Europee, l’ipotesi Durigon che piace ad Abbruzzese

La questione del terzo mandato per sindaci e governatori condiziona la scelta dei candidati alle Europee. Perché sono merce rara: hanno le preferenze. Ecco perché Durigon e Abbruzzese...

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

Un’incognita ed una certezza: gli strateghi delle liste elettorali ci stanno facendo i conti. La scelta dei candidati da schierare alle Europee passa da lì. La certezza è che non c’è molto spazio per i paracadutati: bisogna schierare quelli che hanno il consenso e quindi i voti. Tanti voti. Perché alle Europee si vota con le preferenze e non sono tanti quelli che le hanno. L’incognita è l’allargamento a tre dei mandati per sindaci delle grandi città e governatori di Regione: se non verrà votato nei prossimi giorni allora ci sono vari purosangue delle preferenze che andranno inseriti subito in lista. Al posto di altri.

Il limite dei due mandati

Il limite dei due mandati per i Governatori ed i sindaci inceppa le dinamiche interne, tanto al centrodestra quanto al centrosinistra. Dove il tema è particolarmente caldoi e divisivo. Come dimostrano le parole del presidente dell’Emilia Romagna (e del Partito Democratico) Stefano Bonaccini. In queste ore a La Stampa ha confermato di ritenere un’anomalia il No alla terza candidatura. Una posizione che lo mette in sintonia sul tema con il pugliese Michele Emiliano che qualche pensiero ce l’ha messo. E più ancora con il campano Vincenzo De Luca che proprio su questo argomento ha in corso un duro braccio di ferro con la Segretaria Elly Schlein. Secondo la quale “Il terzo mandato non è previsto dalla legge“.

Emilia Romagna, Campania e Puglia vanno alle urne nel 2025. Ed in tutte e tre i Governatori sono già al secondo mandato. Senza un’estensione a tre, con la legislatura regionale verso la fine, logico che conviene schierarli tutti alle Europee. Il dibattito attraversa anche tutto il centrodestra: la Lega spinge per il terzo mandato perché ha nel Nord situazioni analoghe a quelle del Pd, prima tra tutte quella di Luca Zaia in Veneto. Mentre Forza Italia per voce di Antonio Tajani è contraria,

Il socio di maggioranza Fratelli d’Italia è contrario al terzo mandato per il motivo esattamente opposto a quello che spinge la Lega: non ha Governatori ed il terzo mandato congelerebbe la situazione non solo in Veneto ma – in prospettiva – anche in Liguria, Friuli Venezia Giulia e Lombardia. Ma cosa c’entrano i sindaci delle grandi città in questo ragionamento? Tanto. Tutto. C’è una legge nazionale a dire che per i presidenti di Regione vale il limite dei due mandati consecutivi. Chi invoca il terzo, lo fa sulla base di una particolare interpretazione. Per garantire la possibilità di un terzo mandato senza dubbi di legittimità serve una nuova legge nazionale. Ma le condizioni politiche non ci sono. A meno che non faccia da apripista la proposta di legge per permettere il terzo mandato anche per i sindaci dei Comuni con oltre 15mila abitanti.

Un tentativo c’è stato. Ma tutto si è arenato quando FdI ha provato ad abbassare il quorum per l’elezione diretta. Cioè? Vince chi supera la soglia del 40%. Mentre oggi è al 50%. Perché FdI vuole l’abbassamento? Perché i numeri sono chiari: il Pd a quella soglia non ci arriva, nemmeno in coalizione. Mentre il centrodestra ci arriva quasi dovunque ed in qualche punto FdI ce la fa da sola.

Serve chi ha le preferenze

Cinque anni fa nella circoscrizione Italia Centrale (Lazio, Toscana, Umbria, Marche) la Lega registrò il 33,45% del consenso, in quel tempo Fratelli d’Italia non arrivava nemmeno al 7%. Il carroccio elesse sei deputati europei, il settimo seggio (per Matteo Adinolfi di Latina) fu un regalo della Brexit grazie alla quale i deputati di Sua Maestà lasciarono Bruxelles ed i loro posti vennero riassegnati. Entrò anche l’ottava in lista (Maria Veronica Rossi di Ferentino) per surrogare Simona Baldassarre diventata assessore regionale.

Tolto Matteo Salvini e le sue 516mila preferenze, i primi due più votati presero oltre 48mila preferenze: la toscana Susanna Ceccardi e l’euroscettico Antonio Maria Rinaldi. Con oltre 39mila è stata eletta Cinzia Bonfrisco, con circa 35mila preferenze le due ora assessore regionali del Lazio Simona Baldassarre e Luisa Regimenti. Chiaro che per entrare a Bruxelles servono le preferenze. E tante.

Ipotesi Durigon

Anche perché la percentuale della Lega è sotto quel 33,45% e 30mila voti oggi valgono un biglietto per l’Europa. Si spiega così l’elenco dei nomi che il Lazio porterà a via Bellerio proponendo la candidatura: li ha anticipati l’ex coordinatore regionale Claudio Durigon durante la cena prima di Natale con i quadri e gli eletti della Lega nel Lazio. Sono quelli di Mario Abbruzzese (ex presidente del Consiglio Regionale del Lazio); Matteo Adinolfi Cinzia Bonfrisco (parlamentari europei uscenti); Pino Cangemi (vicepresidente del Consiglio Regionale del Lazio); Monica Picca (assessore alle Politiche Sociali di Fiumicino).

Cangemi ed Abbruzzese alle scorse regionali hanno fatto vedere oltre 14mila preferenze (l’ex presidente d’Aula ha fatto votare l’attuale assessore Pasquale Ciacciarelli).

C’è chi chiede in questi giorni un impegno anche al senatore Claudio Durigon: ipotesi poco percorribile dal momento che ha iniziato da pochi mesi il suo secondo mandato parlamentare. Gli allibratori invece danno per certo un impiego del controverso generale Roberto Vannacci proprio nel Lazio. Nei giorni scorsi Mario Abbruzzese si era detto favorevole ed anzi sollecitava l’ufficiale a scendere in campo proprio nel Lazio. Al tempo stesso pare che nelle ore scorse ci sia stata una telefonata di auguri al senatore Durigon, sollecitando anche in questo caso la candidatura. Sarà difficile. Ma se il terzo mandato (e candidature conseguenti) è un’ipotesi, la necessità di portare voti nel calderone del Partito è una certezza.