Articolo Uno torna a casa ma non tutto, e c’è chi guarda ai Cinquestelle

I nodi nel rientro di Articolo Uno nel Pd. I motivi dei dissidenti. Ed il rischio che i loro distinguo si trasformino in un complessivo 'giro di Peppe'

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Nato a Napoli e a Napoli “morto”, tutto in affaccio sul Golfo e tutto con nuovi orizzonti da scrutare oltre le acque conchiuse. Anzi, orizzonti vecchi, perduti e poi ritrovati con l’arrivo di Elly Schlein alla segreteria della Casa Madre del Pd.

Roberto Speranza aveva convocato l’ultima assemblea nazionale di Articolo Uno con una consapevolezza ed un dolore. La prima era quella, ancora aleatoria, per cui non ci sarebbe più bisogno di “differenziarsi” dai dem del Nazareno e che adesso si deve fare massa critica per dare la futura spallata al destra-centro.

Il secondo è stato quello di dover dire addio ad una creatura che, piaccia o meno, era nata per essere l’ultimo baluardo post comunista a guardia delle lotte del popolo ed è morta perché si fa tutti una scommessa. Quella che le lotte per il Popolo adesso le si possa fare non più assieme al “nuovo” Pd, ma come parte integrante di esso.

La prova d’amore

L’intervento di Roberto Speranza

Per fare questo bisognava mettere a regime due cose: escludere, fortissimamente escludere che Articolo Uno diventasse l’ennesima corrente all’interno dell’estuario Dem. E dimostrarlo con una prova provata. Quale? Trasformare il Partito in un’associazione culturale sapendo benissimo che non è prova regina ma quanto meno – e almeno per ora – totem di buone intenzioni a non incrementare il numero di teste “dell’Idra” al Nazareno.

Non è stata roba indolore, specie per Speranza che appare bravo ma non “buono”. Ma che invece è tutte e due le cose: il suo fiscalismo come ministro della Salute chiamato a governare i mesi bui della pandemia si è sciolto in una commozione sincera che dice molto del personaggio. E il simbolismo ci ha messo del suo: Articolo Uno si è sciolto nel giorno in cui nel 1984 morì Enrico Berlinguer, uno che a fare il Nume Tutelare non ci avrebbe mai aspirato ma che di fatto lo è, e non solo di chi sta a sinistra-sinistra. Tanto nume da essere diventato brand del ritorno in cartaceo dell’Unità di Piero Sansonetti con tanto di disappunto dei figli.

Nato per orgoglio

Dal 2017 al 2023 quel Partito aveva cercato di fare due cose, tutte di orgoglio: mettere il lavoro al centro dei diritti, ridare una dimensione sociale alla sinistra. E nel farlo, rimarcare che quella dimensione sociale stava accasata malissimo nelle satrapie dem definitivamente “guastate” dalla stagione liberal del Renzismo.

In punto ideologico ci era riuscito benino, anche grazie ad un’architrave possente come Pier Luigi Bersani. Certo non l’ultimo dei peones ma capopopolo nato proprio perché non lo ha mai voluto fare. In punto pratico ad Articolo Uno erano toccate le stimmate di essere un Partito con una mission ideologica storica nel momento esatto in cui i latrati del populismo erano canto di sirena. Diffondere idee ad alto tasso di sedimentazione storica in un mondo di praticoni del presente non è roba facile, specie in punto di linguaggio e comunicazione, e il rischio era disperderle, più che metterle in solco. I Cinquestelle erano stati assi pigliatutto giusto il tempo per fare di Articolo 1 roba di nicchia, pregiata per le idee come certi prodotti tipici che solo certi palati sanno apprezzare.

L’addio di Bersani alla tenzone parlamentare attiva aveva dato il colpo di grazia e i guai giudiziari del “Migliore II” D’Alema avevano lasciato Speranza al vertice di una creatura bella ma che ha ballato pochino. Poi erano arrivate la batosta al Pd di Letta, la vittoria del destra-centro, le Primarie dem e la nomina di Elly Schlein. Un poker di incastri che hanno funto da accelerante per il ritorno a casa in punto di ritrovate condizioni di ortodossia.

I nodi da sciogliere

I nodi non sono pochi perché ci sono precondizioni ancora ruvide. Elly Schlein è ancora ciò che il Pd aspira a diventare ma non è ancora il Pd come ci si aspettava che diventasse e le sue paiono più lotte per i diritti civili che battaglie sui diritti sociali. Insomma, “quei dem là” sono sulla strada giusta ma su una decorosa parallela alla Via Maestra, e le rette parallele per definizione non si incontrano mai.

Per moltissimi di Articolo Uno quello è un gap superabile proprio con l’arrivo di truppe fresche per piegare la barra su quelle rotte e mettere in cambusa progressisti e cattolici, ma per alcuni è un distinguo utile a sottolineare una insanabile voglia di crasi che non ci sarà. Ecco perché ci sarebbe una minoranza “scissionista” che con il nome-programma non confermato di “Verso il Partito del lavoro” parrebbe in procinto di prendere altre vie. Il movimento è coordinato a livello nazionale dal segretario regionale della Toscana Simone Bartoli.

Contestano sia in punto di forma che di merito la scelta di Speranza & co. In sostanza a loro parere l’ex ministro non poteva convocare l’assemblea e “Articolo Uno è un’organizzazione tuttora esistente. Eppure i suoi vertici sono già nel Pd. Di fatto il nostro segretario nazionale Speranza è attualmente dirigente di un altro Partito”. I transfughi puntano tutto sul lavoro, sono contrari all’invio di armi in Ucraina e, per ammissione del loro leader, ove mai ve ne fosse stato bisogno a considerare le loro soft-skill, su alcuni fronti-chiave sono “molto più vicini al Movimento 5 stelle“. Che forse e non in tempi biblici passerà anch’esso all’incasso di nuove truppe.

Il giro di Peppe

Foto © Paolo Cerroni / Imagoeconomica

E il “braccio di ferro” con quelli che fanno capo a Giuseppe Conte per accreditarsi come opposizione madre al governo Meloni si complica. Lo fa perché la stessa Schlein, in credito di risultati, potrebbe diventare a breve aperturista con il M5S. Ma ha il “ceppo” della politica “etico-bellicista” pro Kiev e lo farà in tempi non brevi. Ma a quel punto a che sarebbe servito che per altra via gli “scissionisti” di Articolo Uno sia andata a strusciarsi alla galassia pentastellata?

Per gli studiosi di politologia è uno scenario multiplo e complesso. Ma per Articolo 1 e i suoi cespugli dissidenti potrebbe diventare un rocambolesco “giro di Peppe”. Un giro che non tocca la fede in certi valori, ma il valore che certe fedi assumono quando le vedi soccombere alla necessità.

Non solo quella fiera di esistere, ma quella più difficile di contare.