La via ‘tedesca’ di Borgomeo per ripartire

Il fondatore e presidente del gruppo Saxa Gres spiega in un'intervista a Il Tempo cosa va fatto per ripartire davvero. Troppe chiacchiere. Le clamorose assenze delle associazioni degli industriali. Una via 'tedesca' con linea verde per aiutare le imprese e pace fiscale.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

«Per ripartire subito pace fiscale e numero verde per chi è in difficoltà». Non le manda a dire Francesco Borgomeo, il risanatore di aziende che ha fondato il gruppo industriale Saxa Gres. Dalle colonne de Il Tempo indica la strada per ripartire mentre Covid rialza la testa in quanto a numero di contagi.

Lo fa rispondendo alle domande di Massimiliano Lenzi e facendo sponda sull’input lanciato da Franco Bechis. Il direttore ha parlato giusto in queste ore di lockdown strisciante, di una chiusura a macchia d’olio cioè non istituzionalizzata. Tuttavia indotta dall’esecutivo in carica. Una sorta di embolo economico’ a macchia di leopardo che però rischia di strozzare l’intero sistema complesso della produzione italiana, a non affiancarci paracadute veri.

Efficienza tedesca

Francesco Borgomeo. Foto © Alessandro Paris

La formula di Borgomeo si rifà all’efficienza tedesca. E con essa alla capacità di sintetizzare in pochi step la lotta alle difficoltà di imprenditori e commercianti.

A partire da un numero verde e dall’azzeramento delle pendenze fiscali.

Tutto questo con capisaldi di ripartenza imprescindibili: come meritocrazia e tempistica perfetta fra erogazione di fondi e bisogni delle imprese.

Con essi riforme strutturali e coscienza europea. Ma con una bacchettata finale alle associazioni datoriali. Associazioni che a suo dire non hanno saputo adeguarsi, nella risposta all’emergenza Covid, alla velocità di reazione di altri comparti. Primo fra tutti quello sanitario.

Franco, schietto e sul pezzo come sempre.

Prima analizzare, poi agire

Foto © Imagoeconomica / Paolo Lo Debole

E proprio dai rischi che l’Italia corre con il lockdown strisciante Borgomeo è partito. Lo start lo ha messo a Berlino per arrivare a Roma.

«Dovremmo copiare dai tedeschi la capacità di saper analizzare, valutare, ponderare, poi agire. Ed infine parlare. Noi di solito partiamo dal contrario: subito a parlare. E poi dimentichiamo di arrivare alla fine della catena di azioni da fare».

«Siamo emotivi e chiacchieroni. Purtroppo questo è il primo problema della gestione del Covid in Italia, ed è forse figlio della nostra recondita consapevolezza. Di cosa? Di impreparazione ed inadeguatezza di fronte a problemi grandi e complessi. E quindi siamo il Paese del ON e OFF: si chiude tutto, si apre tutto».

Un paese binario e senza tempistica

Il Ministero dell’Economia e Finanza

Già a La7, intervistato ad Omnibus sul tema, il presidente del gruppo Saxa Gres aveva puntato il dito sull’atavica lacuna del modello italiano di intervento. Vale a dire la tempistica sfasata rispetto ai bisogni delle partire Iva. (Leggi qui Recovery Fund, Borgomeo su La7 mette il dito nella piaga).

«Si sbagliano pure i tempi. Perché le discoteche al chiuso, in pieno agosto, sanno tanto di case di riposo a febbraio aperte ai visitatori in Lombardia. E con questa filosofia poi, tutto chiuso o tutto aperto, si fanno danni irreparabili, alla salute come all’economia. Se avessimo avuto la capacità di selezionare aziende, contesti, zone geografiche. E poi fasce d’età, periodi dell’anno, esperti da ascoltare, forse avremmo gestito tutto molto meglio. Ed in questo la razionalità e la freddezza dei tedeschi ci deve essere da esempio».

Si, ma nel concreto, cosa dovrebbe fare il governo modellandosi sullo stato dell’arte? E cioè su una situazione che da un lato vede perdurare l’emergenza sanitaria e dall’altro incalzare quella economica? Borgomeo non ha dubbi. Lo Stato deve far capire che c’è, deve farlo capire alle categorie che dello Stato sono spina dorsale. E deve farlo con uno scatto in avanti delle associazioni datoriali. Quelle da un po’ Borgomeo le vede latitanti.

Associazioni datoriali cercansi

Foto © Imagoeconomica

«Si tratta di dare un segnale di presenza. Di non far sentire abbandonati i ristoratori ed i piccoli imprenditori che da soli non ce la possono fare. Presenza e supporto, intanto psicologico».

«Poi sul piano del fare, con suggerimenti ed indicazioni su come agire in crisi importanti come queste, tra associazioni ed istituzioni. Eravamo partiti molto bene, con lo Stato che ha reagito in maniera eccellente. Prefettura ed ASL di Frosinone immediatamente attivate con la proposta formale ed il numero pronto. Direi quasi incredibile. Clamorosamente invece sto ancora aspettando le associazioni datoriali».

Intanto il fisco di profila all’orizzonte, ed è orizzonte vicino, troppo vicino per non innescare preoccupazioni e riflessioni dell’imprenditore. «Il 15 ottobre sarà il D-Day del fisco e dell’economia italiana. Non solo perché è l’ultimo giorno per inviare il nostro piano del Recovery fund su come spendere i soldi previsti dall’Europa. Ma soprattutto per le scadenze fiscali».

«Sono convinto che butteremo la palla avanti e sposteremo la data. Su cosa? Sull’invio di circa dieci milioni di Pec ad altrettanti soggetti che oggi difficilmente potranno pagare le cartelle scadute. Per fortuna abbiamo un Direttore dell’Agenzia di grande competenza. Io confido in una riforma fiscale ben ispirata. Che riparta da una pace fiscale. E che ci permetta di chiudere con un passato che si trascina crediti fiscali inesigibili da troppo tempo».

I tre step per ripartire davvero

Borgomeo con il sottosegretario Manzella

La domanda delle cento pistole è quella più ovvia. E più delicata perché chiama in causa il salvataggio del sistema produttivo tricolore. Cioè su cosa farebbe un salvatore di imprese certificato come Borgomeo, un uomo della circular economy.

«Pensare che l’Europa siamo noi e quindi i soldi sono nostri. Li dobbiamo saper e voler spendere bene, perché sono soldi dei contribuenti italiani. Nessuno ci dà nulla, siamo noi che ce li siamo guadagnati. E questo approccio dovremmo averlo nelle stanze dei palazzi di Bruxelles».

«Poi dare certezze. Norme e relativa applicazione devono essere scolpite. Chi sbaglia paga. E soprattutto sapendo quando e come. La Giustizia è l’elemento più importante in assoluto in termini di spinta al rilancio del Prodotto Interno Lordo. Infine porre attenzione al merito. Cerchiamo giocatori forti da far giocare nelle nostre squadre. Giovani promettenti, esperti, gente che ha studiato ed ha esperienza. E poi formiamo ed educhiamo alla cultura del lavoro. Scuola, formazione e merito sono i pilastri del rilancio».

La chiosa infatti è scolastica, scolastica ed amara. «Questo balletto sulla scuola è indegno. Perché sta raccontando innanzitutto che la scuola poi in fondo non è così importante. E che può essere trattata come uno dei tanti problemi da affrontare. Rischiamo di non aprire le scuole perché abbiamo aperto le discoteche (nei locali chiusi) ad agosto al mare».