Top e Flop, i protagonisti di martedì 27 febbraio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 27 febbraio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 27 febbraio 2024.

TOP

ALESSANDRA TODDE

Giuseppe Conte, Alessandra Todde e Elly Schlein (Foto: Fabio Murri © Ansa)

Ci sarà tempo per fare valutazioni più approfondite, conti incrociati pignoli sui voti disgiunti e su quelli personali e di partito. Perfino su quelle che il suo staff ha definito “lungaggini strategiche” nell’aggiornamento dei dati elettorali. Per adesso il dato al netto di riconteggi invocati specie da FdI è che Alessandra Todde è la Presidente(ssa) della Regione Sardegna, la prima del M5s. E che ha vinto sul suo principale avversario, Paolo Truzzu. Di pochissimo.

Lo ha fatto dopo un estenuante election day durato fino a dopo mezzanotte nel quale la previsione “statutaria” di fine scrutinio delle 19.00 è stata quasi subito sovvertita e spostata in avanti di oltre cinque ore. I due si sono tallonati e superati di poco per l’intera giornata.

E c’è un altro dato, forse ancor più certo della vittoria di Todde: il laboratorio isolano pare aver funzionato e il risultato ha attraversato il Tirreno come un’onda. L’onda lunga di un “Melonicidio” che un po’ avevamo presagito anche noi.

Un’onda che ha addirittura messo Elly Schelin e Giuseppe Conte su uno stesso aereo per raggiungere la Sardegna e proclamare che “è cambiato il vento”. Al di là di strategie e risultato risicato è più che evidente che, dove viene applicato con rigore, il “campo largo” che a suo tempo rese governabile il Lazio di Nicola Zingaretti è ancora una realtà fattuale. Zingaretti che stamane ha twittato: “Ennesima conferma: uniti si può vincere, divisi si perde sicuro”.

E forse proprio la vittoria della Todde ne certifica lo status di “massimo rammarico”. Rammarico per tutte le volte che Pd e M5s non lo hanno cercato, perseguito, tampinato e messo a sistema con maggior pervicacia.

Narrazione politica sovvertita
Alessandra Todde (Foto: Paolo Cerroni / Imagoeconomica)

La già vice ministra pentastellata è riuscita a sovvertire, anche se di un pelo e non con la maggioranza dei voti di coalizione una narrazione politica apparentemente ferrea. Quella per la quale l’onda lunga del melonismo e del sovranismo spanciato su ogni suolo di confronto politico fossero la sola chiave di lettura possibile. Magari ancora per qualche mese e con numeri indefettibilmente maggioritari. Ed invece la vittoria della Todde ha certificato alcune cose nettissime.

Che l’erosione di consenso (non la rimonta, non ancora) nei confronti del destra-centro di governo è già in atto. Che Giorgia Meloni ha pagato il suo primo, grosso pegno ad un cesarismo di ritorno che sulla Sardegna l’ha penalizzata. E che molto probabilmente c’è stato uno sdoppiamento sul fronte dell’elettorato leghista, con Christian Solinas che rappresenterà per sempre l’ombra lunga di un sospetto mai assumibile a prova regina.

Tuttavia sintomatico di un processo politico. E bastevole a suggellare una frattura che già c’era ma che fino a ieri era sistema concettuale. Oggi la Sardegna si è svegliata con una nuova guida prog in pectore, e l’Italia con la certezza che il governo ha perso un grosso grumo di mastice.

E con le Europee alle porte la vittoria della Todde è ancor più forte. Lo è in quanto sconfitta sul filo di lana per chi la Todde la dava seconda. E che non deve riscrivere nulla della sua storia, se non la parte in cui la fallacità arriva a ricordargli che le tigne non figliano mai robe sane. Memento questo valido anche ed ancor più a sinistra.

Su campo largo.

CRISTIANO PAPETTI

Cristiano Papetti

Il suo è un Top meritato anche se in odor di “bizantinismo kamikaze”, a metà tra funzionalismo indiretto e purezza. Allo stato dell’arte ed a meno di smentite in corso d’opera stiamo parlando di un vero “braveheart”. Cioè di una persona che non ha paura di andare in deroga da verso comune di strategia e numeri in sommatoria. Cristiano Papetti è dato come il concorrente d’urna di Veroli che, senza avere alle spalle un massimo sistema, ha scelto la via sdrucciola dell’identitarismo ma senza Partito. (Leggi qui: Veroli, c’è aria di Primarie per fine marzo).

Due cose due sul civismo. E’ cosa buona, ottima anzi, perché tiene i piedi bene a terra e “laicamente” sulle realtà nel nome delle quali va in epifania. E’ anche cosa a volte supponente, perché l’80% delle liste civiche è sempre a traino di un personaggio o di una parte politica che ha solo bisogno di truppe cammellate ausiliarie.

Di quelle e di allargare il range di pesca elettorale, che però fa curriculum molto spesso su un Partito-area cardine. Oppure spaccare il range altrui senza dare troppo nell’occhio. Ecco, Cristiano Papetti pare non aver voluto sentire ragioni. Lui è e resta uomo di Fratelli d’Italia ma vuole vuole correre senza impronte digitali. Anche a costo di fare la preda golosa nel calderone di due corazzate civiche che a Veroli sembrano aver benevolmente monopolizzato l’intero arco di consenso potenziale.

“Solo” contro tutti, la linea di Ruspandini
Massimo Ruspandini

E c’è un upgrade che cuce una medaglia in più sul petto di Papetti, non riconoscerlo sarebbe ipocrita. Pare proprio che lui questa vis competitiva sciolta se la sia fatta rimanere alla base dello stomaco anche malgrado il parere non proprio favorevole di Massimo Ruspandini. Cioè del presidente provinciale di Fdi e dell’artefice (o dell’estimatore) del “campo largo” a Cassino. Campo largo che pare sia in atto anche a Veroli e con lo zampino presunto di Mario Abbruzzese e Pasquale Ciacciarelli.

Cioè dove il candidato anti-Enzo Salera sarà un civico come Arturo Buongiovanni jr e non un meloniano duro e puro. Andare contro l’ovvietà di una massa critica utile a correre e contro i “desiderata” di un referente di rango altissimo non è da tutti.

Papetti, che il 25 febbraio ha tenuto conclave in un locale ernico con i suoi, ci crede. Ma soprattutto crede che lui abbia il dovere morale di far sentire il suo peso sulle sorti della città anche senza egide. “Sono certo che la coerenza sarà la giusta via maestra!”. E comunque vada lui una mezza vittoria se l’è già appuntata in petto, anche se medaglia molto greve di peso.

Mi lancio comunque.

DOMENICO CONDELLO

Genesio Rocca e Domenico Condello

Quando tutto è tranquillo. È quello il momento in cui alzare le difese, temere l’agguato, diffidare dalla calma apparente nella quale si è immersi. A spiegarlo, qualche tempo fa fu l’allora prefetto Ignazio Portelli. Che spiegò il concetto di permeabilità del tessuto industriale ciociaro.

Significa che il sistema produttivo del territorio è sano. E proprio per questo diventa preda ancora più gradita per chi predica il malaffare. Proponendo di entrare in società o di partecipare ad operazioni all’apparenza ottime ma che si rivelano poi una palude micidiale. È per questo che chiese di alzare una rete di protezione intorno al sistema industriale sano della provincia di Frosinone, avvicinando il più possibile le Forze dell’Ordine alle forze produttive.

Un concetto che il questore di Frosinone Domenico Condello aveva già nelle sue corde. Infatti, nelle ore scorse ha visitato i capannoni dello stabilimento Gemar di Casalvieri, nell’ambito del tour che da alcune settimane lo sta portando ad incontrare le principali industrie del territorio, alle quali ricordare la presenza della Polizia di Stato a tutela del sistema produttivo nella provincia di Frosinone.

Gemar è uno dei principali player mondiali nella produzione di palloncini in lattice e nel settore ‘balloon e party’ con 6 milioni di pezzi prodotti ogni giorno dai suoi oltre 150 dipendenti. Al questore, l’amministratore Genesio Rocca ha illustrato le iniziative a tutela dell’ambiente attuate dal suo gruppo: il reporting di sostenibilità certificato secondo le linee guida GRI dal 2018, l’iniziativa di sostenibilità aziendale in linea con il Global Compact delle Nazioni Unite, di cui condivide i principi in materia di lotta alla corruzione e sostegno per gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile. 

Il questore Domenico Condello ha ricordato il ruolo della polizia di Stato nella tutela della sicurezza “Dobbiamo garantire la serenità al mondo produttivo e tutelarlo da ogni eventuale tentativo di minare la sua serenità”.

Voi lavorate, noi vigiliamo.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte

E adesso come la mettiamo? Cosa si inventerà Giuseppe Conte ora che i numeri della Sardegna hanno messo a nudo una delle sue più evidenti castronerie politiche. In Sardegna ha fatto quello che nel Lazio non aveva voluto fare: il Campo Largo con il Partito Democratico. Anzi, per non farlo si era inventato una candidata che è durata meno del tempo di una votazione e che non ha mai messo piede in Regione Lazio. Eppure i numeri c’erano, il compianto senatore Bruno Astorre s’è sgolato fino alla fine per dimostrarlo, tabelle alla mano.

Ma c’è anche altro. Gli strascichi di inizio settimana delle manifestazioni anti Matteo Piantedosi e boomerang politici che ti arrivano in faccia proprio quando sali in arcione ad una faccenda infida. La combo che oggi mette Giuseppe Conte in una situazione oggettivamente imbarazzante anche al netto delle gioie sarde è figlia di una constatazione amara.

Ma che va fatta: in tema di eccesso di violenza di singole parti delle forze di Polizia non bisogna mai giocare troppo con il nesso eziologico tra l’area che guida il paese nei momenti topici e gli episodi di violenza. Non bisogna farlo per un motivo evidente. Al netto della assoluta utilità e dignità della più parte delle Forze dell’Ordine gli episodi in cui esse “scarrocciano” dalla mission e si fanno prendere la mano dal “tonfa” (il manganello) ci sono quasi sempre stati.

E sono indipendenti da chi in quel momento sta a Palazzo Chigi ed in un certo senso “ispira” la condotta delle categorie dello Stato. Questo significa che chi è stato Presidente del Consiglio in particolare dovrebbe guardarsi bene dall’issarsi in sella a quei momenti topici, topici e innescati da fatti terribili. Perché quello che depreca potrebbe tornagli in faccia in punto di deprecazione aspra. E in un mondo come quello di oggi, dove ogni tua mossa viene ripresa e riportata da media mestieranti con lo smart-phone rovente, il rischio di fare tilt è altissimo.

Al fianco dei manifestanti
Giuseppe Conte

Giuseppe Conte questo ha fatto, ed è voluto andare al fianco degli studenti che protestavano a Roma dopo i fatti di Pisa. Ed ha detto, magari con ragioni etiche per certi versi sacrosante sul caso di specie: “Qui c’è poca tolleranza per il dissenso politico e per le manifestazioni di protesta. Si tratta di accertare singole responsabilità dei funzionari di polizia”.

E ancora, perché Conte è intelligente: “Non siamo qui per protestare contro le forze dell’ordine ma perché ritengo ci sia una responsabilità collettiva del governo che sta alimentando un clima repressivo. Non fa in tempo a finire un sermoncino che però un manifestante gli urla: “La tua democrazia mi ha spaccato la capoccia, una volta. Mi hai spaccato la testa”.

Capito il senso? Chiunque abbia rappresentato vertici delle istituzioni o parte organica delle stesse farebbe bene a ricordare che le divise picchiatrici ed i loro blitz sono figli di situazioni che vivono una vita propria. Quella della frustrazione, del clima di reparto e di selezioni a volte inappropriate. E di leggi che a volte incontrano il dissenso, chiunque le applichi e per qualunque ottimo motivo.

E riconoscere quelle divise come esempi da sanzionare con decisione è sacrosanto. Ma senza “code” politiche o endorsement di comodo. Sennò qualcuno che ti fa “la bua” lo trovi sempre.

Cavalcata infida.