Molto per sentirci superiori e tutto per capire che siamo eguali

Siamo istruiti, benestanti e per questo diventiamo spesso spacconi, senza capire che queste condizioni non sono qualità, ma doni da usare.

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli

Is. 56, 7

Siamo nati bianchi, europei, occidentali, siamo andati a scuola, abbiamo ospedali, monumenti, biblioteche, cinema, teatri, musei, auditorium. Abbiamo autostrade, ferrovie superveloci, aeroporti, navi da crociera, canali navigabili, dighe, grattacieli, palazzi. Abbiamo musica, pittura, scultura, canto… Abbiamo storia, filosofia, cultura, scienza, laboratori di ricerca… Perché non dovremmo sentirci superiori a chi invece deve lottare ogni giorno per strappare alla natura qualcosa da mangiare?

O trovare l’acqua per i bisogni fondamentali, percorrere decine di chilometri per trovare un medico, lottare con le infezioni batteriche con la medicina tradizionale, spesso inefficace? E difendersi da animali  poco socievoli, affrontare carestie e alluvioni?

La cultura che si è fatta muro freddo

Mussolini e Hitler visitano la Biennale di Venezia

Queste considerazioni sono tutte dentro la nostra cultura: su di esse si sono basate lo schiavismo, quello dell’antichità e quello del mercato degli schiavi trasportati nelle Americhe. Poi la discriminazione contro gli ebrei in Spagna alla fine del 400 e nelle pianure dell’Europa orientale, fino ad arrivare alle teorie razziste della Francia dell’800 poi sfociate nell’ideologie nazifasciste del 20° secolo.

Tutte si basano su l’evidente “superiorità” del mondo europeo su tutti gli altri, al massimo guardati con benevolenza. Senza minimamente riflettere sulle condizioni storiche, geografiche, climatiche, che possono aver portato ad una situazione del genere. E, soprattutto, senza considerare la diversità di valori che può svilupparsi in società tanto diverse.

Inoltre, si tratta di considerazioni che non rammentano quanto fosse differente la condizione dei popoli europei nei secoli scorsi. Quanti, italiani, spagnoli, irlandesi, polacchi, tedeschi, portoghesi, olandesi soffrivano la fame, le malattie, l’emigrazione, le guerre come oggi i popoli di altri continenti.

L’esempio: le donne italiane di un secolo fa

Le scarpe rosse simbolo della lotta alla violenza sulle donne

Basterebbe riflettere un po’ sulla condizione delle donne italiane soltanto di 100 anni fa per comprendere. Comprendere quanto fossero vicine a quelle delle donne di tanti Paesi cui oggi rimproveriamo la compressione dei diritti femminili. E la mancanza del diritto all’istruzione, alla libertà di movimento, al decidere della propria vita.

Su tali considerazioni si basano ancora tanti discorsi che sentiamo nei bar ma anche nei dibattiti televisivi, in cui sono chiamati a discutere solo quelli che urlano più degli altri. Perché conta di più la scazzottatura dei ragionamenti pacati.

Eppure, 7 secoli prima di Cristo, un ebreo, davvero ispirato, di nome Isaia, aveva già evidenziato la debolezza di una tale presunta superiorità. Richiamando tutti i figli di Israele alla comprensione che la superiorità vera è data dalla ricerca della giustizia e dalla pace. E soltanto chi si impegna in difesa di questi valori può aspirare ad essere considerato figlio di Dio.

“Superiori” solo se si è egualitari nella giustizia

I vangeli rilanciano le parole di Isaia, raccontando anche di una specie di  “conversione” di Gesù. Che, pressato dalla donna straniera, una cananea che implora, urlando, il suo intervento per la guarigione della figlia, inizialmente la respinge. Proprio per la sua estraneità al mondo in cui lui è cresciuto.

Ma l’insistenza della donna, la disperazione dei discepoli che non riescono a zittirla, l’amore per la figlia ammalata la rendono profetica. Capace cioè di parlare al posto di Dio, lo cambia, lo “com-muove”, gli apre l’orizzonte del mondo al di là dell’appartenenza ad un popolo.

La fede salva la donna, l’amore per la figlia, la fiducia in quel guaritore di cui tutti parlano. Ecco adempiute le profezie di Isaia: la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”.