MALCOM PAGANI per IL FATTO QUOTIDIANO
Se è vero che la bellezza di una storia dipende dal finale, quella del Frosinone salutato dai propri tifosi con l’affetto che si tributa ai vincitori, ma sconfitto per 2 a 0 al Matusa dal Palermo e ormai in serie B a meno di improbabili miracoli, è una conclusione che fa venire voglia di riscrivere le classifiche. Salvando almeno idealmente quella che senz’altro era tra le 20 squadre della A, la più debole e la meno strutturata per resistere alla categoria.
Il Frosinone dei fratelli Ciofani e del terzino Crivello, del portiere brasiliano di riserva, Zappino, passato con i ciociari dagli stadi di retroguardia con gli spalti tenuti insieme dai tubi Innocenti a quelli in cui si danno battaglia Higuain e Dyabala, come da copione, non ce l’ha fatta. E nonostante questo, per la dignità con cui ha affrontato con i suoi poverissimi mezzi la stagione, il Frosinone di Roberto Stellone, bravo allenatore, ex giocatore ancora tale e quindi amico della sua banda di straccioni, merita un applauso.
Con l’eccezione dei sostenitori del Latina e di Lotito (che Carpi e Frosinone, come si ricorderà, nel massimo campionato proprio non li avrebbero voluto e che proprio agli emiliani andrà a far visita con la sbiaditissima Lazio nella gara più decisiva della stagione per l’undici di Castori) il resto d’Italia ai gialli a guardato con simpatia.
È andata male, Chinaglia e Rino Gaetano non si sono materializzati nel vecchio stadio di casa con i balconi con vista sul area di rigore, ma domenica pomeriggio, mentre il vento freddo tagliava le ultime speranze, la tifoseria del piccolo Frosinone ha dato una lezione a tutte le curve troppo viziate è perennemente in masonite del Paese. Ha incensato i calciatori al grido di “Forza ragazzi”, ha concesso l’onore delle armi al Palermo (che data una sommaria occhiata al calendario continuo comunque a essere un serissimo candidato alla discesa nel torneo minore), ha fatto una bella figura. Uscita di scena definitiva e molto, molto stile,