
Non sempre i nostri Comuni si sono chiamati come oggi. Anzi. Ci fu una legge che li sollecitò a mettere mano sui loro nomi. Accadde dopo l'Unità d'Italia. E molti in quella "rivoluzione" ci videro addirittura un'occasione
Autunno 1862-estate 1863: centosessanta anni or sono, vari Comuni ricadenti nell’odierno Lazio meridionale si apprestarono a variare parzialmente o totalmente la propria denominazione. Si era da poco conclusa la seconda fase risorgimentale che aveva portato alla creazione del nuovo Regno d’Italia. Sancito ufficialmente il 17 marzo 1861 con la proclamazione, a Torino, di Vittorio Emanuele II re d’Italia «per grazia di Dio e volontà della nazione».
Il nuovo Regno riuniva due Regni preunitari (il Regno di Sardegna e il Regno delle Due Sicilie). Poi un granducato (quello di Toscana), due ducati (quello di Parma e Piacenza e quello di Modena e Reggio), cui si aggiungevano territori austriaci (parte della Lombardia). Quelli e e dello Stato Pontificio (le legazioni della Romagna, le Marche, l’Umbria e le città di Benevento e Pontecorvo).
Ovviamente non solo il numero di residenti era divenuto molto consistente rispetto ad ogni singolo Stato preunitario. Anche il numero di Comuni risultò accresciuto. Così tra le varie questioni venutesi a determinare con l’Unificazione nazionale si venne a porre anche quella delle omonimie nella denominazione dei Comuni. Si pensi a quanti portavano il nome di un Santo.
Disguidi, omonimie ed inconvenienti

Questo inconveniente fece emergere nelle nuove autorità governative italiane una necessità. Quella “di una maggiore determinatezza nei nomi dei comuni. Perché le molte omonimie nelle varie province degli antichi Stati erano causa di frequenti disguidi e di altri inconvenienti“.
Così per porvi rimedio il ministero dell’Interno sollecitò gli amministratori locali dei centri ricadenti in una situazione d’omonimia a deliberare. Quello «se non di cambiare affatto l’attuale denominazione, farvi almeno qualche aggiunta che desumere si potrebbe dalla speciale situazione topografica. Secondo che il comune si trova nel monte o nel piano, al mare, o sopra un fiume o un torrente».
L’invito di ordine pratico portò la maggior parte delle Amministrazioni locali ad adeguarsi alla sollecitazione proveniente dalle nuove autorità italiane. Provvedendo ad aggiungere un suffisso storico-geografico in modo da caratterizzare inequivocabilmente la denominazione del Comune. Tuttavia ci furono anche alcuni Comuni che invece finirono per utilizzare l’istanza ministeriale come occasione. Ad esempio per sbarazzarsi di un nome evidentemente non più percepito al passo dei tempi. Dunque con l’intenzione di suggellare l’inizio di una nuova fase storica, quale quella della Unificazione nazionale, con una nuova denominazione.
Come cambiò tutto in Terra di Lavoro

La questione della modifica della denominazione toccò anche la storica provincia di Terra di Lavoro. Provincia nel cui territorio ricadevano anche i Comuni dei Circondari di Sora e di Gaeta, oggi ricompresi nel Lazio meridionale. Dei complessivi ventiquattro Comuni interessati dalla questione, diciotto preferirono variare parzialmente la loro denominazione con aggiunta di un suffisso di identità. Gli altri quattro optarono per una modifica totale.
Comuni che deliberarono la variazione parziale della denominazione con aggiunta di un suffisso d’esclusività.
Vecchio nome
Belmonte
Campoli
Castelluccio
Castelnuovo
Coreno
Palazzolo
Fontana
Isola
Piedimonte
Pignataro
San Biagio
San Donato
San Giorgio
Sant’Ambrogio
Sant’Andrea
Sant’Elia
San Vittore
Spigno
Villa
Viticuso
Delibera consiliare
Belmonte il Castello
Campoli Appennino
Castelluccio di Sora
Castelnuovo a Parano
Coreno Ausonico
Palazzolo di Castrocielo
Fontana Liri
Isola presso Sora
Piedimonte S. Germano
Pignataro d’Interamno
San Biagio Saracinisco
San Donato Val di Comino
San Giorgio a Liri
S. Ambrogio sul Garigliano
Sant’Andrea di Vallefredda
Santelia sul Fiumerapido
San Vittore del Lazio
Spigno Saturnia
Villa Santa Lucia
Viticuso e Acquafondata
Nome Regio Decreto
Belmonte Castello
Campoli Appennino
(dal 1878 Castelliri)
Castelnuovo Parano
Coreno Ausonio
(dal 1882 Castrocielo)
Fontana Liri
(dal 1869 Isola del Liri)
Piedimonte S. Germano
Pignataro Interamna
San Biagio Saracinisco
San Donato Val di Comino
San Giorgio a Liri
S.Ambrogio sul Garigliano
(scisso in 2 Comuni *)
Sant’Elia Fiumerapido
San Vittore del Lazio
Spigno Saturnia
Villa Santa Lucia
Viticuso e Acquafondata
* Sant’Andrea di Vallefredda si è poi scisso in Sant’Andrea del Garigliano e Vallemaio).
Comuni che deliberarono la variazione totale della denominazione.
Vecchia denominazione
(Le) Fratte
San Germano
Schiavi
Agnone
S. Pietro in Curolise Roccaguglielma
Traetto
Nuova denominazione
Ausonia
Cassino
Fontechiari
Villa Latina
Esperia (fusione 1868)
Minturno (1879)
I casi di Piedimonte, Isola e San Biagio
Va rilevato che Piedimonte, Villa, Isola e San Biagio erano già conosciuti. Dunque erano ben riconoscibili, per la presenza di uno specifico suffisso d’identità. Cioè, rispettivamente, come Piedimonte di S. Germano, Villa S. Lucia, Isola presso Sora e San Biagio Saracinisco. Ma le autorità ministeriali e prefettizie li vollero comunque ricomprendere nel movimento di ridefinizione.

Molto particolare la scelta degli amministratori di San Vittore. Scelta che sembra precorrere i tempi, apparendo quasi come anticipatrice di quanto avverrà sessantacinque anni più tardi in un contesto politico-istituzionale molto diverso. Infatti quando si trattò di scegliere un suffisso d’esclusività, il Consiglio Comunale di San Vittore decise di aggiungere l’identificativo «del Lazio». Una scelta, quella operata da quegli amministratori comunali che faceva riferimento a remoti aspetti storici del Latium novum o Latium adiectum.
Tuttavia in quel momento il Comune apparteneva alla Campania e il Lazio era ridotto al relitto dello Stato Pontificio sopravvissuto fino al 20 settembre 1870. Fu in sostanza di una scelta coraggiosa in quanto si andò a caratterizzare San Vittore con un suffisso d’esclusività. Suffisso che non coincideva con la sua appartenenza geografica. Al pari di quanto successo per Sesto Campano, aggregato al Molise come San Giuliano di Puglia, oppure per Novi Ligure spostato in Piemonte con quelle Amministrazioni comunali che avevano inteso dissentire rivendicando la loro storica appartenenza al territorio da cui erano stati staccati per cui volutamente la inserirono nella denominazione.
San Vittore e la lungimiranza sul suffisso
Dunque dal 1862 al 1927 pur facendo parte amministrativamente della Campania il Comune si identificava come «San Vittore del Lazio». Poi con Regio decreto n. 1 del 2 gennaio 1927 il fascismo giunse alla soppressione della provincia di Terra di Lavoro. E i Comuni ubicati nella fascia ricompresa tra Ausonia e Sora passando per Cassino furono aggregati alla neo istituita provincia di Frosinone.

Anche San Vittore entrò a far parte della nuova circoscrizione amministrativa divenendo l’ultimo Comune del Lazio. Dunque solo da quel momento si è venuta a determinare la coincidenza tra titolazione e appartenenza geografica. Anzi chissà che i funzionari del ministero dell’Interno del tempo non abbiano fissato la linea di demarcazione tra Lazio e Campania proprio sulla base della denominazione di San Vittore.
Dopo il 1872 furono interessati alla questione della variazione della denominazione, per gli stessi motivi che, un decennio prima, erano stati alla base delle modifiche avvenute anche in Terra di Lavoro, tutti quei Comuni che avevano fatto parte delle aree residuali dello Stato Pontificio. Comuni che furono inglobati nel Regno d’Italia dopo la breccia di Porta Pia. Così anche vari centri del circondario di Frosinone adottarono una nuova denominazione oppure aggiunsero un suffisso identificativo.
Cambiano nome anche i “papalini”
Comuni che deliberarono la variazione parziale della denominazione con aggiunta di un suffisso d’esclusività.
Vecchia denominazione
Anticoli
Castro
Giuliano
Torre
Trevi
Vico
Santo Stefano
Monte San Giovanni
Nuova denominazione
Anticoli di Campagna poi Fiuggi (1911)
Castro dei Volsci
Giuliano di Roma
Torre Cajetani
Trevi nel Lazio
Vico nel Lazio
Villa Santo Stefano
Monte San Giovanni Campano
Comuni che deliberarono la variazione totale della denominazione
Vecchia denominazione
San Lorenzo
Bauco
Nuova denominazione
Amaseno
Boville Ernica
Monte San Giovanni diviene “Campano”

Per Monte San Giovanni Campano la scelta operata dagli amministratori locali appare diametralmente opposta rispetto a quella compiuta da San Vittore del Lazio dieci anni prima. Infatti la decisione di aggiungere il suffisso «Campano» discendeva da uno specifico riferimento storico-geografico. In quanto andava a richiamare la medievale provincia di Marittima e Campagna, una delle entità amministrative, posta a sud di Roma, in cui nell’XI secolo venne diviso lo Stato Pontificio.
Pur tuttavia, nel corso degli anni, tale richiamo storico-geografico si è andato sbiadendo fino a scomparire quasi totalmente. Tra i parlanti il termine «campano» permane essenzialmente come un aggettivo che fa riferimento alla regione Campania. Negli stessi frangenti più opportunamente, prima di mutare il nome in Fiuggi, il Comune di Anticoli aggiunse il suffisso identificativo «di Campagna».
In sostanza, oggigiorno, è come se Monte San Giovanni avesse un’origine «campana». Cioè come se il Comune fosse appartenuto, in un’epoca più o meno remota, alla limitrofa regione. Mentre non ne ha mai fatto parte avendo sempre seguito nel corso dei secoli le vicende storico-geografiche del Lazio pontificio.
Nel corso del 2004 nel Comune si è svolto un referendum teso al ritorno all’antica denominazione di «Monte San Giovanni» con la cancellazione dell’apposizione «Campano», che però è stato bocciato.