Il welfare della Bibbia e la pietas che non applichiamo

È scritto su Esodo: chi se l'è cavata deve preoccuparsi di chi, invece si trova in difficoltà. È questo il welfare della Bibbia

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Così dice il Signore:

«Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto.

Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani.

Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse.

Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso».

 Es 22, 20-26

Il libro di Esodo sembra piombare all’interno dei sistemi di welfare sociali degli stati contemporanei. Eppure quella tradizione, sia in forma orale che scritta, risale ad oltre mille anni prima di Cristo. Dobbiamo capire perché un codice di leggi di quei tempi si preoccupi di questioni così moderne come i migranti, l’usura, quasi un reddito di cittadinanza o di inclusione come lo si voglia chiamare.

La tradizione mosaica sembra non avere dubbi: è la società di coloro che se la cavano che deve preoccuparsi di chi, invece, per ragioni le più svariate, si trova in difficoltà. Mi pare abbastanza semplice comprendere il senso: il forestiero, colui che non ha casa, lavoro, amici, è il soggetto più debole. Non può appoggiarsi a nessuno, rischia di essere abbandonato se qualcuno non interviene per aiutarlo nel momento delle difficoltà, è alla merce’ dei malintenzionati.

Chi è stato schiavo ricordi, ed agisca

Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica

E l’autore del libro di Esodo è chiaro: devi aiutare il forestiero perché tu stesso lo sei stato, quando eri schiavo in Egitto. E’ una cosa che spesso l’Europa, impaurita di perdere i suoi privilegi,  dimentica.

Decine e decine di milioni di europei hanno lasciato il vecchio continente per emigrare, per cercare una vita migliore per sé e soprattutto per la propria famiglia. Quanti coloni inglesi sono arrivati in quelli che oggi chiamiamo Stati Uniti, per sfuggire alle persecuzioni religiose? E quanti olandesi, tedeschi, irlandesi, polacchi, ungheresi, spagnoli, italiani (almeno 30 milioni, questi ultimi) per sfuggire alla fame e alla povertà, che genera ulteriore limitazioni per lo sviluppo delle generazioni future? E non sono emigrati soltanto nell’America del nord ma anche in quella del sud, in Australia.

Hanno costituito la ricchezza di quelle giovani nazioni che non li hanno respinti ma hanno cercato di integrarli, pur tra mille contraddizioni.

Il welfare della Bibbia

E poi le regole sulle vedove e quelle, splendide nella loro modernità, sul prestito del denaro, che non può “strozzare una persona”. Il mantello, che viene dato in pegno, è il segno della povertà estrema: ebbene, tu dovrai restituirlo al debitore, perché egli non muoia. Ecco il senso profondo di tanti indicazioni: si tratta di principi e norme che rispondono al comando principale “non uccidere” .

Nel momento in cui io non presto aiuto al migrante, alla vedova, all’orfano, al debitore rimasto senza alcun bene, io divento complice della sua morte, sono anch’io un assassino e Dio me ne chiederà conto, lo stesso  conto che chiede  a Caino.

La risposta del fratello omicida alla domanda di Dio: Dov’è tuo fratello? ci dà il senso profondo di queste regole: sono forse io il custode di mio fratello? Sì, lo sei.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti). 

(Foto di copertina © DepositPhotos.com).