Top e Flop, i protagonisti di sabato 2 marzo 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 2 marzo 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato due marzo 2024

TOP

FULVIO MARTUSCIELLO

Fulvio Martusciello

La faccenda è delicata ma da buona “vecchia volpe” della politica l’eurodeputato forzista campano Fulvio Martusciello l’ha saputa mettere a fuoco bene. E con un effetto politico di ritorno che però passa per il suggello di un potere terzo dello Stato. Quindi in modo tale che il coordinatore regionale azzurro lasci impronte digitali ma parziali nella sua iniziativa contro Vincenzo De Luca. Cioè contro il governatore regionale che oggi, per collocazione politica, comunicazione numeri e carisma, è di certo uno degli avversari più urticanti del governo Meloni e della premier stessa.

Al centro della polemica ci sono finiti, da qualche giorno, “i manifesti sul governo Meloni che ha tradito il Sud”. Dopo la loro affissione erano arrivate conferme invocate da chi ha agito per reazione. Sì, pare che quei manifesti siano stati “finanziati con fondi istituzionali della comunicazione della Regione Campania”.

A questo punto Martusciello poteva fare due cose: fare un post “indinniato” e sollevare un polverone mainstream o agire in punta di “rapier”, la spada sottile che utilizzavano gli schermidori di grana finissima del passato. Perciò ha chiesto “l’intervento della Corte dei Conti sull’uso di fondi pubblici per la campagna propagandistica di Vincenzo De Luca contro il Governo”.

A parere del potentissimo conducator azzurro “è doveroso accertare se sono stati impiegati i fondi Fers sulla comunicazione i quali vanno destinati, come disciplinato dallo stesso documento sulla strategia della comunicazione approvato dalla Regione, per finalità totalmente differenti”. E in chiosa tattica: “Gli spazi per le affissioni sono stati prenotati con largo anticipo a riprova di un attacco al governo di centrodestra programmato da tempo”. “De Luca, per i manifesti politici si metta le mani in tasca ed usi i soldi propri”.

Formalmente non ha torto, e soprattutto ha impedito che le ragioni di Partito ed area si trasformassero in un boomerang mediatico.

Fulvio ci sa fare.

GIORGIA MELONI e MATTEO SALVINI

Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Foto © Imagoeconomica)

Antonio Tajani non sta in Top perché non partiva da un Flop. Forza Italia in Sardegna è riuscito a fare due cose. Non infilarsi troppo nelle beghe sul candidato alle Regionali e spuntare un risultato che è sintomo chiaro di renaissance.

Nell’isola gli azzurri hanno doppiato la Lega e se ne stanno così, paciosi e sornioni. “Come un pisello in un baccello“, avrebbero detto Stanlio ed Ollio. Ma la Sardegna ha lanciato un segnale forte a Giorgia Meloni e Matteo Salvini, alleati di Tajani ma correi di una rissosità in salsa cesarista che ha consegnato l’isola all’ottima Alessandra Todde.

Come rimediare tenendo conto che c’è un potenziale effetto domino su altri ed imminenti step elettorali? Così: “I presidenti di Basilicata, Piemonte ed Umbria che hanno ben governato saranno i candidati di tutto il centrodestra unito ai prossimi appuntamenti elettorali regionali“. Si va di ramazza sull’identitarismo e si passa la cera del funzionalismo, dunque. A capirlo dovevano essere soprattutto Meloni e Salvini ed è andata così. “Si tratta della conferma del Presidente Vito Bardi per la Lucania, del presidente Alberto Cirio per il Piemonte e della Presidente Donatella Tesei per l’Umbria“.

Una nota congiunta di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati e Udc. Una nota per dire che sì, l’errore sardo c’è stato. E che è stato didattico per chi credeva di poterselo permettere, quell’errore. Ed essere “rammaricati per il fatto che l’ottimo risultato delle liste della coalizione di centrodestra, che sfiorano il 50% dei voti, non si sia tramutato anche in una vittoria per il candidato presidente” non basta. Ora bisogna far capire che si è capito.

Alla buon’ora.

LUCA DI STEFANO

Luca Di Stefano

C’è un prima ed un dopo. Un Di Stefano 1 ed un Di Stefano 2 al governo dell’ente Provincia di Frosinone. Il primo Luca Di Stefano è quello entrato nel palazzo di Piazza Gramsci a dicembre del 2022. Ed ha cominciato a studiare la macchina, ridisegnandola: come un meccanico della pubblica amministrazione che debba fare una radicale revisione e sostanziale messa a punto. A dicembre 2023 le Provinciali gli hanno consegnato una squadra di governo rinnovata: e lì ha iniziato la sua mission il secondo Luca Di Stefano.

Nei mesi precedenti aveva tirato fuori l’invenzione di un Comitato per la Ripresa e lo Sviluppo disegnato su basi interamente diverse da simili strutture che avevano operati nel passato. Qui ci sono le categorie produttive. Tutte. Che hanno subito messo in campo il loro passo operativo. La settimana passata c’è stato l’insediamento, ora stanno partendo le convocazioni per Autostrade, Ferrovie, Enac. Per fare cosa? Mettere in chiaro come stanno i fatti.

Ad Autostrade, il presidente Luca Di Stefano Due vuole chiedere se esiste o no il progetto per fare il casello a Roccasecca al servizio dell’area industriale; è determinante perché il seguito del progetto vuole la nascita di una strada che porterà direttamente al polo dell’automotive a Cassino. Ad Enac vuole chiedere chiarezza sul futuro dell’aeroporto di Frosinone per sapere se è vero che c’è già un’industria all’interno che sta gettando le basi per un grande progetto. Mentre su Aquino, vuole sapere se ci sono progetti ed in caso negativo se la Provincia può farsi promotrice. A Ferrovie vuole domandare una volta per tutte se la stazione dell’Alta Velocità si fa o non si fa.

Sono tre elementi strategici per lo sviluppo economico del territorio. Determinanti per attrarre investimenti e far capire alle imprese del posto dove e come devono muoversi. Se avesse voluto sollevare una cortina fumogena, a Luca Di Stefano sarebbe bastato il solito faremo, vedremo, diremo. Convocando le tre società vuole invece fare l’esatto contrario. E diradare ogni cortina fumogena.

Poco fumo e tanto arrosto.

FLOP

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini

Non è istituzionale, decisamente, e il suo linguaggio assomiglia sempre di più ad uno che ha dimenticato che il suo ruolo oggi non è solo politico, ma è di governo. E di vertice. Andrebbe ricordato a Matteo Salvini, anche al netto dei dolori elettorali sardi, che lui è un Ministro della Repubblica ed è un Vicepresidente del Consiglio.

Mettiamola meglio ed una volta per tutte usiamo il lessico italiano: non vicepremier, che dà un’idea sbagliata e soprattutto più “light”. No, mettiamola notabilante e giolittiana ché una volta tanto serve. Matteo Salvini è il numero due del Governo italiano, cioè uno che sulle scelte di lessico dovrebbe usare la stessa cautela che uno sminatore del Genio dovrebbe adottare nel minatissimo Afghanistan del Nord.

Ma Salvini ormai procede per conto suo e soprattutto in tema di fronda alla magistratura decide sempre di usare obici grossi. E di sparare ad alzo zero contro la stessa impalcatura istituzionale che lo contiene. Dopo aver difeso con veemenza i poliziotti di Pisa Salvini ha attaccato il jingle della difesa ad oltranza (e del tutto inutile, è appena indagato) del “suo” generale Vannacci.

Come? Ripetendo ad oltranza un suo vecchio loop, di cui aveva già dato “splendida prova” alla chiusura della Scuola di Formazione Politica della Lega. Ma non è che solo perché sei in un contesto partitico ti puoi impunemente dimenticare di essere, sempre e comunque, un ministro ed un vicepremier.

Noi siamo gli unici indagati a prescindere. Se volete una vita tranquilla andate dal Pd”. Pi si riprende un filino ma solo per stemperare quel che gli esce dalla bocca: “Scherzo ma non troppo”. E su Vannacci: “Io non lo conoscevo prima del libro di cui ho condiviso buona parte, alcuni passaggi no. Ho conosciuto Vannacci dopo aver letto il libro scandalo”. La chiosa vorrebbe essere ironica ma esce fuori solo miserella: “Stavo facendo conto alla rovescia: 5, 4, 3 , 2, 1, indagato! Vuol candidarsi forse con la Lega? 3, 2, 1, indagato!”. Il tono è stato quello alla Mike Bongiorno, sloganistico. Ed inutile. Ed irrituale.

Come Mike ma senza Allegria.

EDOARDO ZIELLO

Edoardo Ziello

Una delle peculiarità della chitarra elettrica è l’effetto distorsione, ma se sei Eddie Van Halen e lo fai con giudizio è una roba che arricchisce la canzone. Tuttavia se sei solo un metallaro di quarta categoria che scimmiotta il ‘doom’ è cosa brutta assai. Diciamo che Edoardo Ziello non è Eddie, è fermiamoci qui.

Il deputato leghista insiste nella sua tesi che ha condito le dichiarazioni di Matteo Piantedosi. Quali? Quelle per dare un perché alle manganellate dei poliziotti agli studenti in quel di Pisa. La spiegazione di Ziello è “pedagogica”, ma di quella pedagogia aberrante, qualunquista e raffazzonata di cui avremmo fatto tutti volentieri a meno. Leggiamo con sincero ma difficile disincanto: “Condividiamo in pieno la parte in cui si dice che con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento“.

Tutto bene dunque, e Mattarella resta un faro anche per le vie del Carroccio? “È il fallimento educativo soprattutto delle famiglie di quegli studenti che hanno cercato lo scontro con le forze di polizia“. E mica è finita: “Il fallimento di alcuni docenti che hanno soffiato sul fuoco della protesta. Utilizzando quei manifestanti come una clava da buttare addosso a forze di polizia“. 

Infine all’opposizione. “È un fallimento su cui si inserisce la vostra narrazione. Perché la vostra narrazione, signor Presidente, per il suo tramite, quella del Pd, della Sinistra, del 5 Stelle, quella del mondo al contrario, è una narrazione che strumentalizza questi ragazzi“.

Già, ha chiuso proprio così. Citando l’immagine del mondo al contrario. Poi ha staccato il jack dal Marshall. Ma non era Eddie Van Halen.

Distorsore.