Testa, cuore e gambe: il tridente per la salvezza

Il pareggio con il Torino muove una bella classifica e non era affatto scontato: Di Francesco ha saputo controbattere con l'organizzazione di gioco il maggiore tasso tecnico dei granata e le assenze pesantissime

Giovanni Lanzi

Se lo chiamano 'Il Maestro' non è un caso

Un punto d’oro che muove la classifica. Ma attenzione: non deve trarre in inganno questa considerazione sul pareggio ottenuto domenica dal Frosinone con il Torino. Il punto è d’oro solo perché negli ultimi 15’ la squadra di Juric ha avuto la possibilità di (non) sfruttare un innegabile vantaggio: poter mantenere intatta la struttura fisica in campo (dentro Zima e Djidji nella difesa passata a 4, Lazaro sulla catena di sinistra, Seck e Karamoh dalla cintola in su).

Mentre dall’altra parte la lista di assenze – Harroui, Mazzitelli e Marchizza su tutti – hanno costretto Di Francesco – che riproponeva Gelli dal 1’ dopo 2 apparizioni di 1 ora totale e 8 partite di assenza – a serrare le fila con un esordiente – l’ottimo Lulic – con un giocatore al rientro dopo 2 settimane di assenza – l’altrettanto ottimo Lirola – con un brevilineo tutto offensivo – Caso – e con un attaccante che predilige la profondità più le manovra come Cheddira, rinunciando ad un cambio.

Il terzino Oyono

Sulla sponda granata della Mole Antonelliana si grida allo scandalo arbitrale perché Oyono non avrebbe dovuto proseguire la partita dal minuto 10 e 48”? Probabilmente non si considera che Oyono era stato ammonito 1’ e 30” prima per una scivolata sul terreno bagnato dalla pioggia che aveva battuto il terreno del ‘Benito Stirpe’ fino a due ore prima del calcio d’inizio. La spiegazione intelligente che con poche righe ristabilisce alcune verità taciute ci ha pensato una sorta di ‘sancta-santorum’ del fischietto come l’ex arbitro internazionale Paolo Casarin.

Lo ha fatto in una intervista sulla Rosa quando dice: “… ma attenzione: se un giocatore arriva ai 100 orari o ai 15 è diverso e lì deve restare sempre la valutazione di chi è in campo. Sennò diventa il video ad imperare”. Il punto di caduta è che il pareggio per il Frosinone è d’oro, considerati due aspetti tangibili e non episodici: il valore del Torino e l’emergenza nella rotta di avvicinamento alla gara.

L’allievo corregge il ‘maestro’ 

Eusebio Di Francesco (Foto: Federico Proietti © Ansa)

Polemiche a parte, si può dire senza incorrere nella ‘scomunica’ che il Frosinone stia giocando il miglior calcio della serie A dopo quello dell’Inter (un emisfero a parte) e del Bologna (la svolta verso l’alto è arrivata con Sartori e Thiago Motta dopo anni di semianonimato). Forse il Lecce si avvicina ma quello visto all’Olimpico contro la Roma per 90’ senza recupero ed anche quello del secondo tempo con la Lazio ma anche quello che ha pareggiato a Verona e rimontato il Milan dallo 0-2.

Cosa conta nel calcio di mister Eusebio? Prima di tutto ognuno sa dove stare in campo e cosa fare. E’ una Zemanlandia con doverosi distinguo perché l’allievo del boemo ha dato quadratura alla fase difensiva senza snaturarsi nel gioco offensivo. Poi in tutto quello che si fa ci si può riuscire bene o meno bene, il calcio non è una scienza esatta. Il Frosinone in queste 15 giornate non ha mai subìto il gap tecnico con molte delle avversarie. Vuol dire quindi che Di Francesco conosce le chiavi per aprire la porta dell’organizzazione di gioco. Che somma, alle le cose dette in precedenza, la corsa e alla duttilità dei giocatori.

Massimo Neri

Bravo DiFra, bravo il suo staff. A cominciare da un totem come il preparatore Massimo Neri, che non è solo l’uomo di muscoli ma anche un attento conoscitore della psiche dei calciatori. Nel calcio moderno, dove una squadra come il Frosinone arriverà a giocare una quarantina di partite ufficiali in 10 mesi (per fare un esempio, dopo la trasferta di sabato prossimo a Lecce c’è la Coppa Italia a Napoli per gli ottavi di finale, quindi Juventus in casa e la Lazio fuori prima della fine dell’anno), riveste un ruolo particolare l’aspetto mentale, l’accumulo di fatiche sotto l’aspetto delle energie psichiche. Che risulteranno decisive per mettere in moto testa e cuore quando il campionato entrerà nel quadrante delle ultime 10 giornate. Un vero tridente per la salvezza.

A proposito del numero 10 che non c’entra con il giallazzurro Caso: sono i punti che avrebbero reso ancora più bella la classifica del Frosinone ma sono anche i punti, per un’affatto strana coincidenza, mancano alla classifica della Lazio. Che ne ha persi 3 a Lecce, 3 in casa con il Genoa, 3 a Salerno e 1 a Verona. Tutte squadre che viaggiano al di sotto dei giallazzurri. Dettagli curiosi tra gli intrecci di campionato.

Un altro ribaltone del Cagliari

Claudio Ranieri

La 15.a giornata – che si è conclusa ieri sera con l’ennesimo ribaltone del Cagliari (2-1 ai danni del Sassuolo nei panni del Babbo Natale per eccellenza, il solito Tressoldi in prima fila per l’espulsione) e con il pareggio (1-1) tra Empoli e Lecce (con il portiere dei toscani Berisha che spiana la strada al provvisorio vantaggio di salentini) – aveva visto la Juve battere nell’anticipo di venerdi un Napoli alla terza sconfitta di fila dell’èra-Mazzarri.

Gli azzurri hanno imboccato una strada nuova a livello di impianto di gioco ma i difetti, soprattutto quelli difensivi, sono rimasti gli stessi da agosto: palla lunga a spiovere al limite dell’area piccola laddove un portiere dovrebbe farla da padrone, Gatti (secondo gol decisivo in 2 gare) si sfila alle spalle di Rrahmani che guarda la traiettoria e non l’avversario e per l’ex del Frosinone è quasi un gioco da ragazzi far prevalere la fisicità tra Di Lorenzo che nel frattempo ave stretto (male) e il centrale azzurro che sta facendo rimpiangere e non poco Kim. Basta un gol alla Vecchia Signora Omicidi sommato alla grandezza del portiere Szczesny che sullo 0-0 ipnotizza tutti quelli che gli si parano davanti.

Atalanta ed Inter avanti a suon di gol

L’attaccante Jovic del Milan (Foto: Matteo Bazzi © Ansa)

Al festival del sabato della serie A si iscrivono di diritto l’Atalanta e l’Inter. La squadra di Gasperini (23) batte 3-2 un Milan (26) doppiamente fragile, nel fisico (per la caterva di infortunati) e nella testa (per i gol incassati dopo averla ripresa due volte). A decidere è quel vecchio istrione di Muriel con un gioco di prestigio. Si dice che per Pioli saranno decisive Champions e derby con il Monza in casa. Nel frattempo Ibrahimovic è rientrato a Milanello con “un ruolo attivo nel futuro del Club” come ha spiegato il manager di Re Bird, Jerry Cardinale. Per Pioli uno stimolo, un appoggio sicuro al momento opportuno o un’ombra? Ai posteri, anzi a breve l’ardua sentenza.

Tornando alle squadre iscritte di diritto alla festa del sabato, c’è l’Inter (38) che con il 4-0 rifilato all’Udinese (12) torna in vetta alla classifica. Dimostrazione di forza bruta dei neroazzurri, nel mondo di Simone Inzaghi funziona tutto a meraviglia. Da dimenticare il sabato della Lazio (21), anzi della solita Lazio formato esterno. Giocherella, giochicchia, gioca a va in vantaggio con un’azione da manuale e poi sbaglia, torna a giochicchiare e a giocherellare fino a farsi riprendere da un Verona (11) che ha avuto il merito di crederci. Papera di Provedel che alterna miracoli ed errori. Sarri se la prende con l’arbitro che non lascia gli scaligeri in 10 sullo 0-1 ma l’impronta dei biancazzurri è sbiadita. La difesa senza Patric dopo 3 vittorie di fila ed altrettanti clean sheet cede di nuovo.

Thiago Motta vede l’eurozona, show di Mou

Zirkzee, stella del Bologna (Foto: Serena Campanini © Ansa)

Sogna l’Europa il Bologna (25) a pari punti con la Roma quarta in classifica. La squadra di Thiago Motta va sul 2-0 in mezz’ora in casa della Salernitana (8). Sfiora gol a ripetizione, poi deve subire la rete del redivivo Simy, attaccante messo ai margini da Paulo Sousa e rispolverato da Pippo Inzaghi. Ma nel finale i rossoblu devono solo controllare le sfuriate dei granata che vengono contestati dai tifosi.

Aggancia la Lazio a quota 21 il Monza grazie ad una rete di Dani Mota Carvalho. Batte così un Genoa (15) scarsamente incisivo nonostante i recuperi dei big in attacco.

Gran finale con i fuochi d’artificio tra Roma e Fiorentina (24). Segna subito Lukaku che chiude l’asse con Dybala al 5’. La Sud fa dichiarazione d’amore a Mou che fa il gesto di stare calmi. Ma il 2-0 non arriva mentre arrivano i guai per lo SpecialOne: si fa male Dybala, si fa cacciare Zalewski, pareggiano i viola. Non basta. Si fa espellere anche Lukaku e l’Olimpico diventa una bolgia in campo e fuori e il tecnico portoghese dà spettacolo. Ci sarebbe anche un mani di Mancini in area ma anche le parate decisive di Rui Patricio. Mentre Mourinho – ultima invenzione – fa circolare un pizzino dalle parti del suo portiere con le indicazioni per reggere all’assalto senza bussola della squadra di Italiano. Che fa 60% di possesso e appena 1 gol.

José Mourinho (Foto: Aleksandr Osipov / Flickr)

Personaggio a parte, che i tifosi della Roma porterebbero sulla biga in giro per la città h24, ennesima sfida di campionato ad alta tensione tutto incluso (allenatori e panchine al completo) e il calcio italiano non ci guadagna certamente nell’immagine. Se la Premier incassa 4 miliardi e 200 milioni per 3 anni e la serie A in Italia si ferma a poco meno di 900 milioni a stagione per 5 anni, basta porsi la domanda. Perché la risposta arriva immediata sul tappeto rosso.