Scalia aggredito «perché ora la gente ce l’ha con il Pd. Ed ha ragione»

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

[dfads params=’groups=105&limit=1&orderby=random&return_javascript=1′]

 

L’aggressione è avvenuta sul Corso della Repubblica, all’altezza di un bar: insulti e l’invito ad andare via da Cassino. Il senatore Francesco Scalia era in compagnia del presidente della provincia Antonio Pompeo e stavano raggiungendo la loro macchina.

«Li capisco. Comprendo la loro delusione e la loro rabbia. In quel momento ci vedevano come i rappresentanti ufficiali del Partito Democratico, quel Partito che spaccandosi ha consegnato la città al centrodestra che tanto faticosamente era stato mandato a casa cinque anni fa. Chi ci ha insultato pesantemente non pensava che nel Pd provinciale siamo minoranza e che siamo stati schierati fin dal primo momento su Petrarcone, che ci siamo impegnati riuscendo a fare venire in città Luca Lotti, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il numero 2 di Renzi nel Governo».

Cosa vi hanno detto, senatore? «Di tutto. C’era tanta rabbia nei confronti del Pd. E ci può stare. Ma non si deve dimenticare che noi siamo quelli che hanno sostenuto Petrarcone già all’epoca del congresso di Cassino, schierandoci contro molti di quelli che oggi stanno con Petrarcone ma all’epoca gli stavano contro».

La causa della sconfitta è il Pd? «Il Pd ha le sue gravissime responsabilità: prima su tutte, quella di essersi spaccato. Ma per quello che ci riguarda abbiamo fatto tutto il possibile per evitare che questa spaccatura avvenisse. Abbiamo fatto tutto quello che lo Statuto ci consentiva: abbiamo ottenuto dalla Direzione Provinciale che fosse l’Assemblea degli iscritti di Cassino a decidere chi dovesse ricevere il simbolo tra Petrarcone e Mosillo. Lo abbiamo chiesto perché sapevamo che oltre il 70% dell’assemblea sta con noi. Una minoranza non può che chiedere l’applicazione dello Stato».

In diretta tv su Teleuniverso Nazzareno Pilozzi ha detto a Mario Abbruzzese “Invece di gioire vai a ringraziare quella parte di Pd che con il suo comportamento vi ha consentito di vincere le elezioni”. «I fatti dicono che le cose sono andate così».

Il presidente del Partito Domenico Alfieri chiede l’azzeramento della segreteria provinciale e l’avvio di una riflessione profonda. Sostiene che il Partito non esista più in provincia di Frosinone. «Condivido la posizione di Alfieri, credo che il Pd debba fare una grossa riflessione al suo interno. L’unico candidato del Pd che ha vinto in questa tornata è stato Giuseppe Morini ed ha vinto perché è stato sostenuto da tutti. Così come Petrarcone avrebbe vinto al primo turno se fossimo stati tutti uniti».

A Sora fa rabbia vedere un uomo del centrosinistra diventare sindaco con il sostegno dei Partiti di Centrodestra, mentre il Pd appoggiava un sindaco uscente eletto la volta scorsa da Forza Italia e Nuovo Centrodestra? «Roberto De Donatis era il candidato mio cinque anni fa, il rappresentante della mia parte del Partito, per lui mi sono battuto in tutte le sedi, pure di fronte a Vannino Chiti, per impedire all’epoca l’ennesimo errore del Pd provinciale. Invece 5 anni fa è stata avvallata la candidatura proposta da due minoranze interne della sezione. Da allora Roberto De Donatis ha assunto una posizione di rifuto del Pd ed è un peccato perchè viene dalla storia socialista di Spinelli»

Qualcuno deve fare autocritica? «Tutti dobbiamo fare autocritica. Su Cassino c’è stato un errore gravissimo nell’avere spaccato il Pd. Ma l’errore non è solo provinciale: pure l’assemblea di Cassino aveva la possibilità di ribaltare la situazione e votare per l’assegnazione del simbolo a Peppino Petrarcone. Ma non è andata a votare».