“Pronto Elon? Ok, vi menate da noi”: Sangiuliano come Mickey di Rocky

Il ministro della Cultura diventa sponsor della disfida tra i due miliardari che per darsele in Italia ci farebbero beneficienza. O elemosina

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Le botte da orbi, nell’Urbe e tra due “meregani” che ci usano come ring e cassa di risonanza. La storia ci sta tutta, anche perché se certe cose non le scrivi in zona Ferragosto poi finisce che le metti quando in ballo c’è il Pnrr e i lettori ti menano. Già, perché il tema è menarsi, affrontarsi a calci e pugni sia pur codificati dalle regole delle arti marziali. E sotto regola in falsetto di una specie di codice cavalleresco alla Ritorno dello Jedi.

E no, loro non sono Matteo Renzi e Carlo Calenda che si sono dati appuntamento dal kebabbaro di Villa Gordiani: i due avrebbero voluto tanto ma hanno trovato occupato. La tenzone è (o sarà) tra Elon Musk e Mark Zuckerberg. I due capoccia dei due più grandi social del pianeta si detestano da tempo. Roba da maschi Alpha che giocano a misurarselo col righello delle loro creature miliardarie.

Roba da ricchi che cercano il palcoscenico giusto

Il Colosseo di Roma (Foto © Diliff)

Roba da ricchi insomma, e quando di mezzo ci sono due ricchi “meregani” che vogliono mettere in piedi il teatrino delle loro ricche zuffe si va a parare nel posto dove le zuffe divennero canone. E’ sempre stato così: non potendo andare più indietro di Cochise i ricconi a stelle e strisce, quando gli parte l’embolo gladiatorio, puntano tutto sulla patria dei gladiatori: Roma.

O meglio, l’Italia, che dai tempi dei gladiatori ha molto perfezionato l’arte di trasformare in bluff quello che una volta sul suo suolo si faceva in maniera maledettamente seria e vocata. Insomma, Musk e Zuckerberg hanno deciso di sfidarsi a colpi di mano di taglio e vogliono farlo in Italia. A dire il vero e per diretto interessamento di Musk, fresco di rebranding di Twitter da uccellino a “X”, si era pensato a Roma.

Cioè al Colosseo, cioè ad un posto dove se le davano davvero. E dove a darsele non erano schiavizzatori con maquillage di libertà, ma schiavi che della libertà avevano il sogno, posto che menassero più forte degli altri. E come accade in tutte le faccende in cui nasce un ring e nella sua attesa si pasce la mitica del Mezzogiorno di fuoco il povero spettatore la butta in due cose. O in mistica western o con Rocky Balboa a farti da riferimento, stella incerottata che grida “Adrianaaaah!!!”.

Gennaro twitta, poi parla anche di soldi

Gennaro Sangiuliano

Di Rocky tutti poi ricordano Mickey, l’allenatore-amico-mentore-vecchietto-burbero-cuore d’oro che poi alla fine muore. Ma che stirando le avite calzette sforna tante di quelle perle di saggezza che alla fine anche un ceppo di leccio come Rocky capisce e ci mette benzina per il ring della vita. Una cosa molto acconcia alla “togli la cera, metti la cera” che oggi vede nei panni di Mickey, il “Mickey di Elon”, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.

Che ha postato su Twitter una cosa a metà tra adesione entusiastica e “boni co’ Roma ché già ho impicci col Circo Massimo dove ad ogni concerto salta un muretto tardo imperiale”. E il ministro-sparring ha scritto: “Lunga e amichevole conversazione con Elon Musk su un grande evento di evocazione storica. Non si terrà a Roma. Ci sarà una ingente donazione a due importanti ospedali pediatrici italiani”. La donazione, che sa un po’ di obolo per noleggio set, sarà “per il potenziamento delle strutture e la ricerca scientifica per combattere malattie“.

Il sunto è: diamo spazio a due sciroccati e prendiamoci un po’ dei loro danè per diventare teatrino di una bega scema tra scemi. Perché poi i due non abbiano deciso di spazzolarsi le schiene in mezzo a roba loro resta un mistero: la Death Valley in California andava benissimo e neanche è troppo lontana da Cupertino. Cioè dove la forza primigenia di ciò che rende Elon e Mark padroni ebbe origine.

Calenda accusa: “Sei un ministro-valletto”

Carlo Calenda l’ha inquadrata un po’ diversamente, in pratica secondo l’ottica del “ministro-valletto” che fomenta pagliacciate per una mancia. E twittando: “Gentile Ministro, i monumenti italiani rappresentano la nostra storia e la nostra identità. Usarli per assecondare le bizzarrie di due miliardari che vogliono darsele in mondovisione (fatto di per sé già ridicolo ed egomaniacale) è indecoroso e irrispettoso del nostro retaggio”.

Poi l’affondo due: “Né può in alcun modo cambiare questa valutazione la promessa di una donazione. Anzi. Daremo l’idea di un paese pronto a svendere la propria dignità per quella che per questi signori è una mancia”. Tutto mentre “abbiamo una spesa pubblica di 870 miliardi che non riuscite a indirizzare verso la cultura, l’istruzione e la sanità. Vi riempie spesso la bocca con la parola identità e tradizione. Ma l’identità nasce dalla conoscenza e dal rispetto per la propria cultura”.

Dopo la spallata benaltrista Calenda, che è “romano de Roma”, chiosa e fa più male di un retiario addestrato a Capua da Macrone. “Abbiamo dati disastrosi per ciò che concerne la frequentazione e la conoscenza del nostro patrimonio culturale e archeologico da parte dei cittadini italiani. Dopo tanto cianciare di Croce e Prezzolini (può immaginare cosa Le avrebbero detto dopo una simile proposta) non si è ancora visto uno straccio di politica culturale. L’invito è agro: “Faccia il suo lavoro, che non è quello di valletto di Elon Musk”.

Vespa tra realismo e lealismo: “Perché no?”

Bruno Vespa (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Bruno Vespa, dal canto suo, sta dove esattamente è stato sempre: tra realismo e lealismo spinto. Per lui non vi è niente di male, anche a considerare che arrivano soldi e che ci sono precedenti che tutta questa cagnara non l’hanno innescata.

“Non capisco. Si concede il Circo Massimo a cantanti che guadagnano tanti soldi davanti a un pubblico che mette in pericolo un monumento e si arriccia il naso se Elon Musk e Mark Zuckeberg si affrontano in un pur discutibile incontro finanziando dovuto ospedali pediatrici”. Piccolo meme: dopo le polemiche innescate dal concerto di Travis Scott con annesso danneggiamento l’assessore capitolino Alessandro Onorato aveva difeso la decisione di concedere il Circo Massimo per i concertoni.

E a difenderlo ci si è messo anche Vasco Rossi con post eloquente. Post che sembra una strofa delle sue canzoni quando in band aveva Solieri: “Sempre la stessa storia”. Su tutto e al di là delle ovvie letture, partigianerie ed opinioni su una questione che ha il sapore della fuffa riempitrice di colonne resta solo un quesito. Quesito serio.

Nardella propone Firenze e una disfida nerd

Il sindaco di Firenze Dario Nardella (Foto: Leonardo Puccini / Imagoeconomica)

Dario Nardella si gioca la carta-punto di Firenze e del ring intellettuale invece degli scapaccioni “uatà”. E dice dalle pagine di Repubblica: “Propongo al ministro Sangiuliano di portare la sfida a Firenze, ma rilancio. L’idea di far scontrare due figure straordinarie come Musk e Zuckerberg facendo riferimento ai gladiatori rischia di dare una rappresentazione pittoresca della storia italiana e soprattutto dell’antica Roma.

Cioè una mezza cafonata. Perciò Nardella precisa: “Ma non una cosa pacchiana vestiti da gladiatori, non uno scontro fisico. Un’idea completamente diversa, che richiami la sfida del 1504 tra Leonardo da Vinci e Michelangelo. I due dovrebbero “scontrarsi” sul ruolo dell’Intelligenza Artificiale. Cioè su quella cosa che pare finora non li abbia aiutati ad uscire dalla mistica delle violenza, pur codificata.

Rocky Balboa

Ma lui, Mickey-Sangiuliano, ha inquadrato benebene la faccenda facendone ascissa ed ordinata anche con certi suoi recenti pregressi?

Cioè, il ministro che posta un libro al giorno ma che pare ne legga mezzo a semestre e che pare aver “avallato” la candidatura come ring alternativo di una città che ebbe grossi guai con un vulcano, lo ha letto “Gli ultimi giorni di Pompei”? E lo ha capito che stavolta il vulcano sta sotto la sua sedia?