I protagonisti del giorno. Top e Flop del 14 febbraio 2020

Top e Flop. Ogni notte, i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende l’indomani.

TOP 

ROBERTO GUALTIERI

Siamo fiduciosi per un miglioramento dei parametri economici ma è necessaria una politica fiscale europea espansiva per favorire le imprese“. Il ministro dell’economia Roberto Gualtieri rassicura ogni volta che apre bocca. Rassicura soprattutto l’Unione Europea e i mercati internazionali. È anche per questo che il suo nome sta scalando posizioni nell’eventuale scenario del dopo Giuseppe Conte. Andrebbe bene anche a Matteo Renzi.

Roberto Gualtieri

Ci sono altre possibili soluzioni, ma tutte hanno delle controindicazioni: Mario Draghi è un nome troppo pesante per essere utilizzato in questa fase, Enrico Letta segnerebbe l’inizio della “guerra” tra Pd e Matteo Renzi, un esponente dei Cinque Stelle frenerebbe sul nascere eventuali “responsabili”. Ci sarebbe Dario Franceschini, che però ha un’impostazione troppo politica.

Roberto Gualtieri invece è un tecnico soprattutto, anche se di Partito. Certamente dovrà prima superare la prova delle elezioni suppletive del primo marzo, nel collegio che fu di Paolo Gentiloni.

Ma su di lui si sta ragionando nelle stanze che contano sul serio. Affidabile e autorevole.

MATTEO SALVINI

Ha fatto tesoro della sconfitta alle Regionali in Emilia Romagna. Il Capitano della Lega non crede ad elezioni anticipate e ha sostanzialmente bocciato l’idea di un Governissimo, pur avanzata dal suo numero due Giancarlo Giorgetti.

Matteo Salvini Foto © Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica

Si è reso conto che le scorciatoie non pagano, meglio le traversate nel deserto. Come quella effettuata dal centrodestra guidato da Silvio Berlusconi nel 1996, che si concluse con la straordinaria vittoria del 2001. Nel frattempo però Salvini sta mettendo in discussione diversi candidati del centrodestra alla presidenza delle Regioni. Vuole un cambio di impostazione e sa pure che deve in qualche modo arginare la crescita mediatica di Giorgia Meloni. Non è casuale che abbia fatto inviare un messaggio importante all’Unione Europea: la Lega non vuole l’uscita dall’euro.

Vedremo l’impostazione delle prossime campagne elettorali Regionali. Magari saranno più improntate sui temi locali invece che su quelli nazionali. Sarebbe un altro segnale di non poco conto. Sbagliando s’impara.

PASQUALE CIACCIARELLI

La scelta di lasciare Forza Italia per aderire a Cambiamo è stata un suicidio politico. Interrotto saltando all’ultimo secondo utile sul Carroccio della Lega. Dove Pasquale Ciacciarelli si è accomodato a fine dicembre ed è rimasto in silenzio per oltre un mese.

Non si è comportato da primo della classe, non ha ostentato la marea di preferenze che teoricamente porta in dote e tantomeno la capacità organizzativa che la Lega di oggi in provincia di Frosinone può solo sognare.

Il coordinatore provinciale della Lega Francesca Gerardi con Pasquale Ciacciarelli

Ora è arrivato il momento del cambio di passo: il disco verde è arrivato direttamente dai vertici leghisti del Lazio. Nei prossimi giorni partiranno tre eventi che Ciacciarelli promuoverà nella provincia di Frosinone per mandare un segnale chiaro ed inequivocabile alle sue truppe. E cioè: io sono sul Carroccio e da ora dovete votarmi qui.

Ha incassato la difesa ad oltranza di Francesca Gerardi durante la Direzione provinciale di giovedì pomeriggio. È la chiara conferma che i due correranno in tandem alle prossime Regionali se la legge ghigliottina taglierà 350 parlamentari in Italia lasciandone forse uno solo in tutta la provincia di Frosinone.

Non male per uno che sulla scialuppa di Cambiamo rischiava la fine dei migranti alle prese con il mare mosso. Primum vivere deinde philosophari.

FLOP

SILVIO BERLUSCONI

L’altro giorno ha telefonato a Matteo Renzi per rassicurarlo che da Forza Italia non arriveranno voti per Giuseppe Conte. In realtà però tra gli “azzurri” la tentazione di “essere responsabili” c’è.

Silvio Berlusconi © Imagoeconomica

Anche per una considerazione spicciola: dopo il via libera al taglio dei parlamentari con il prossimo referendum non ci sarà un solo deputato o senatore disposto ad interrompere questa consiliatura, l’ultima con 630 seggi a Montecitorio e 315 a Palazzo Madama.

Se Silvio Berlusconi però non riuscirà a controllare i suoi gruppi parlamentari, allora sì che potrebbe non riprendere in mano i fili di una coalizione bilanciata di centrodestra.

O la va o la spacca. Ma se… la spacca, allora è finita.

GIUSEPPE CONTE

Sta sondando una decina di “responsabili”, ma ancora una volta Matteo Renzi lo ha preso in contropiede dicendo che voterà la fiducia al Milleproroghe da alleato e non da suddito.

Ha telefonato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, chiedendogli tempo fino all’autunno nel caso di elezioni anticipate. Sta mostrando segnali chiari di debolezza perché è evidente a tutti che si è abituato al ruolo di premier. E quindi ha molto da perdere.

Fra l’altro la copertura politica del Pd in queste ultime ore non è apparsa così blindata. Spalle al muro.

IL TESTACODA

Enzo Salera David Sassoli. Foto: Roberto Vettese

Nel silenzio del Governo italiano, la presa di posizione di David Sassoli ricorda un crescendo rossiniano. La notizia è riportata dall’Ansa: “Il presidente della Camera dei deputati egiziana, Ali Abdel Aal, “respinge categoricamente le dichiarazioni del presidente del parlamento europeoDavid Sassoli sull’arresto di Patrick George Zaky, definendole in un comunicato “un’ingerenza inaccettabile negli affari interni e un attacco contro il potere giudiziario egiziano“.

Sassoli aveva chiesto l’immediato rilascio di Zaky, ricordando “alle autorità egiziane che l’Ue condiziona i suoi rapporti con i Paesi terzi al rispetto dei diritti umani”. Urlo nel silenzio.

Il Movimento Cinque Stelle è caduto nella trappola di Matteo Renzi, la cui strategia è quella di alimentare le tensioni senza arrivare alla rottura. Con l’obiettivo, sottolineato dall’Huffington Post, di aumentare il peso contrattuale in vista delle 400 nomine da effettuare nelle aziende di Stato e negli enti pubblici. Il nuovo capo politico Vito Crimi è già riuscito a far rimpiangere Luigi Di Maio. Fuori ruolo.