Pd alle Primarie, la destra alla prova del Governo

C'è una lezione di Niccolò Machiavelli che calza a pennello. Sia per il centrodestra e sia per il centrosinistra. Chiamati nelle prossime ore a sfide diverse ma altrettanto decisive

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Il Partito Democratico è “io speriamo che me la cavo“. Che riportato dal titolo del celebre libro al terreno concreto di Latina, il Pd spera che almeno 12mila persone vadano a votare domenica alle Primarie per scegliere il nuovo Segretario tra  Stefano Bonaccini e Elly Schlein.

Dodicimila sono quanti l’ultima volta sono andati ed hanno dato il via libera a Nicola Zingaretti come Segretario Nazionale. Com’è andata a finire, lo sappiamo. E per dirla tutta: lo sapevamo dal principio. Il Pd è Partito giovane con al suo interno i geni di mali vecchi: quelli che hanno condotto all’estinzione i due grandi Partiti dai quali hanno preso vita.

È come se quei geni avessero dato vita ad una malattia autoimmune in cui il Pd cerca di uccidere chi cerca di dargli forma compiuta. Solo così trovano spiegazione otto Segretari in quindici anni di vita: il più longevo è durato meno di tre anni e mezzo (Pier Luigi Bersani), il più fragile se n’è andato via dopo 4 mesi (Maurizio Martina), il più combattivo è quello che ha fatto più danni (Matteo Renzi), il più appassionato è quello che ha sfancu…to tutto e tutti prima di sbattere la porta (Nicola Zingaretti). Un Partito con seri profili psichiatrici se si pensa che fa rientrare da Parigi l’ultimo Segretario che lì faceva lo stimatissimo professore e appena insediato al Nazzareno ci gioca allo schiaffo del soldato.

Pd tra ottimisti, pessimisti e trincea

Salvatore La Penna

Gli ottimisti, in provincia di Latina guardano al fatto di aver tenuto almeno un consigliere regionale, Salvatore La Penna. I pessimisti guardano al fatto che per metà maggio si vota alle Comunali di Latina, Aprilia e Terracina ma mancano ancora candidati e quadri di riferimento per la scelta di sindaci ed alleanze.

Insomma, usciti dal doppio e brutale passaggio di elezioni Nazionali e Regionali, ora bisogna uscire dalla trincea almeno per abbozzare qualche sortita.

Nel pontino la destra di Francesco Rocca sta intorno al 70%, come un bimbo che sta ben oltre la buona salute: ha tutto il diritto di sentirsi come i supereroi. Per la sinistra ora vale l’indicazione del padre della politica, Niccolò Machiavelli. Che insegna sapendo cosa insegnare: “Non è mai alcuna cosa sì disperata che non vi sia qualche via da poter sperare”.

I corpi quando stanno in eccessiva buona salute si inventano le malattie per mantenere efficiente il sistema immunitario: il rischio della destra è qui, almeno per un altro pezzo di offerta politica.

Il rischio per la destra

Damiano Coletta (Foto: Stefano Carofei © Imagoeconomica)

Se al Pd sperano “speriamo che me la cavo“, a Destra tentano la santità: di fare cappotto alle prossime elezioni. Punti di forza? La forza elettorale. Punti di debolezza? La forza elettorale e… l’ambizioni personali. In altre parole: il rischio è in quel 70% che fa ritenere di non avere avversari. L’essere liberi dall’avversario esterno porta a dire: proviamo in solitaria, tanto vinciamo noi; andiamo da soli al primo turno, lo trasformiamo in delle Primarie di fatto così ci facciamo contare dagli elettori ed usiamo poi il ballottaggio per rimetterci insieme.

È quello che pensavano di fare alle elezioni Comunali di Sora poco più di un anno fa. Poi se ne esce un Luca Di Stefano che ti manda ogni calcolo egoistico all’aria, azzera i presuntuosi, in un anno diventa sindaco e pure Presidente della Provincia. Allo stesso modo in provincia di Latina già hanno dimenticato che c’è sempre il pericolo che spunti un nuovo Coletta come avvenuto a Latina, un nuovo Terra come avvenuto ad Aprilia, a rovinare la festa.

A destra come a sinistra bisogna restare uniti, ma anche trovare non candidati per candidare, ma comunque sindaci per vincere. 

La lezione del Rigoletto

Claudio Durigon

Nel libretto scritto da  Francesco Maria Piave per il Rigoletto di Giuseppe Verdi ci sono le strofe

La donna è mobile qual piuma al vento, muta d’accento e di pensiero.
Sempre un amabile leggiadro viso, in pianto o in riso, è mensognero.

Se al posto della donna mettete l’elettore i termini del mondo tornano. Si fa in fretta a prendere tanti voti, ma con la stessa fretta potrebbero farlo altri. L’elettorato muta d’accento e di pensier, l’elettorato italiano è diventato mensognero.

I coordinatori regionali del centrodestra Nicola Calandrini (Fratelli d’Italia), Claudio Fazzone (Forza Italia) e Claudio Durigon (Lega) giocano su più piani locali. Questo li spinge all’unità ma li stringe a ragionamenti più egoistici per posizionarsi tra loro.

Chi saranno i sindaci? Una partita a scacchi, una partita non scontata. E per la destra calza l’altra indicazione di Niccolò Machiavelli: “Gli uomini fanno questo errore, che non sanno porre termini alle speranze loro; ed in su quelle fondandosi, senza misurarsi altrimenti, rovinano”.