Alla cicogna è caduto il mio bambino… (Ada Tagliaferri)

Il diario di Ada Tagliaferri, una vita in giro negli ospedali. Infermiera mancata, divoratrice di libri, mamma di una figlia. Per lavoro e per missione, nelle stesse corsie dei malati. Dove vive la loro sofferenza. Come quella di una mamma che all'improvviso non sente più il bimbo

Ada Tagliaferri

Infermiera mancata con la vocazione per la pulizia, di ospedali e di anime. Un viaggio all'alba e al tramonto tra corsie e barelle

Oggi la sveglia non ha suonato perché quando ho aperto gli occhi ho sentito il rumore delle auto e subito lo sguardo è corso al display del cellulare: la sveglia non ha suonato ed io sono in ritardo sulla tabella di marcia.

Mi sono preparata in 15 minuti e in 10 ho chiuso lo zaino e preparato la merenda a mia figlia. Povera Grazia che porta un nome così delicato e vive una vita già così dura. Ma è una bambina amata lei lo sa e questo mi rende più serena.

 

Arrivo all’ospedale, infilo la divisa e prendo il mio carrello, oggi sono un po’ più tranquilla questa mattina si comincia con Ostetricia e le urla sono perlopiù di gioia.

Proseguo stanza per stanza, vagito dopo vagito, puerpera dopo puerpera. Donne felici anche se stanche, tutte con i loro cestini di confetti e palloncini colorati che emozionate si confrontano sulla montata lattea o sui dolori del giorno dopo il parto.

Poi giro e proprio a due passi dalle sale parto si trovano 3 stanze.

 

Entro in una di queste. Il silenzio è talmente profondo da tirarmi un cazzotto nello stomaco. C’è una donna sudata che piange e stringe i pugni. Ho quasi paura che le sue mani possano esplodere da un momento all’altro.

Nell’altro letto, quello accanto alla finestra, una ragazza della carnagione olivastra e lunghi capelli neri. Sicuramente non è italiana. Entrambe accomunate da una espressione di dolore e solitudine.

Pulisco la loro stanza, pulisco il loro bagno chiedo loro se vogliono che lasci la luce accesa, ma la ragazza con i pugni stretti mi dice “No tanto anche con la luce accesa è tutto buio“.

 

Proseguo con il giro, concludo i miei servizi e proprio quando sto per andare via mi arriva un messaggio di Anna, una mia collega, che mi chiede una sostituzione dell’ultimo momento. Così, giusto il tempo di staccare, scendere al bar mangiare un panino e chiamare a casa per sapere se tutto va bene, che ritorno al mio lavoro.

Stanza dopo stanza, risata dopo risata fino a rientrare lì nella stanza più buia. La donna ha ancora gli occhi rossi, c’è un uomo accanto a lei entrambi sono in silenzio poi lei si gira e gli chiede anzi gli ordina di andare a fare un giro.

Lui si alza ed esce “Proprio non lo capisce. Continuano a ripetermi che non è successo niente che ci possiamo riprovare, proprio non lo capiscono che è morta una parte di me che quello che tutti aspettavano con impazienza di vedere per me era già arrivato… lo sentivo era dentro di me“.

 

Mi spiega cosa sia accaduto continua a stringere i pugni, nelle sue mani rosse e gonfie dei fazzoletti.

Ero incinta: Ho perso il mio bambino.

Stavo per entrare al settimo mese quando all’improvviso un forte dolore mi ha costretta a correre al Pronto Soccorso. Immediatamente mi hanno portata in reparto e i volti delle infermiere e del medico hanno decretato la mia morte: il mio bambino non aveva più battito, dicono che può accadere, dicono che non c’è spiegazione e dicono che devo partorire così ho partorito mio figlio ed era morto.

Mi hanno detto di non prenderlo, di non vederlo ma come si può dire una cosa del genere a una madre.

L’ho preso, era davvero piccolo ma era bellissimo poi lo hanno portato via e con lui hanno portato via una parte di me per sempre, chiusa in un sacchetto.

Ed oggi sono venuti tutti in sfilata con i loro volti neri, tristi, amareggiati a tratti imbarazzati. Mio marito poverino non sa neanche da dove iniziare, abbiamo casa invasa da vestitini, giocattoli e una cameretta pronta.

Dicono che può capitare, ma non è giusto”.

 

In questo momento mi sento una madre molto fortunata perché quando ho saputo di essere incinta non ero entusiasta. Quella gravidanza non era programmata. Alla notizia ho avuto molta paura ma nonostante la mia incoscienza e la mia giovane età è andato tutto per il meglio. E ho una bambina meravigliosa. Non saprei più vivere senza, non avrei mai potuto vivere senza di lei.

Nel letto accanto a questa mamma in lutto, che si chiama Marzia, ce n’è un’altra che invece ha ancora la sua bimba nella pancia ma che soffre di un ‘ipertensione per cui la gravidanza è costantemente a rischio.

Non parla bene neanche l’italiano e non è venuta a trovarla anima viva solo il marito una volta in tre giorni e le ha lasciato una bottiglietta di acqua da mezzo litro.

 

Ha chiesto alle infermiere dell’acqua ma loro le hanno detto che questo non è un bar e che se aveva sete poteva andare in bagno e bere dal rubinetto – mi spiega Marzia-. È una cosa inconcepibile soprattutto in un reparto in cui c’è vita, o così dovrebbe essere, ad ogni angolo.

Le ho dato io dell’acqua, le ho dato anche dei biscotti. Non mangia volentieri quello che portano ai pasti.

Ci hanno messe qui: la mamma in lutto e la mamma incomprensibile. Viviamo nel silenzio e nel buio.

Mi hanno mandato un prete per offrirmi conforto, così dicono, una preghiera. Io non voglio pregare. Adesso odio tutto e tutti. Vorrei chiedere a quel Dio perché mi ha portato via mio figlio, così senza una spiegazione.

Penso che sia egoista, penso che lo abbia voluto tutto per lui, penso che un Dio che si comporta così non meriti la mia devozione e penso che un Dio che lascia una donna assetata senza l’aiuto delle infermiere non sia degno del nostro amore. Io non ho più amore. Ho un vuoto, solo un profondo e incolmabile vuoto.

Chiunque arriverà dopo non riempirà mai quel posto. Perché quello è il posto del mio bambino. I figli non sono un tentativo, i figli sono parte di noi. Ognuno di loro lo è“.

 

Mi chiede come mi chiamo le rispondo Ada, lei abbassa lo schienale del suo letto. “Sai Ada, mio figlio Alessandro era davvero molto bello, uscendo potresti spegnere la luce? Preferisco il buio“.