Quei doni dei quali spesso non sappiamo il significato

Sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio: non sono quello che spesso crediamo. Ma c'è un significato molto più profondo. E comprenderlo può esserci molto utile.

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20,22)

La sapienza, l’intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio: sono questi i doni dello Spirito Santo, secondo il catechismo della Chiesa Cattolica. Se ci fate caso, sono tutte abilità umane, che consentono alle persone di raggiungere i livelli più alti e consapevoli dell’esistenza, per un  governo responsabile della propria vita. Sono doni che potrebbero generare per noi e per gli altri una vita felice, dignitosa, soprattutto rispettosa di tutti. 

Quali sono i doni

Provate a pensare al primo dei doni: la sapienza.  Non è l’istruzione, non è il conoscere tutto lo scibile umano: quella è l’erudizione. E’ invece  la capacità di comprendere in che maniera utilizzare quello che sappiamo, lo scibile umano, per vivere quanto più degnamente possibile. Anche l‘intelletto non è la semplice intelligenza, che è propria di tutti gli esseri viventi in misura più o meno grande.  L’uomo non si distingue dagli altri animali per l’intelligenza ma proprio per l’intelletto, la possibilità di andare oltre l’apparenza delle cose, di capire che cosa c’è dentro le esperienze che facciamo ogni giorno.  E’ la radice latina della parola che ci dà il significato. Intelligere vuol dire riuscire a leggere dentro  le cose che ci capitano.

Il consiglio è una delle più belle qualità degli esseri umani,  a volte usata anche a sproposito, ma fonte di conforto per tutti coloro che si trovano in difficoltà e che hanno bisogno di chiarirsi le idee, su quello che è necessario fare della propria vita, nei momenti in cui si richiedono le scelte più impegnative.  Pensate alla fortezza, alla capacità di non spaventarsi, di non cedere alla paura o, meglio, di riuscire a resistere alla paura, grazie alla propria forza. Che non è una forza violenta, ma è una forza umile, una forza che non cede alla prevaricazione, ma che tiene sempre conto delle conseguenze che le proprie azioni possono avere. 

I Cristiani Martiri

Il vescovo Ambrogio Spreafico con il Presidente Sergio Mattarella al sacrario di don Morosini

Proprio in questi giorni, sono state celebrate, nelle chiese cattoliche, le giornate in ricordo dei Cristiani Martiri negli ultimi decenni.  Sono emerse figure straordinarie:  da mons. Oscar Romero, apostolo  e difensore dei poveri dell’America centrale, fino ad arrivare a Don Giuseppe Morosini, medaglia d’oro al valor militare durante la resistenza. 

Roberto Rossellini  ne tracciò un ritratto straordinario nel film Roma città aperta:  nel momento in cui vede una delle persone, che lui aveva tentato di nascondere dalla repressione nazista, morire sotto le torture in via Tasso, il Don Pietro del film dice che in quel momento, proprio nel momento della morte la verità aveva vinto sulla violenza degli oppressori

Tante altre vicende testimoniano la forza umile dei Cristiani: don Peppe Diana, ucciso dalla camorra del suo paese, Casal di Principe, mentre si accingeva a celebrare messa, don Giuseppe Puglisi, assassinato a Palermo di fronte all’oratorio,  Don Cesare Boschin, ucciso a Latina, dopo aver denunciato i problemi della discarica di Borgo Montello, per non parlare dei preti uccisi dalla violenza politica, don Minzoni, trucidato dai fascisti nella sua Argenta, o gli altri uccisi dai partigiani dopo la caduta del regime.

Proprio il dono dello Spirito Santo, quel soffio divino che ci cambia, che ci libera dalle nostre piccolezze,  ha permesso a queste persone di poter testimoniare la loro fede cristiana nel servizio agli altri, fino all’estremo sacrificio. 

Il soffio divino

Foto © Skitterphoto

E ancora la scienza che vuol dire la consapevolezza di quanto sia importante studiare, capire che dobbiamo non farci ingannare da chi vuol confonderci,  farci capire una cosa per un’altra. È l’invocazione dell’ultimo versetto dell’Inno Te Deum: non confundar in aeternum, non sarò confuso nel momento della vera vita.  E  poi gli ultimi due doni: la pietà e il timore di Dio.  Nell’italiano contemporaneo queste due espressioni non rendono bene In latino  la pietas è la capacità di andare oltre la dimensione umana della solidarietà, di soccorrere anche gli sconosciuti, i nemici financo.  E, infine, il timore di Dio che non è, come si comprenderebbe dall’italiano contemporaneo, la paura di Dio, ma è la percezione che io non sia il centro dell’esistenza,  ma che ci sia un riferimento più alto a cui io debbo guardare per non rischiare di tornare ad essere quella polvere di cui sono stato impastato.

Questo punto più alto non è lontano da me: è in quella che chiamiamo la coscienza.  E’ nella coscienza che il timor di Dio si esercita; è lì che, nel momento in cui dobbiamo far qualcosa, emerge quella legge che ci dice: fa il bene evita il male.

Come tanti don Rodrigo

Spesso però non ascoltiamo la nostra coscienza illuminata dal soffio dello Spirito. Anzi, la percepiamo come un limite imposto alla nostra libertà o meglio a quella che crediamo la nostra libertà: ricordate il colloquio tra Don Rodrigo e padre Cristoforo ne I Promessi Sposi? Il frate cerca di risvegliare la coscienza del violento signorotto, capace di sconvolgere la vita delle persone per una scommessa, un capriccio. Ma Rodrigo lo ricaccia indietro preferendo il male al bene…

Accade molto spesso. Per questo proprio Gesù ci ha insegnato a pregare: liberaci dal male, liberaci dal nostro egoismo, dal nostro delirio di onnipotenza, dalle nostre piccolezze. Libera nos a malo.

(Foto di copertina © DepositPhotos.com)