Il no di Simone e il niet di Domenico che salvarono il Pd

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Hanno avuto ragione loro. Comunque andrà a finire il congresso provinciale del Partito Democratico, Simone Costanzo e Domenico Alfieri lo hanno già vinto.

Sono stati loro a dettare la linea, non se la sono lasciata imporre da quelli che per oltre un ventennio sono stati i ‘padroni del vapore’ nella Federazione e lo saranno ancora a lungo. Il segretario provinciale uscente ed il suo sfidante, dicendo no a  Francesco De Angelis e Francesco Scalia che per mesi hanno tentato di fargli raggiungere un accordo con cui arrivare ad un congresso unitario nel quale fosse tutto già costruito a tavolino, hanno edificato le fondamenta sulle quali realizzare il Partito (e le sue politiche) del prossimo decennio.

Se questa volta ci sarà un Congresso provinciale vero e non una pantomima come quelle che è capitato di vedere nel passato nel nome dell’unità (ma in realtà nel nome della lottizzazione del potere interno), lo si dovrà a due no pronunciati da Costanzo e Alfieri. Anzi: per essere precisi, un ‘no’ ed un ‘niet’, perchè – è tempo che si cominci a dirlo – i due non sono la fotocopia l’uno dell’altro ma vengono da scuole politiche diverse, hanno visioni differenti della politica, portano avanti strategie che non passano sulla stessa strada, vengono sostenuti da alleanze ed hanno amicizie opposte.

Il no di Simone Costanzo è stato quello detto con chiarezza a Francesco De Angelis nei mesi scorsi, appena il fiuto fine del democristiano di razza (ereditato da un padre, Franco Costanzo, che fu una colonna della politica ciociara negli anni Novanta ed al quale Simone assomiglia sempre di più anche nel fisico) gli ha fatto avvertire con anticipo l’odore di bruciato che arrivava da lontano. Proveniva dai compi dove i due Franceschi, alla fine di  due anni scanditi da gomitate e colpi sotto la cintura, avevano ritrovato la sintonia: merito (o colpa) di nessun ragionamento ideologico ma delle nuove alchimie elettorali introdotte dall’Italicum che gli impone di sostenersi a vicenda se vogliono mantenere le loro aree di influenza interna. Quell’allenza strategica e fondamentale per la sopravvivenza politica di entrambi i Franceschi – aveva capito subito Simone – significava mettere in discussione quella che nella scorsa tornata gli aveva consentito di diventare Segretario Provinciale del Partito.

Nello stesso tempo, anche Domenico Alfieri diceva il suo no. Anzi il suo niet, perchè lui non è di scuola democristiana ma ha formazione post marxista, permeata di quel comunismo europeo e berlingueriano di cui fu eretico interprete locale l’ex sindaco di Paliano e deputato Giuseppe Alveti. Il niet lo ha detto con chiarezza a Francesco Scalia quando gli proponeva di raggiungere un accordo: che evitasse le lacerazioni, non generasse contrapposizioni, sterilizzasse ogni possibile strascico di polemiche dovuto al dibattito congressuale, ma comunque pur sempre un compromesso. Alfieri e Costanzo hanno detto no sostenendo entrambi«Mi candido comunque e  vado a contarmi». Dimostrando di avere una testa autonoma dai potentissimi alleati ed il coraggio delle scelte.

I loro no hanno scombinato i piani. Imposto un congresso reale, al termine del quale ci saranno una maggioranza ed una minoranza interna, entrambe nel Partito Democratico ed entrambe reciprocamente legittimate, non avversarie ma componenti un unico grande Partito. In questo modo vincono da subito un primo round: mandano al mondo politico provinciale una lezione, rivolta soprattutto ai nuovi recenti maestri del pensiero unico, a quelli che hanno dimenticato (ed ai giovani che non hanno mai saputo) come la dialettica interna sia il vero sale della democrazia, sia confronto e capacità di raggiungere una sintesi attraverso la mediazione. E non sia pensiero unico, non sia multe a sei cifre per quelli che la pensano in maniera differente dall’ortodossia di Movimento. Hanno dimostrato che talvolta anche gli eretici hanno ragione.

L’altra grande vittoria ottenuta con il niet ed il no è che ora vanno in scena nuove alleanze e nuovi assi politici in provincia di Frosinone. Trasversali, fuori dai vecchi steccati ideologici di Partito Popolare e Democratici di Sinistra: le prime vere alleanze da Pd. Perchè è innegabile che Simone Costanzo abbia un asse con il presidente della Provincia Antonio Pompeo sul quale è stato possibile costruire l’intesa culminata con la riunificazione dei due gruppi Pd presenti in piazza Gramsci. Tanto quanto è evidente la trasversalità dell’alleanza per Domenico Alfieri, che spazia da un cattolico di stretta formazione ‘Piazza del Gesù’ come il senatore Scalia per passare ad un orfano delle Botteghe Oscure come il deputato Nazzareno Pilozzi.

E tutto è stato possibile solo grazie alla caparbità di due candidati. Chiunque di loro sarà il Segretario Provinciale al termine del Congresso, è il futuro del Partito Democratico.