San Vittore ed il termovalorizzatore fantasma

L'audizione in Commissione Ambiente in Regione Lazio. Norme alla mano, uno dei tecnici sostiene che il termovalorizzatore di San Vittore non esiste. Ma c'è al suo posto un inceneritore. La differenza? Il primo brucia rifiuti e produce energia. Il secondo brucia rifiuti e basta

L’impianto di Acea Ambiente, che da un paio di decenni brucia a San Vittore del Lazio il combustibile derivato dal trattamento dei rifiuti urbani e i fanghi di depurazione di tutto il Lazio, non sarebbe un termovalorizzatore ma un inceneritore. Sostanzialmente dal processo di combustione di quel rifiuto non si recupererebbe alcun tipo di energia, limitandosi invece a effettuare una semplice operazione di smaltimento.

   Con parole nette e dettagliate, Antonio Mambro, tecnico che ha lavorato e realizzato termovalorizzatori nel mondo per la General Electric, Alstom e Siemens, in qualità di consulente dei comitati che si oppongono alla realizzazione della quarta linea dell’impianto, ha spiegato in Commissione regionale Rifiuti perché bisogna “sfatare un mito: quello di definire l’impianto di San Vittore un termovalorizzatore, perché termovalorizzatore non è.

Termovalorizzatore o inceneritore?

(Foto: Stefano Capra / Imagoeconomica)

Chi lo dice se un impianto è o non è un Termovalorizzatore? Mambro lo ha spiegato. Chiarendo che “l’assimilabilità a termovalorizzatore, o impianto a recupero energetico, è stabilita dalla direttiva n. 134 del 19 maggio 2016 a recepimento della direttiva europea del 2015/1127/UE. Queste direttive, attraverso il calcolo di un semplice indice energetico, stabiliscono se un impianto, oppure una singola linea di incenerimento è assimilabile ad impianto a recupero energetico, oppure ad un incenerimento. È il caso di San Vittore del Lazio, dove l’impianto è costituito da più linee di incenerimento indipendenti ed entrate in esercizio in date diverse.

Perché è una distinzione così importante? Perché lo status di ‘impianto a recupero energetico’ (comunemente definito R1) rappresenta il riconoscimento della bontà degli investimenti affrontati negli anni per adeguare gli impianti alle migliori tecniche disponibili. Se l’impianto ha quella classificazione può avere “un ruolo di primaria importanza nel sistema di gestione dei rifiuti, così come stabilito dalla nota gerarchia dei rifiuti, che è la pietra angolare nell’intera normativa europea in materia“.

Fatta questa premessa, cosa fa dire ad Antonio Mambro che quello di San Vittore del Lazio non è un Termovalorizzatore ma un inceneritore? La sua affermazione di basa sulla “disamina della documentazione disponibile. Si evince che la Determinazione Dirigenziale del 2016 con la quale la Regione Lazio ha rilasciato l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale, ndr) riporta un valore del CCF, (cioè, del climate change factor, un fattore che rientra nel calcolo di questo indice energetico) di 1,382, che non è conforme alla normativa europea vigente, la direttiva del 2015, in quanto la suddetta direttiva stabilisce un valore massimo di 1,25“. 

Erronea classificazione

Il termovalorizzatore di San Vittore del Lazio

Per il tecnico “questa inosservanza porta ad un’erronea classificazione dell’impianto di incenerimento di San Vittore del Lazio, conferendogli in maniera illegittima lo status di R1. Ovvero impianto a recupero energetico, anziché quello di inceneritori a terra. E qusto, nonostante nel 2016, al recepimento della Direttiva Europea del 2015, non ci siano stati aggiornamenti del calcolo del R1 per l’impianto di San Vittore del Lazio, cosa gravissima in considerazione del fatto che lo status R1 sia rimasto erroneamente invariato nel corso degli anni

Il tecnico ha sostenuto davanti alla Commissione Rifiuti he c’è un aspetto ancora più grave. “È l’autorizzazione all’esercizio a carico termico delle Linee 1, 2 e 3 del maggio 2017”: l’ha rilasciata la Regione Lazio. Quelle linee “usufruiscono dello Sblocca Italia, senza che sia stata effettuata alcuna verifica dell’indice R1, ovvero senza nessun aggiornamento del CCF, che era errato fin dall’inizio, ovvero fin dal 2016. Infatti, solo agli impianti a recupero energetico compete la saturazione del carico termico, non agli impianti D10 (gli inceneritori, ndr). Dalle dichiarazioni ambientali pubblicate da Acea si evince chiaramente che le linee di incenerimento 2 e 3 non hanno mai raggiunto la qualifica R1 dal 2016 ad oggi. E che le stesse linee di incenerimento hanno erroneamente usufruito del decreto legge Sblocca Italia“.

 Questo “sta portando all’apertura di una procedura di infrazione presso la Corte di giustizia europea e a una richiesta di risarcimento danni annessa”.

I danni e l’inquinamento

Foto: Carlo Carino / Imagoeconomica

Quali sono i danni per i quali viene prospettata la richiesta di risarcimento? Davanti ai Consiglieri, il tecnico ha parlato di due tipologie di danni. Il primo danno è stimato tra i 45 e i 125 euro a tonnellatadi combustibile solido secondario trattata per la concessione illegittima a saturazione del carico termico”. Un danno collaterale è attribuito al fatto che – se fosse vera questa tesi – dal 2016 “circa 4,5 milioni di gigajoule vengono dispersi a San Vittore del Lazio, causando un doppio inquinamento. E che a Roma lo stesso quantitativo di energia deve essere prodotto attraverso combustibili convenzionali“. Tradotto dal linguaggio tecnico: la teoria sostiene che spendo per svolgere un’attività per la quale non ho l’autorizzazione, disperdo l’energia, spendo per produrre in modo tradizionale quella stessa energia che a Roma mi serve. (Leggi qui).

Non solo, “a questo – ha evidenziato ancora Antonio Mambrosi unisce un problema di triplo inquinamento, in violazione del principio di prossimità”. Cioè? È il problema dovuto al fatto che “la maggior parte dei rifiuti trattati a San Vittore provengono proprio da Roma, con circa 16.000 mezzi che percorrono oltre 300 chilometri di percorso tra andata e ritorno”. 

Possibile che nessuno abbia mai verificato l’autorizzazione? Mambro, davanti alla Commissione ha sostenuto che “Addirittura, a febbraio del 2021 vi è stata l’estensione di validità dell’autorizzazione integrata ambientale con la quale si rinnova l’Aia fino al 2029, senza alcun ricalcolo dell’R1, assumendo che l’impianto esistente sia assimilabile ad impianto a recupero energetico, in base alla delibera del 2016. Cosa gravissima“.

Le conseguenze sulla quarta linea

Il termovalorizzatore di San Vittore del Lazio

Le norme votate dalla Regione dispongono che non si possano realizzare nuovi termovalorizzatori. In questo modo è San Vittore del Lazio a doversi fare carico di tutti i rifiuti che vengono raccolti nel Lazio e poi lavorati per trasformarli in combustibile con cui produrre energia. Nasce da qui la richiesta di autorizzare una quarta linea di lavorazione con cui fare fronte all’aumento del carico dei rifiuti prodotti.

Antonio Mambro sostiene che quella linea però non possa essere autorizzata. Perché? “Lo status R1 alla quarta linea di incenerimento non è improbabile, ma impossibile. -ha sentenziato Mambro – Infatti, per gli impianti autorizzati dopo il 31 agosto 2015, il climate change factor può assumere un valore massimo di 1,12 e non 1,25, come per le linee 2 e 3 autorizzate prima del 31 agosto 2015. Pertanto, visto che il rendimento di targa della quarta linea di incenerimento è simile a quello della seconda e della terza linea di incenerimento e che queste ultime, anche usufruendo di un fattore maggiorato del climate change factor di 1,25 non riescono mai a raggiungere lo status R1 è, pertanto, impossibile che la quarta linea di incenerimento possa effettuare operazioni R1”.

La Regione sostiene il contrario. “Dalla documentazione rilasciata dall’ufficio Aia e dalla Direzione Regionale del ciclo rifiuti si evince come codesto Ente assuma che la quarta linea di incenerimento sia autorizzabile per operazioni R1, cosa non fattibile“.

I numeri smentiscono?

Ci sono però anche altri numeri oltre a quelli esposti da Mambro. Numeri che sostengono una tesi diversa dalla sua. E sono quelli esibiti da Acea Ambiente nei suoi progetti e nelle sue relazioni.

Su quei numeri il tecnico ha un’opinione chiara. Alla Commissione ha fatto notare che “Acea Ambiente ha presentato dei calcoli dell’indice R1 erronei. Vìolano i princìpi basilari della termodinamica”. E la Regione cosa ha fatto? “L’ufficio Via (Valutazione di impatto ambientale, ndr) non ha ritenuto necessario approfondire la questione. Ha mostrato una condotta superficiale, ignorando inspiegabilmente la questione. Si tratta di una questione fondamentale perché l’articolo 35 dello Sblocca Italia, al punto 4, stabilisce che gli impianti di nuova realizzazione devono essere realizzati conformemente alla classificazione di impianti a recupero energetico e non ad inceneritori“.

 Possibile? La Regione è stata presente in Commissione: per lei c’era il funzionario della direzione Urbanistica e Pianificazione territoriale e paesistica, Marco Rocchi. Ha replicato dicendo che “ovviamente, abbiamo operato nel pieno rispetto delle normative vigenti e nel pieno rispetto di tutti i titoli autorizzativi già emessi“. Cioè: mi sono basato sulle autorizzazioni che già c’erano ed ho proseguito da lì?

Il caso delle Bat

Quanto al rispetto da parte dell’impianto delle cosiddette Bat (cioè le migliori tecnologie disponibili)? il direttore tecnico di Arpa Lazio Rossana Cintoli ha evidenziato che nel corso delle varie conferenze dei servizi “noi non abbiamo valutato la piena conformità alle Bat. Nei nostri pareri abbiamo evidenziato all’autorità alcuni elementi di criticità. Dovranno essere valutati in sede di rilascio dell’autorizzazione“.

Marco Cacciatore (M5S)

Già perché per ora la proposta di Acea Ambiente di ampliamento dell’impianto con la quarta linea (passando così, a regime, da circa 400mila tonnellate l’anno a quasi 600mila) ha ottenuto dalla Regione Lazio solamente l’ok sulla compatibilità ambientale. Motivo per cui il presidente della commissione Rifiuti della Pisana, il verde Marco Cacciatore, ha voluto sensibilizzare gli uffici regionali, “nel rispetto della loro autonomia“, sul dato che “gli indirizzi del Consiglio regionale vengano rispettati. In merito al termovalorizzatore, all’ampliamento della quarta linea di San Vittore, leggo testualmente sul Piano regionale dei rifiuti che la termovalorizzazione deve essere residuale e l’incenerimento, per come si classifica questo impianto, va proprio dismesso” ha detto.

Ha concluso i lavori, esprimento una netta perplessità sul fatto che si dovesse andare in questo senso.