Top e Flop, i protagonisti di sabato 9 dicembre 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 9 dicembre 2023.

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 9 dicembre 2023.

TOP

ALESSANDRO SALLUSTI

Alessandro Sallusti (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

La simpatia non è la sua dote principale. E nemmeno fa molto per coltivarla. Anzi. Dopotutto la ruvidità del tratto fa parte del personaggio che negli anni si è costruito. Al pari dell’affilatura della sua penna: si può condividere o meno ciò che scrive e pensa il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti, ma che il suo sia un pensiero non omologato e nemmeno banale non può essere negato.

Nelle ultime quarantott’ore ha assestato due colpi di sciabola sui due principali casi del giorno. Ponendoli sotto una luce diversa da quella del mainstream.

Il più recente, il caso del loggionista che alla Scala ha gridato “Viva l’Italia Antifascista”. Mentre l’Italia si è subito divisa tra i fan di Coppi e quelli di Bartali, Alessandro Sallusti ha messo a nudo un altro punto di vista: “è un concetto assolutamente condivisibile. È la dimostrazione che, per soddisfare il proprio narcisismo, basta un’ovvietà assoluta. Basta saper scegliere tempi e luogo.

Già, perché ci vorrebbe coraggio a urlare quella frase se fossimo sotto un regime fascista, ma essendo il fascismo morto e sepolto da ottant’anni – fingono di non saperlo solo Bersani e la Boldrini – parliamo di acqua fresca. Addirittura ci vorrebbe più coraggio ad urlare «viva la gnocca» coi tempi che corrono”.

Il giorno precedente aveva incrociato le lame con il ministro Crosetto per avere titolato “Inchiesta su Crosetto“. Per la cronaca: il ministro ha annunciato querela a Il Giornale. Per il titolare della Difesa quel titolo sarebbe chiaramente diffamatorio perché lui con il procuratore Francesco Lo Voi ha avuto solo un colloquio chiarificatorio e non da inquisito. Invece per il direttore Alessandro Sallusti quel titolo sarebbe “perfetto”. Perché i titoli sono atti di sintesi e perché se quella sintesi prende un viraggio più pepato ma sempre attinente la realtà farlo non è reato.

È mestiere, e Crosetto evidentemente “è un po’ nervoso“. Antefatto: la convocazione in Procura del ministro della Difesa del Governo Meloni era avvenuta dopo le famose dichiarazioni di Crosetto al Corsera. Il ministro aveva alluso in coda ad un’intervista alle azioni “complottarde” di certa parte della magistratura ed era scoppiata la solita Casamicciola italiana. Crosetto si era detto pronto a riferire e dopo il Parlamento era andato dal magistrato per un colloquio. Sallusti ha fatto pezzo e titolo e dopo la dichiarazione del ministro sulla querela non se l’è tenuta.

Per lui il ministro è nervoso e il “nervosismo fa perdere lucidità. L’articolo alludeva ad una inchiesta sulle parole di Crosetto, non su Crosetto“. Ed ha ragione solo che in Italia basta un lessico di connotazione (anche) inquisitoria per far scattare alcuni ambiti come cobra. E questo dimostra implicitamente che non solo (forse) una parte della magistratura è belluinamente prevenuta. Cioè che vi sono soggetti ed ambiti politici che indicano truppe nemiche in guerra perché a volere la guerra sono essi per primi. Magari quando guerra non c’è.

Stanato.

don GIORGIO FERRETTI

don Giorgio Ferretti in Mozambico

Scordatevi la chiave di lettura del carrierismo: non è una promozione. Con Papa Francesco le cose funzionano in maniera diversa. E se un prete viene nominato vescovo non è per fargli fare uno scatto di carriera, aggiungere una stelletta sulle spalline ed i galloni sulla manica della tonaca. È solo una chiamata a nuove responsabilità. Da portare avanti con competenza, dedizione ed umiltà. Perché si va a servire Cristo, cioè Colui che lavò i piedi agli apostoli e venne sulla Terra per portare la rivelazione nonostante sapesse che gli uomini lo avrebbero tradito e crocefisso. Ma lo fece lo stesso. Per infinita bontà.

Ecco, leggetela sotto questa luce le ‘promozione‘ a vescovo di don Giorgio Ferretti, partito da Genova per fare il prete a Frosinone che nemmeno sapeva dove fosse sulla carta geografica. E da lì poi, sotto la guida di un vescovo teologo come monsignor Ambrogio Spreafico ha preso la difficile via per il Mozambico. Oggi l’ordinazione a vescovo, domani la prima messa nella nuova veste a Frosinone dove per anni è stato braccio destro del vescovo.

La teologia di papa Francesco è scomoda per molti. Perché è quella militarmente concepita da chi è Gesuita: senza concessioni, senza licenze, senza estremismi se non l’amore professato da Gesù nei Vangeli e visibile attraverso gli Esercizi Spirituali di Padre Ignazio da Loyola. È questa visione che ha illuminato il pontefice nello scegliere preticelli di periferia e fargli fare il doppio salto nominandoli arcivescovi; così ha messo la porpora di cardinale a tanti che nemmeno immaginavano di poter essere nei suoi pensieri.

La nomina di don Giorgio è un attestato di stima anche per Frosinone e per monsignor Spreafico. Che per prima ha individuato le caratteristiche di don Giorgio e lo ha plasmato insegnandogli la difficile arte dell’amore declinato a livello di concretezza come solo la Comunità di Sant’Egidio sa fare.

Nel passaporto di don Giorgio ci sono i timbri di Mozambico, Malawi, Lesotho, Sud Africa e Frosinone: che nel Vaticano di Papa Francesco valgono più di Milano, Venezia e Torino. Perché la sua non è una carriera costruita sulle relazioni ma sulla carità e sull’amore declinati sul piano della concretezza.

Esattamente ciò che la Chiesa deve essere.

La rivoluzione della Chiesa.

PASQUALE ANGELOSANTO

Pasquale Angelosanto

Non farebbe più notizia se non fosse che le croci al merito valgono più per chi le osserva che per chi le riceve. Chi se le appunta al petto ha lo scomodo di doverci trovare uno spazio su una divisa ormai piena di galloni e benemerenze. Chi le osserva invece riceve un ulteriore esempio che il dovere fatto tacendo viene sempre riconosciuto.

Come dimostra la Croce d’oro al merito dell’Arma dei carabinieri conferita al Pasquale Angelosanto, ex comandante del Ros che lo scorso anno ha arrestato il super boss Matteo Messina Denaro. A riconoscere quella croce è stato il Ministero della Difesa. Che ne ha dato comunicazione al Comune di Sant’Elia Fiumerapido, paese di origine del generale ed amministrato in questo periodo dal fratello.

È la motivazione a fare la differenza. Quel riconoscimento arriva perché «con la sua infaticabile e preziosa opera di comando e di pensiero, il generale Angelosanto ha contribuito al progresso dell’Istituzione, esaltandone il lustro e il decoro nell’ambito delle Forze Armate e della Nazione».

E tanto basta per essere ancora di esempio. Non la gloria personale, ma il contributo al Paese.

La luce delle stellette.

FLOP

GIULIANO CAZZOLA

Giuliano Cazzola

Io rivendico di essere intollerante con gli intolleranti“. Sbagliatissimo. E che sia sbagliato Giuliano Cazzola lo sa benissimo perché è un uomo di saggia esperienza ed un professionista scafato.

Accade però che perfino i più equilibrati, in questo clima politico impazzito e polarizzato, cedano alle lusinghe del massimalismo verbale.

E si può essere anche disposti ad ammettere che contro i massimalismo di Ultima Generazione tenere il lessico in arcione a Cartesio è difficile. È forse perché i giovanotti ultragreen un po’ se le tirano? Solo in parte: il vero motivo è che se sei di area o se politico schierato loro sono un’esca troppo appetibile. E lanciare strali secchi contro una categoria trucemente avversa oggi in Italia paga sempre.

Ecco, il distinguo antico tra morigeratezza a prescindere e latrati venati di opportunità dovrebbe essere la chiave. Chiave di volta di un fraseggio sociale più cheto in cui anche se hai ragione non eccedi mai nel farne slavina.

Un fraseggio le cui tecniche Giuliano Cazzola conosce benissimo. E non sempre usa. Gettando un ennesimo bicchiere di benzina su un fuoco che è già rogo di suo.

Combustibile e comburente.