuno riesca dove loro hanno fallito». Non perde tempo in spiegazioni giuridiche e cavilli. Difende la sua riforma all’atto pratico: «Non si cambiano i poteri del Presidente del Consiglio. Chi teme che ci sia un aumento dei poteri ha sbagliato tutto». Punta il dito contro l’istabilità di governo: «Abbiamo avuto 63 governi diversi. E’ per questo che all’estero non siamo credibili: ogni volta si presenta un ministro diverso .

Arriva il momento della stoccata al Movimento Cinque Stelle. «A noi ci ha rovinato Aldo Biscardi. L’altro giorno abbiamo visto un importante sindaco di un’importante città dire che l’eccesso di frigoriferi era strano. Le hanno chiesto: ”E’ un complotto?” Ed ha risposto: ”E’ strano”. Dopo di che qualcuno le ha ricordato che si erano dimenticati di fare l’affido del servizio. Non è un complotto. E’ cattiva amministrazione» dice Renzi.

Via così. Un’ora di spettacolo vola. Come nei migliori show. Mai uno sbadiglio, mai un calo di attenzione.  Nessuno si accorge che di territorio ha detto nulla: non una parola sull’area di crisi complessa. Non un concetto sulla crisi industriale o sull’accordo di programma ed i soldi che non arrivano. Ora è il momento del referendum. Da lì cambieranno molte cose. Sia che vinca il Si e sia che vinca il No.

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