Il tonfo di Renzi a Frosinone: il 31,9% al Si è pure troppo

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

E’ stato un No chiaro. Senza dubbi e senza appelli. La provincia di Frosinone ha respinto la proposta di riforma della Costituzione sostenuta da Matteo Renzi.

I numeri dicono che in Ciociaria i No sono stati il 68,1% ed i Si il 31,9%. E che a votare sono andati in molti, così tanti che ad un referendum in provincia di Frosinone non si vedevano dalla notte della Repubblica .

Perché la Ciociaria ha detto No?

La storia che la riforma non sia stata compresa fino in fondo non sta in piedi. Matteo Renzi è il migliore conferenziere che si ricordi in Italia a memoria d’uomo. La mancanza di chiarezza è un alibi. E’ il caso di ammettere che invece la riforma è stata compresa benissimo. E scientemente è stato votato No per staccare la spina ad un Governo che in provincia di Frosinone ha troppo da farsi perdonare.

Il primo No di Frosinone si chiama Acea. I cittadini hanno ben chiaro che tra i provvedimenti varati da Matteo Renzi c’è la norma in cui si prevede per Acea la possibilità di diventare monopolista dell’acqua in tutto il centro Italia. E che è stato un suo ministro, Pier Carlo Padoan, a scrivere un decreto ad hoc per la provincia di Frosinone, grazie al quale le bollette non pagate ad Acea Ato5 possono andare direttamente ad Equitalia. L’esperienza con il gestore idrico è stata simile a quella di Maria Schneider nella celebre scena del burro in Ultimo Tango a Parigi con Marlon Brando. Voler estendere il metodo a tutto il centro Italia mentre Frosinone sta facendo di tutto per liberarsi del contratto con la multiutility romana, non ha creato molte simpatie in zona.

Il secondo No di Frosinone si chiama Accordo di Programma e Area di Crisi Complessa. Le carte le abbiamo portate al ministero prima di tutti gli altri in Italia. Stavano in ordine. Ci toccavano un po’ di soldini per rilanciare l’occupazione. Qui non si sono visti né soldi né posti di lavoro. Al punto che il successivo provvedimento dell’Area di Crisi è suonato come una presa in giro.

Il terzo No di Frosinone si chiama Riforma delle Province. Voluta in modo pragmatico dal ministro Delrio, la riforma è stata un disastro imbarazzante. Roba che solo i piani quinquennali di Breznev in Urss producevano una confusione simile.
Un esempio su tutti: una fabbrica per stare aperta deve avere il certificato Aia; in base alla riforma Delrio la competenza è stata spostata da Frosinone a Roma. Gli impiegati sono stati trasferiti dalla Provincia (nella parte alta di Frosinone) all’ufficio della Regione (nella parte bassa della stessa città) dove non sanno cosa fare. Roma ha rimandato le pratiche a Frosinone perché non ha personale per esaminarle. Gli impiegati per esaminarle in Provincia non ci sono più. Le fabbriche rischiano la chiusura. Le multinazionali sono sotto processo insieme all’allora presidente Patrizi. All’estero ci prendono per scemi.

A questo si aggiunga il vero problema di fondo, valido per tutto il Paese. Gli italiani non volevano una riforma della Costituzione, volevano una riforma del Paese. Reclamano efficienza. Ospedali nei quali curarsi. Treni per andare a Roma nei quali viaggiare in modo diverso dalle bestie. Strade per andare da Frosinone a Latina. Nulla si è visto di tutto questo. E nel frattempo i migliori figli di questa terra continuano a scappare all’estero dove si fanno una posizione che in Italia potrebbero solo sognare dopo essersi scolati una cassetta di Romanico di Coletti Conti. Nelle campagne di Cassino si spara per tenere lontani i ladri. Nel municipio di Roccasecca gli immigrati protestano perché pretendono il medico e l’assegno. E intanto il sindaco Sacco ed il suo collega di Cassino D’Alessandro, per eseguire uno sgombero non trovano chi gli faccia luce.

In una terra ridotta così, la riforma del Cnel, del bicameralismo perfetto, il taglio dei parlamentari, è puzzata di ennesima fregatura con la quale conservare il potere. Quel 68,1% significa “Abbiamo già dato abbastanza”. E quel 31,9% di Si è pure troppo.

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