Addio al senatore Compagnoni, l’uomo che diede le terre ai contadini (di A. Porcu)

Si è spento il senatore Angelino Compagnoni di Ceccano. Aveva 97 anni. Fu l'uomo che realizzò la legge per l'affrancamento delle terre. Imparò a leggere e scrivere da solo. Due volte deputato. Per lui si mosse Togliatti. E fu senatore: il primo del Pci in provincia di Frosinone.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Negli ultimi tempi il suo mondo era fatto di luci del passato e vaghe ombre del presente. I medici dicono che ormai fosse completamente cieco. Eppure quando parlava di politica ci vedeva meglio di chiunque altro. Da sempre. È stato grazie a quella vista politica acuta che Angelino Compagnoni riuscì a costruire le leggi attraverso le quali i braccianti italiani passarono da essere poco più che schiavi a titolari di diritti. Fu lui a scrivere e far approvare la legge sull’affrancamento delle terre e quella che trasformava a loro favore l’enfiteusi, un concetto che la generazione di oggi può incontrare solo per sbaglio su Wikipedia.

 

Il senatore autodidatta

Nella sua storia c’è un altro vocabolo scritto sul dizionario delle parole perdute: autodidatta; non andò a scuola, figlio di contadini ceccanesi, studiò da solo. E divenne segretario provinciale della Cgil di Frosinone, presidente provinciale della Confederazione Italiana Agricoltori, due volte deputato ed altre due senatore. Per lui si mosse Palmiro Togliatti ‘Il Migliore’, il segretario nazionale del Pci venne a tenere un comizio a Frosinone durante la campagna elettorale per palazzo Madama. Che grazie a lui il Partito Comunista conquistò per la prima volta dalla provincia di Frosinone.

Vede? Questa dovrebbe essere la foto del comizio” diceva indicando uno scatto in bianco e nero che ormai lui non vedeva più. Ma aveva stampato nella memoria. Senza nostalgia: «Il Partito Democratico è stata la giusta crescita, non bisogna mai dimenticare che le masse sono in continua evoluzione ed anche i Partiti e le classi dirigenti che si candidano a governarle devono adeguarsi».

 

La politica non viaggia più in treno

Il colloquio è di qualche tempo fa. L’insegnamento è attuale. Cosa non va nella politica di oggi? Semplicemente: i politici non prendono il treno. Angelino Compagnoni venne eletto alla Camera dei Deputati la prima volta nel 1953 e ci rimase per due legislature, poi nel 1963 venne eletto al Senato. “Il Partito ci aveva dato un ordine: ‘Compagni, non si viene a Roma con la macchina, si viaggia in treno‘. Ogni lunedì la prima riunione del Gruppo a Montecitorio  la facevamo con il commissario politico. E la prima cosa che ci domandava era: ‘Compagni, cosa dice la gente sul treno?’ ” Era un modo per ‘sentire’ la pancia degli elettori, sapere cosa si aspettavano da noi parlamentari del Pci, se stavano recependo i nostri sforzi in Parlamento. Capivamo così se dovevamo cambiare qualcosa o nel nostro modo di agire o nel nostro modo di comunicare”.

Oggi i politici non viaggiano sul treno. Non nel senso fisico del termine: il problema vero è che una parte di loro ha perso il contatto con la realtà, con il mondo vero, con i problemi degli anziani che sono in fila per una visita dal medico, con i ragazzi disoccupati che ormai non vanno più nemmeno a chiedere se ci sia un posto ai Centri per l’Impiego, con gli industriali in attesa di uno delle decine di documenti necessari per aumentare la produzione, con i Comuni che per avviare un’opera attendono mediamente un anno prima di avere tutti i permessi previsti dalla burocrazia. E intanto il treno passa.

Il dramma è che a non prendere il treno siano soprattutto gli eredi di quel Pci che imponeva ai suoi Parlamentari di non viaggiare con la macchina, proprio per capire meglio il Popolo.

 

Lo sciopero dei contadini

Fu poco prima di salire sul treno, portando con se l’esperienza di segretario degli Agricoltori, che decise di affrontare di petto le resistenze dei proprietari terrieri ciociari contro le leggi che lui stesso aveva proposto e fatto approvare.

Alla stazione trovò un gruppo di contadini. Arrivavano dalle campagne di Alatri. Erano andati lì perché sapevano che il compagno Angelino Compagnoni ogni mattina prendeva quel treno per andare a Montecitorio.

«Onorevole, qui da noi le sue leggi non le rispetta nessuno. Noi abbiamo proposto al padrone di dividere il grano in parti uguali, scegliendo un sacco per ciascuno. Lui invece vuole continuare a fare come sempre: scegliersi la parte migliore della produzione e lasciare a noi gli scarti»

Cosa volete fare? domandò Compagnoni.

«Noi vorremmo scioperare» gli risposero.

Uno sciopero? Di Contadini? In provincia di Frosinone? Roba che non si vedeva dagli Anni Venti.

«Però vorremmo che ci fosse un testimone. Vorremmo che lei fosse lì, perché sappiamo che i carabinieri ci caricheranno, anche se resteremo immobili. Abbiamo paura possano dire che li abbiamo attaccati e si sono voluti difendere. Invece vogliamo che ci sia qualcuno in grado di raccontare come sono andate le cose. Noi ci fidiamo di lei. Può venire al nostro sciopero?»

 

Il deputato in canottiera

Angelino Compagnoni salì sul treno, arrivò a Roma, informò il capogruppo a Montecitorio. Tornò alla stazione, riprese il treno e scese a Ceccano. L’indomani mattina era con i contadini, in canottiera, a mietere il grano come aveva fatto per anni.

Al momento di fare la spartenza il proprietario del fondo non si presentò, minacciando di chiamare i carabinieri se non gli avessero fatto scegliere la parte del suo prodotto (che loro avevano lavorato).

La risposta che mandarono attraverso il messaggero inviato dal padrone fu “Se viene partecipa alla scelta, se non viene, spartiamo noi secondo coscienza: un sacco del prodotto migliore per noi ed un sacco per lui. Tutto in parti uguali».

Dopo poco arrivarono i carabinieri. I contadini erano ancora impegnati a trebbiare il resto del campo, mentre i sacchi di grano si ammassavano nell’aia.

«Chi comanda qui?» domandò un maresciallo dei carabinieri.

Nessuno rispose. Erano contadini, non rivoluzionari. «Ho detto: chi comanda qui!?» ripeté il maresciallo con tono irritato.

«Nessuno» rispose una voce. «Non abbiamo bisogno di chi ci comanda, stiamo facendo il nostro lavoro».

Stizzito, il maresciallo chiese con tono inquisitorio: «E lei chi è? Si identifichi!»

«Sono l’onorevole Angelo Compagnoni da Ceccano, del Partito Comunista Italiano»

«Ah, e lei in canottiera fa il deputato? Così rappresenta le istituzioni italiane?»

«Maresciallo, lei con quella giacca e quella pancia, tutto sudato, non mi sembra che le rappresenti meglio di me. Dopotutto stiamo lavorando entrambi».

Il sottufficiale comprese che non aveva di fronte i soliti contadini. E tentò allora di favorire una mediazione. Propose al parlamentare di incontrare il proprietario del fondo. Compagnoni andò a rimettere la camicia: «Maresciallo io vengo, ma lei deve darmi la sua parola d’onore di Carabiniere che durante la mia assenza nessuno attaccherà questi contadini».

Il sottufficiale si impegnò. E diede ordine ai suoi carabinieri.

 

I carabinieri, la polizia, le contadine

La trattativa durò a lungo. Con Compagnoni che spiegava al titolare del fondo come ormai le sue pretese appartenessero al passato. E che pure la Ciociaria doveva entrare in quell’Italia moderna che stava per agganciare il boom economico. Riuscì a convincere il proprietario.

Con il maresciallo, rientrarono al campo. Dove trovarono i contadini accerchiati: da un reparto della Polizia di Stato. Ma a fare scudo si era frapposto un cerchio di carabinieri che stavano rispettando l’ordine di non far toccare i contadini impartito dal maresciallo. Tra i cerchio di carabinieri e quello delle Guardie di Pubblica Sicurezza c’era un cerchio di donne: mogli e madri di quei contadini, chi in lacrime chi con pazienza e chi con rabbia, dicevano ad entrambi gli schieramenti armati: «Siete anche voi figli nostri, siete figli di questa terra, siete figli di contadini…».

L’arrivo del maresciallo e dell’onorevole mise fine a quell’insolito stallo: venne ordinato alle forze armate di sgomberare il campo perché un’intesa era stata raggiunta.

Fu l’inizio di una festa andata avanti fino a notte fonda.

 

Angelino Compagnoni questa mattina se n’è andato. L’annuncio lo ha dato il suo Compagno di Partito Angelino Loffredi, storico sindaco comunista di Ceccano. “Amici e compagni, con tanta tristezza annuncio la scomparsa di Angelo Compagnoni, compagno di tante lotte. 97 anni combattuti al servizio degli ultimi, senza risparmio. In ogni carica o impegno ricoperto portò sempre la sua carica di passione, di determinazione, di altruismo. È morto nella sua abitazione di Via Maiura in Ceccano».

Se n’è andato completamente cieco. Ma con una vista politica tra le più acute. Quella che a tanti politici di oggi manca del tutto.