Le nostre foglie di fico

Tutto sta in una banalissima domanda: "Dove sei?”. Eppure li sta nascosto il segreto della nostra piccolezza, messo sotto un'immensità di foglie di fico. Dalle quali è facile liberarsi

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero, il Signore Dio lo chiamò e gli disse: Dove sei?

Gn 3,9

Mi sono sempre chiesto perché mai, nel racconto del cosiddetto peccato originale, narrato nei capitoli 3 e 4 del libro di Genesi, origine di ogni cosa,  Dio abbia bisogno di chiedere ad Adamo dove sia.

Ce lo spiega la lettura ebraica della Bibbia. Quella domanda è il segno di una frattura: una separazione terribile, l’uomo era con Dio, poi se ne allontana e Dio va a cercarlo ma non riesce a trovarlo, perché l’uomo si nasconde da lui, lo rifugge, ne è impaurito, lo vede come un nemico, un ostacolo per la sua realizzazione.

La teologia della separazione

La Creazione di Adamo – Michelangelo Buonarroti – Cappella Sistina

In quella domanda c’è tutta la teologia della separazione dell’uomo da Dio, la teologia dell’ateismo: prima della decisione di disobbedire a Dio, l’uomo viveva con lui, senza bisogno di schermi, di finte, di bugie, erano nudi e non ne provavano vergogna.

Dove sei? chiede Dio a ciascun uomo nella sua vita, chiamandolo alla responsabilità delle sue azioni, scoprendone sotterfugi ed inganni, rappresentati, nel racconto, dalle foglie di fico utilizzate per coprire la nudità.

L’uomo non è in grado di sostenere lo sguardo di Dio, perché, nel suo profondo, nella sua coscienza, si rende conto del male commesso, riconosce le sue colpe ma non vuole ammetterle: è stata la donna a farmi mangiare, è stato il serpente, mai un’ammissione di responsabilità, il coraggio di ammettere l’errore compiuto. E’ sempre colpa di qualcun altro. Ecco il significato di quella domanda che ci accompagna in ogni momento della nostra vita: quella chiamata ad essere uomini, ad ammettere le nostre responsabilità.

La parabola di Raskol’nikov

Ritratto di Dostoevskj – Vasilij Grigor’evič Perov – Olio su tela – 1872

E’ la parabola di conversione di Raskol’nikov in Delitto e castigo. Dostoevskij costruisce la vicenda del giovane assassino che vuol estirpare dal genere umano una vecchia usuraia, colpevole della rovina di tanti. Ci riesce ma è costretto ad uccidere anche una giovane donna che non ha niente a che fare con le colpe di quella donna, che tanto ha fatto soffrire il genere umano. Nessuno si accorge del delitto, nessuno sospetta di lui ma la chiamata di Dio scava dentro l’animo di Raskol’nikov, si serve di una giovane donna che lo ama e che lo convince finalmente ad ammettere il male compiuto: l’essersi messo al posto di Dio, l’aver voluto sostituirsi alla sua giustizia. E così Raskol’nikov accetta il carcere: soltanto così ha il coraggio di guardare il suo volto, di tornare ad essere quell’uomo che era prima.

Ecco dunque che quella domanda, Dove sei? racchiude il significato di ogni peccato. Ogni volta che l’uomo commette il male si allontana da Dio, edifica una barriera di foglie di fico per non farsi scoprire, pur sapendo che sarà inutile di fronte alla voce della coscienza che è dentro ciascuno di noi.

Basterebbe allora ripensare a quante volte ci rifugiamo dietro schermi di foglie di fico per giustificare un insulto, uno sberleffo, un’infrazione, il venir meno ai propri doveri… È sempre colpa di qualcun altro, mai responsabilità nostra. Ma la coscienza dentro di noi non ci abbandona, ci dice che siamo nudi e che dobbiamo rispondere alla domanda.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).