«Vinciamo alla Regione, nel Paese tutti sconfitti»

Ermisio Mazzocchi, dirigente politico e studioso dei partiti in provincia, analizza sul quotidiano L'Inchiesta il momento ma non scioglie i dubbi sulle capacità Dem di cogliere le esigenze profonde degli italiani

da L’INCHIESTA QUOTIDIANO

direttore STEFANO DI SCANNO

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Ad Ermisio Mazocchi, dirigente Pd e studioso della storia dei partiti nella nostra provincia, abbiamo rivolto alcune domande in vista del voto del 4 marzo.

Come vede questa competizione per la prossima XVIII legislatura parlamentare e per quella della XXI regionale?

«Fortemente competitiva, come lo sono tutte le campagne elettorali, con una particolarità dovuta al sistema elettorale della nuova legge. Si prospetta una conclusione non risolutiva. Non ci sarà una maggioranza definita che possa dare stabilità di governo. Né è indicato il premier. Si dovrà ricorrere ad alleanze, che dovranno essere ricercate nel Parlamento, ma ognuno, a oggi, rifiuta qualsiasi intesa con il suo avversario politico. È evidente che questa possibilità, condiziona nei modi e nei contenuti la campagna elettorale. Una lotta di tutti contro tutti, non che questo non ci sia stato nel passato, ma oggi sembra non esserci un “anti-qualcosa” e si finisce per non presentare un impianto complessivo per l’evoluzione del paese. Il Pd deve dimostrare di avere governato per fare uscire o quanto meno per avere avviato il paese verso migliori condizioni, riconoscendo che rimane ancora molto da fare e soprattutto da che par te stare. Forse è questa la correzione che deve compiere il Pd in questa campagna elettorale, avendo la capacità di cogliere il senso di vita degli italiani e qualificando il suo progetto per l’Italia del futuro, che dovrebbe avere il suo asse centrale sul tema del lavoro Quasi una ossessione quotidiana. Basta guarda re quello che avviene in questa provincia».

 

Tra le elezioni del 2013 e quelle del 2018 sono avvenuti molti cambiamenti. Una sua valutazione su questo periodo e cosa dovrebbero rappresentare queste elezioni soprattutto per il Pd?

«Trasformazioni e avvenimenti di vasta portata hanno inciso sull’intera società italiana in questi anni. Le strutture rappresentative quali partiti, sindacati, organizzazioni sociali hanno modificato la loro funzione in ragione delle nuove sfide economiche e delle nuove emergenze della società italiana. Il 2013 si concludeva, di fatto, con il fallimento del governo berlusconiano, aprendo la breve esperienza del governo tecnico di Monti, che restò in carica appena 12 mesi, rassegnando le dimissioni il 21 dicembre 2012 con il conseguente scioglimento anticipato del le Camere. Una nota significativa a dimostrazione della tenuta della nostra democrazia, ma anche di una fragilità del sistema elettorale è dovuta dal fatto che su 16 legislature a partire dalla prima del 1948 il Parlamento è stato sciolto anticipatamente otto volte. Fermenti sociali, instabilità economica, fattori internazionali, hanno contrassegnato una epoca in cui il Pd ha assunto una responsabilità di governo cercando di rispon-dere alle esigenze prioritarie della società italiana. Non sempre si è trovato una soluzione adeguata e condivisa a fronte di un aggravamento della condizione sociale. Possiamo, oggi, guardare a una ripresa con il segno “più” che, tuttavia, non ha colmato la profondità della crisi socioeconomica del paese. È questo il terreno di confronto elettorale».

 

Cosa dire sui rapporti di forza tra i partiti, nella nostra provincia, da quel 2013?

«È noto. Questa è una provincia che ha espresso un voto preferenziale maggioritario per le forze di centro, dai tempi della Dc a Fi di oggi. La sinistra ha avuto una sua notevole consistenza, ma non come prima forza. Nel 2013 una combinazione del sistema elettorale rende possibile al Pd di eleggere due senatori della provincia di Frosinone, nessun deputato (il passaggio dell’eletto di Sel al Pd, consente di avere anche il deputato), rimanendo il Pd una robusta forza, ma non la prima in questo territorio. Stessa condizione per il voto per la regione Lazio, dove è ancora più evidente la stabilità del consenso elettorale nelle ultime tornate elettorali del 2010 e 2013 tra i due maggiori partiti, Pd e Fi. E’ palese che in queste elezioni del 2018, in presenza di una nuova legge elettorale per il Parlamento e di quella per la Regione, tenendo ben presente quei rapporti di forza, diventa essenziale per il Pd avanzare una proposta di governo per il paese e per la regione. Aumentare la sua capacità di dialogo con i cittadini, con la sua parte più sofferente, oltre che con le punte di eccellenza che sanno competere con la globalizzazione».

 

I candidati della provincia del Pd al Parlamento, costituiscono davvero una possibilità per a vere una rappresentanza nelle istituzioni?

«Questo voto chiuderà un ciclo politico della nostra Repubblica. Una transizione che si completa con un nuovo pensiero che guarda oltre i confini del proprio territorio e proietta la sua azione verso rapporti e integrazioni con l’intero pianeta. I candidati del Pd devono incarnare una politica che sul territorio, definito geograficamente provincia di Frosinone, si deve espandere verso orizzonti europei e globali su la base di macroaree. La possibilità di essere eletti è affidata ai numeri, ma i numeri sono il risultato di convinzioni politiche dei cittadini, che si esprimono con un voto di consenso o di bocciatura. Non è cosa di poco conto, né semplice. Si tratta di rivedere e rigenerare moduli di crescita e di sviluppo, che hanno ben poco a che fare con il passato».

 

Quali dovrebbero essere le priorità programmatiche che il PD dovrebbe sostenere? Ma, soprattutto, chi è l’avversario?

«Gli avversari sono il populismo, la demagogia, il razzismo, il nazionalismo, sono le forze antieuropeiste. Una miscela di componenti che colpiscono la democrazia e fanno riaffiorare credenze e pratiche fasciste. Il Pd, nonostante tutto, è la sola forza di una certa consistenza, in grado di opporre una barriera all’irrompere di queste malsane forze. Abbiamo bisogno di rimettere in moto il paese sui valori della Costituzione e dell’antifascismo. Anche su questo si misurerà la capacità del Pd di essere referente di quegli elettori che sono per un paese democratico e solidale».

 

La campagna elettorale per la Regione Lazio si presenta come una competizione più serrata per i candidati. Come vede Zingaretti?

«La maggiore visibilità di quanto prodotto dal governo Zingaretti, che riceve apprezzamenti e riconoscimenti, costringe gli avversari a misurarsi con la consistenza delle opere realizzate dall’amministrazione di centrosinistra. La conseguenza è una competizione più stringente e più diretta su quanto fatto e su quanto ancora rimane da fare. La riforma della legge elettorale, che non offre nessun paracadute ai candidati, costringe tutti a un confronto su le maggiori esigenze della regione. L’ampia coalizione (fattore che non era scontato) di centrosinistra costituisce un elemento di forza, tale da garantire a Zingaretti una sua affermazione elettorale. Il carico di responsabilità del Pd, forza di governo, è più consistente che nel passato, dovendo rispondere del suo operato e ampliare rispetto al 2013 il suo consenso elettorale, come nel caso della provincia di Frosinone. Le condizioni ci sono per raggiungere questo obiettivo, facendo affidamento su un PD con i suoi candidati, capace di leggere i travagli e le sofferenze di una società fortemente a rischio per la sua qualità di vita e dall’incerto futuro»