I nominati della politica che “giocano” a fascisti e comunisti

Nessuno straccio di progetto vero, nessun programma: la politica preferisce 'giocare' a fascisti e comunisti. Forse perché nulla ha da dire al territorio. Perché non sa cosa dire

Una campagna elettorale che si sta snodando su temi come il fascismo e comunismo, ideologie sepolte dalla storia. Una campagna elettorale senza manifesti, con pochissimi volantini, con una presenza sui social network ossessiva. Una campagna elettorale senza confronti diretti. Come potrebbe essere altrimenti però, visto che il passaggio dal Porcellum al Rosatellum non ha cambiato il vero punto nodale della questione, e cioè che i candidati sono tutti nominati? Alla Camera come al Senato, nel proporzionale come nel maggioritario.

 

Nessun partito ha utilizzato le primarie come concepite, per esempio, negli Stati Uniti. La selezione della classe dirigente non c’è stata, hanno deciso i pochissimi leader dei partiti nel chiuso delle loro stanze. Hanno deciso su una cartina geografica costellata di seggi e circoscrizioni, non preoccupandosi delle istanze del territorio ma avendo cura di sistemare i big nei collegi blindati. Da Bolzano a Lampedusa. Le ribellioni locali hanno prodotto qualche scossone, come in Forza Italia in provincia di Frosinone, ma nulla ha scalfito davvero il sistema. I Cinque Stelle hanno celebrato le parlamentarie, con polemiche furibonde per l’esito del voto. Nulla a che vedere con le primarie classiche.

 

Non ci si può meravigliare dunque se adesso il territorio dove i vari candidati si presentano non viene tenuto minimamente in considerazione. Il vicepresidente nazionale di Confindustria Maurizio Stirpe ha voluto mettere il dito nella piaga e ha fatto bene. (leggi qui Stirpe frusta la politica: «Si lanciano allarmi e poi si fa nulla. Troppe chiacchiere»)

 

Alle regionali non è tanto diverso, perché i candidati sono 106, ma soltanto 6 saranno eletti. Un marasma di ambizioni nel quale è complicato orientarsi e confrontarsi. La conseguenza è che il dibattito, anche dalle nostre parti, si concentra sull’immigrazione, sul fascismo di ritorno, sul comunismo residuale. Non che non ci siano partiti e forze politiche che si richiamano a quegli ideali, ma il fatto è che le emergenze della provincia di Frosinone sono altre: la disoccupazione, l’inquinamento, i servizi, la sanità, i trasporti, le infrastrutture. Nessuno straccio di progetto, nessun programma vero.

Molto più facile giocare a “rossi e neri”.