Poco fratelli e molto coltelli, riecco il solito Pd

Sale la tensione in vista del Congresso Pd di Anagni. Sordo per l'unità, Manunza per la rottura drastica con il passato. Inconciliabili. E le accuse di queste ore minano anche il dialogo dopo il Congresso

Paolo Carnevale

La stampa serve chi è governato, non chi governa

Quei bei congressi del Pci – Pds – Ds di una volta. Nei quali, prima del responso delle urne, i toni erano parecchio accesi, spesso anche oltre il limite. Ma in cui, un minuto dopo il responso, si accettava il voto dei delegati; i due (o più) contendenti si stringevano la mano, fino a qualche tempo fa il candidato sconfitto diventava capo della Segreteria Politica del vincitore. E in ogni caso, si riprendeva a lavorare per il bene del Partito: nel nome dell’unità. Magari poi ripartivano anche i tranelli e gli agguati; ma questa è un’altra storia.

Ecco; ad Anagni, in vista del congresso del Pd previsto sabato mattina, sembra che un esito del genere sia, al momento, molto poco probabile.

Congresso ad alta tensione

I due caandidati alla Segreteria

La tensione infatti è tale che chiunque sabato pomeriggio, presumibilmente poco dopo le 15, avrà avuto il mandato a gestire il Partito Democratico in qualità di Segretario avrà il suo bel da fare. Prima di tutto per cercare di arrivare, se non al vecchio centralismo democratico, almeno ad un decente grado di collaborazione tra le parti.

Che tra Francesco Sordo ed Angela  Manunzia non corresse (politicamente) buon sangue si era in effetti già intuito. In un contesto nel quale il primo si era proposto come l’uomo della possibile unità nel solco della tradizione e la seconda come simbolo della rottura drastica col passato, era difficile che si discutesse con toni da sala da tè. (Leggi qui: Piacere, aspirante Segretario: ecco dove vi voglio portare).

Toni che però in questo caso sono stati abbondantemente superati. A farlo è stato il professor Mauro Meazza. Che, dopo alterne vicende come candidato politico, si è reinventato (legittimamente) intellettuale d’area del Partito Democratico anagnino. Più esattamente, di quella parte che fa riferimento ad Angela Manunza. Mettendo al servizio della candidata tutta la sua indubbia capacità retorica.

Alzare i toni

Evidentemente il messaggio che è passato è che, in vista delle elezioni di sabato, bisogna alzare i toni. A partire da una radicale critica nei confronti della classe dirigente precedente. Il Congresso di sabato è infatti “nato sotto gli auspici peggiori. Senza neppure un briciolo di discussione, di confronto, di riflessione”, visto che “alcuni personaggi importanti del Partito, peraltro dimissionari, hanno iniziato a far girare il nome di un candidato alla Segreteria”. Ovviamente, il riferimento è al professor Francesco Sordo.

Candidatura che “non è stata semplicemente proposta. Bensì imposta. Attraverso telefonate ed incontri col favore delle tenebre”. Peraltro, Sordo ha anche il demerito di essere rimasto “molto, molto vicino ai fuoriusciti che sono andati ad intrupparsi in liste contrapposte a quella del Partito Democratico”. Senza contare che “attualmente, è consigliere comunale in un altro paese qui vicino”. E che era stato Segretario del Pd “Esattamente quando, con un colpo di mano, il sindaco in carica (del Pd) fu fatto cadere dal governo della città con la complicità dello stesso partito democratico”. Il tutto, ovviamente, “in nome della famigerata unità del Partito”.

Mentre la Manunza “ha avuto un coraggio da leonessa”; ha “accettato la candidatura proposta da chi, all’interno del Partito Democratico, pensa ancora che la democrazia (interna) sia un valore fondante”. Di qui la domanda fatta a chi sostiene Sordo in nome dell’unità del Pd anagnino: “cosa intendete per ‘unità’ del Partito? Che tutti quanti dobbiamo sottostare a decisioni prese chissà dove, chissà da chi, chissà per quali intendimenti? Che dobbiamo dire, tutti quanti, semplicemente di ‘si’? Che misteriosi accordi di potere debbono avere la precedenza rispetto ad una comunità alla quale bisogna restituire un futuro?”.

Io posso fare danni

Angela Manunza

La vittoria (eventuale) di Sordo è vista come il trionfo del “lato oscuro della forza”. Contro cui battersi in nome “della democrazia”, “del confronto”, della volontà di essere “sempre e comunque, alternativa alle devastanti destre che hanno occupato il futuro di questo Paese”.

Sordo ha preferito non replicare. Ma che i toni siano accesi lo dimostra anche un altro esponente del gruppo che fa riferimento alla Manunza: “mi hanno escluso direttivo, mi hanno detto che non vado bene. Credono di farmi un dispetto, ma non sanno che da fuori posso fare ancora più danni. Se non vado bene, allora che mi ridiano anche i soldi delle tessere che da anni verso al Pd di Frosinone. Partito che, per inciso è in crollo verticale da tempo ormai. Qualcuno dovrà chiedersi perché, prima o poi”. Il che autorizza a sospettare che facesse le tessere solo per contare, come per comprarsi un po’ di considerazione e non perché dei cittadini gliele sottoscrivessero, convinti del suo pensieri

Ora, premesso che il dibattito è sempre legittimo anche quando è durissimo come questo, la domanda, in attesa dello showdown di sabato mattina, è una sola; come faranno, chiunque vinca, due posizioni così distanti a lavorare assieme per cercare quella rinascita del Partito Democratico che (almeno a parole) tutti vogliono?