STEFANO DI SCANNO per L’INCHIESTA QUOTIDIANO
Di sicuro non è un impianto che serva alla differenziata (unica eccezione per la frazione organica), serve molto di più all’occupazione, con oltre cento dipendenti (e sarebbe il caso che, almeno per il futuro e prima di ampliare l’organico, qualcuno si decidesse a pubblicare perfino degli avvisi pubblici). Accumula no-stop rifiuti nelle vasche (che per buona prassi – probabilmente – a sera andrebbero svuotate e pulite) e poi qualcuno trasecola pure se i residenti reclamano per il fetore insopportabile. Sulla Saf di Colfelice finalmente – dopo i servizi del nostro giornale – il consigliere regionale Daniela Bianchi ha chiesto chiarimenti a chi di dovere. A chi porta avanti una gestione che pare aggrappata al quotidiano ed all’utilizzo di fiumi di denaro delle bollette rifiuti, che drenano risorse delle nostre famiglie.
Non basta sapere che la Saf chiude il bilancio con un avanzo d’esercizio. Serve capire molto a proposito dell’utilità per il bene comune che deriva dall’impiego di quelle risorse, bisogna chiedere impegni sull’attivazione di un ciclo dei rifiuti efficiente e sul calo dell’impatto ambientale per le popolazioni dell’area Colfelice – Roccasecca – San Giovanni Incarico, occorrono piani chiari che definiscano i tempi di una progressiva diminuzione delle bollette parallela all’incremento della differenziata. Senza dimenticare i dubbi da sciogliere sugli effetti delle emissioni dell’impianto di termoincenerimento di San Vittore del Lazio.
Poi ci sono anche gli effetti dell’ecotassa, l’aumento delle tariffe di conferimento a Cerreto, i milioni a carico del cittadino che spuntano come funghi. Antonio Salvati, combattivo e originale sindaco di San Giovanni Incarico, sostiene che per appesantire le bollette a carico delle famiglie c’è un “metodo Ato5” già sperimentato con successo alla Provincia di Frosinone (basato sull’inerzia dei sindaci) che la Regione avrebbe trasferito lo scorso anno anche nel settore dei rifiuti (fissa gli aumenti e li mette a carico della Saf e dei sindaci soci che devono pagare e, quindi, tocca a noi mettere mano al portafogli). Ma almeno il tutto si fermasse lì: insomma ai rifiuti. Invece alimenta un intreccio di interessi, trame politiche, uffici di collocamento occulti. Insomma bisognerebbe cambiare scenari e poter “aprire le finestre” senza timore che, subito dopo, si debba rischiare il voltastomaco.
L’insostenibile campagna elettorale cassinate sull’arrivo minaccioso di Acea contrappone candidati tutti decisi a chiacchiere a difendere l’acquedotto comunale. Qualcosa non torna. Se il bene superiore è la città, perché non mettersi insieme per definire e concordare una strategia univoca e decisiva piuttosto che organizzare marce e petizioni in ordine sparso? La proposta partita da questa rubrica (mettere a punto una definitiva uscita dall’Ato5) è caduta inesorabilmente nel vuoto.
Il problema è che di questo passo i cassinati è bene che si rassegnino agli aumenti del 400%. Come pure gli abitanti del resto della provincia che, dopo aver sperato nella rescissione contrattuale col gestore Acea, si ritrovano sindaci pronti a trattare. Cosa? Non s’è capito. Tariffe esose che non saranno mai alleggerite e disservizi noti da anni impongono una svolta definitiva. Ma qualche notizia positiva non manca. Sui valori respirometrici sballati della Saf sta indagando la Procura di Cassino che ha incaricato il Corpo Forestale, sul dossier Acea sono in corso accertamenti da parte della Guardia di Finanza. Chiedere giustizia non può mai essere un errore. Specie se aiuta a voltare pagina nella difficile transizione che il Paese intero sta vivendo.