Rivogliamo il Pci di Gramsci e Berlinguer: questo Pd non è degno di rappresentarli

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Sono ripartiti lì da dove era iniziata la fine. Hanno voluto portare una bandiera rossa con il simbolo del Partito Comunista Italiano dove nel 1989 c’era la sezione della Bolognina: lì Achille Occhetto diede il via al processo di disintegrazione del più grande Partito di ispirazione marxista e socialista presente in quel momento in Europa. «Ma non siamo dei nostalgici, siamo dei realisti che guardano il mondo con gli occhi disillusi di chi ha dovuto assistere ai disastri compiuti da questo Partito Democratico indegno delle sue origini». Oreste Della Posta è stato membro di quel Pci, non condivise la svolta della Bolognina e preferì partecipare alla costruzione di Rifondazione Comunista. Altro fallimento. «Il marxismo non deve essere un pretesto per dire no a tutto: fu per questo motivo che con una serie di Compagni rifiutammo le posizioni oltranziste di Fausto Bertinotti e decidemmo di creare il Partito dei Comunisti Italiani». Comunismo si ma di lotta e di governo, sotto la guida del professor Oliviero Diliberto, primo ministro della Giustizia comunista dopo Palmiro Togliatti.

Ora si riappropriano del Pci. Insieme ad altri 570 delegati arrivati a Bologna da tutta l’Italia, Della Posta ed un nucleo di delegati in rappresentanza della provincia di Frosinone ha partecipato all’assemblea costituente per la ricostruzione del Partito Comunista Italiano.

«Lo facciamo perché il Partito Democratico ha fallito e soprattutto perchè non ha nulla di sinistra» sottolinea Della Posta.

Perché ha fallito, quali sono le ragioni politiche del fallimento?
Il Pd era un Partito destinato al fallimento. Non si può tenere insieme un Partito senza che ci siano un’ideologia, un sentimento, una passione, a fare da colla. La politica è passione e senza passione non è politica ma sono solo comitati d’affari».

Il Pd di oggi è un comitato d’affari?
In molti lo hanno scambiato per tale.

In cosa ha sbagliato il Pd?
Ha sbagliato a nascere. Nel senso che è sbagliato il modo ed il principio sulla base del quale Ds e Margherita si sono fusi. Non fu un parto spontaneo, fu un partito nato da una sconfitta elettorale. E fu un parto podalico, come quei bambini che per un destino della natura nascono mettendo fuori prima i piedini e poi la testa: il Pd è un partito messo su dal governo che guidava il Paese in quel perido storico per avere una massa critica con la quale sperava di vincere le elezioni e invece vinse Berlusconi per lo 0,07%. E non poteva essere altrimenti: perché – rubo una battuta all’ex ministro Fabio Mussi – sono i Partiti a fare i Governi ma nel caso del Pd fu il Governo a fare il Partito.

Dite di non essere nostalgici: però in alcuni punti siete rimasti agli Anni 70, è vero che chiedete l’uscita dal Patto Atlantico?
Per una politica di Pace il primo atto da fare è uscire dalla NATO: è il braccio armato al quale affidare tante guerre inutili: la Libia vi sembra che sia stato un buon affare per l’Italia? Ci hanno portato l’estremismo islamico nel cortile. Ricordatevi che Tunisi sta più a nord di Lampedusa. Controllate la cartina geografica.

Su altri punti, ormai da decenni la Storia e l’Economia vi hanno bocciato eppure li mettete nel vostro programma
Proprio perché vogliamo costruire una società diversa. E’ per questo che chiediamo di mettere fine a questa che non è l’Europa dei popoli ma è l’Europa delle banche e dei gruppi finanziari. Occorre uscire da questa Europa, occorre che ci sia immediatamente un reddito di cittadinanza in quanto la povertà sta diventando un elemento diffusissimo nella nostra società;. I Comunisti sono per una sanità pubblica abolendo tutti i tickets, per una scuola pubblica eliminando i contributi alla scuola privata, per l’acqua pubblica, per l’abolizione della legge Fornero, in sostanza più Stato e meno Mercato.

Il sistema che dice lei però ha prodotto disastri e burocrazia dei quali ci stiamo ancora disincrostando.
E’ stato un errore degli uomini, non del sistema: spesso il Comunismo si dimostra a misura d’uomo ma è l’uomo a non rivelarsi all’altezza del Comunismo

A Bologna l’assemblea ha eletto segretario nazionale Mauro Alboresi. Il tesoriere nazionale è il fiuggino Ugo Moro. Nel Comitato Centrale sono stati inseriti Gino Rossi simbolo di tante lotte per i lavoratori Vdc e Maurizio Federico già assessore regionale all’Agricoltura e già segretario di Rifondazione, Giuseppe Palombo già responsabile dello Spi Cgil ed Antonietta Vasetti.

Ugo Moro non ha dubbi: «Con il Pci si torna alla politica pura, di Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer. Il percorso della ricostruzione del Pci è giunto al primo momento di sintesi, frutto della confluenza dei compagni e delle compagne non più iscritti a formazioni organizzate, con molti usciti da Rifondazione Comunista e con tutti gli iscritti del Partito Comunista d’Italia».

Il mondo è cambiato, oggi c’è ancora bisogno di un Partito Comunista?
Cosa è successo in questi anni – risponde Moro – dal 1991 ad oggi? Sono vertiginosamente aumentate le disuguaglianze: mentre non hanno smesso di crescere i grandi patrimoni, sono stati abbattuti diritti essenziali (il 10% degli italiani ha rinunciato a curarsi) e sono peggiorate le condizioni di vita e di lavoro della maggior parte del popolo. La grande maggioranza dei nostri giovani è precipitata nella precarietà e non è più in grado di pianificare un’esistenza appena dignitosa. E all’orizzonte si profilano nuove oligarchie nazionali e sovranazionali.