Quel discorso che tutti dimenticano (di D. Facci)

Via ai trenta giorni che ci separano dal rinnovo della Regione Lazio. Ma c'è un tema che nessun candidato toccherà. E che nessun programma prevede di trattare. Il ruolo di Roma. Che alle province del Lazio lascia solo le briciole.

Dario Facci

Direttore Responsabile La Provincia Quotidiano

Sono ufficiali da oggi le candidature per il Consiglio Regionale del Lazio. Diciamocela tutta, a noi cittadini di questo lembo di terra interessa molto più chi ci andrà a rappresentare nella Roma regionale di quanti lo faranno in quella nazionale. Non per sminuire il ruolo dei parlamentari ma per amor di saccoccia e per interesse casalingo. E’ nelle mani della Regione l’immediato nostro futuro, le questioni d’asfalto e di cemento, le faccende di sanità, di lavoro, di cultura, una visione di sviluppo.

 

Ora, è tanto dibattuto da risultare consunto il discorso sulla “specialità” del Lazio ben più delle regioni a statuto speciale. La nostra regione contiene la Capitale, che è pure la città con l’estensione territoriale più grande d’Europa e una delle più grandi del mondo. Basti pensare che la Città Eterna è grande quanto Berlino, Parigi, Stoccolma e Bruxelles messe insieme. La somma dei chilometri quadrati di queste quattro capitali è 1348, la sola Roma ne vale 1290.

 

Significa che il nostro capoluogo di Regione è grande quanto Milano, Bologna, Catania, Palermo, Napoli, Torino, Bari e Genova messe insieme. La somma dei territori di questi otto capoluoghi è 1236 chilometri quadrati, meno dell’estensione di Roma.

 

Ecco, questa lisa realtà è completamente assente dai discorsi e dai programmi di quanti, sinora, abbiamo ascoltato. Eppure è il vulnus, è l’argomento principale che a noi abitanti delle province deve interessare.

 

Il parlamento del Lazio è eletto per oltre l’ottanta per cento a Roma, la rappresentanza provinciale, qualunque essa sia, è una nullità e, inoltre, è una nullità divisa perché ognuno cerca di racimolare le briciole per il proprio cantone di terra.

 

Non basta, i territori provinciali, proprio per la miseria delle risorse restanti, sono in continua lotta tra loro spesso vanificando l’una l’iniziativa dell’altra (la storia dell’aeroporto a servizio di Roma di qualche anno fa è un caso di scuola).

 

Abbiamo avuto in passato esempi fantastici, come quello dei distretti sanitari, per fortuna ora superati dall’attuale governo, che per evitare di decentrare servizi all’altezza della situazione destinavano a Roma i poveri abitanti delle province. Una roba da campionato del mondo della spazzatura sotto il tappeto. Purtroppo, in seguito, abbiamo sentito cose come: il Dea di secondo livello va a chi se lo merita. Cioè una boutade infarcita di parametri economici e medici che condannano alcune province a non avere a disposizione le cure che invece altre (più meritevoli) possono avere.

 

Invece Roma, giustamente ha i Policlinici, gli istituti di ricerca e tutto quel che una capitale deve avere ma in buona parte spese nostre anziché di tutta Italia. Aberrante.

 

Ecco, gli abitanti delle province in questa campagna elettorale devono concentrarsi su coloro che hanno nel loro programma il superamento di una situazione da decenni insostenibile, oltre alle giuste considerazioni sulla competenza e serietà di chi dovrà andarci a rappresentare.

 

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