L'alpinista di Sezze e il suo collega resteranno sepolti da neve e ghiaccio sullo Sperone Mummery in Pakistan. Lo ha comunicato l'ambasciatore italiano alle famiglie.
Apro il telefono: la mattina è un rito di molti con le sorprese che ci riserva il giorno nuovo. La prima notizia è sulla scelta fatta dal Destino per Daniele Nardi: lasciare il suo corpo sul Nanga Parbat perchè è difficile portarlo via da lì, perché… Già perché la sua storia, quella di Daniele, ci segna ad ogni suo passo?
Ecco, leggo, qui oggi fa freddo il vento viene da monte. Fa freddo in un posto modellato dagli uomini in ogni angolo. Quanto farà freddo lì sù, in un posto dove, prima di Daniele, non c’è stata mai mano umana, mai occhio di figlio dell’uomo. Ma? Ma anche qui Daniele ha lasciato traccia, quella traccia di ogni mattina che ti alzi e la montagna, il Nanga Parbat, è quella quotidianità che pare mediocre piano ed è montagna impossibile: le paure, le scelte, il coraggio, la solitudine con il vento che ti sbatte in faccia.
Certo Daniele ha scelto la sua montagna, qui ci viene a trovare nel piano come valanga, come piena di piogge copiose in alto. In troppi hanno giudicato lui troppo ardito, negando il rischio di questa vita mediocre, con le sue regole, con la cattiveria che qui non è gelo, neve, vento, aria rarefatta, roccia friabile ma cattiveria umana, negazione di uomo a uomo e non resistenza di monte.
Daniele non è stato incosciente, ma cosciente del suo amore per l’altezza.
Si dice che chi ama non muore mai per “eredità” del suo amare. Che è sonno la morte in attesa di bacio innamorato… Non lo so. Posso dire, posso dirvi che lì, su quella montagna lontano da qui c’è una favola di uno che ha creduto, ha amato, ha avuto passione, ha scritto un libro che non è segno stampato sulla carta, ma testimonianza sul tetto di questo mondo.
Oggi tira vento dal monte, è freddo, oggi non so se tornerò stasera, se domani mi vedrà, so che ci sono e non ho meta. Capisco la grandezza di chi sceglie la sua vetta, chi è vivo e chi è morto.
Occhi assenti passano, a Daniele non ho mai visto occhi persi. Ecco, questa storia non mi ha fatto sentire solo, si può vincere o perdere ma si dovrebbe tutti provare. La morte vera è la mediocrità di non averci provato. Lui ha quasi toccato il cielo con un dito, in troppi non ci abbiamo manco pensato.
A volte si torna da dove si è partiti restando dove si è arrivati