Top e Flop, i protagonisti di sabato 27 aprile 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 27 aprile 2024.

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 27 aprile 2024.

TOP

ANTONIO ‘TOTONNO‘ FERRARO

Antonio Grazio Ferraro

È stato un pezzo di storia politica della provincia di Frosinone. Non tanto per i ruoli ricoperti nella Democrazia Cristiana, nell’amministrazione Provinciale, al Comune di Cassino. Al di là dei suoi mandati da sindaco della città martire e presidente della provincia, Totonno Ferraro fu un esempio di correttezza e moralità nella Prima Repubblica. Ma c’è un pezzo poco conosciuto della sua vita.

È quello per il quale il Comune di Pofi lo ha voluto commemorare nelle ore scorse. Celebrando non il politico e non l’amministratore. Ma l’uomo. Che mise a rischio a sua vita per salvare quella di donne e bambini finiti nelle mani delle truppe coloniali francesi, i famigerati goumiers marocchini che durante la Seconda Guerra Mondiale sfregiarono il territorio ciociaro.

Era il 1943. I Ferraro erano sfollati e stavano in una casa diroccata, al Casello ferroviario 98, assieme a qualche altra famiglia. Si trovavano sulla sponda del fiume Sacco presidiata dai canadesi, sull’altra c’erano i Goumier. Scesero dalla collina e guadarono il fiume attraverso una piccola diga. Stavano con papà Salvatore Ferraro, ferroviere calabrese allontanato dal fascismo per il suo credo socialista. Salvatore, aiutato dai due figli Carmelo di 19 anni militare dell’Aeronautica in abiti civili ed Antonio di 16 anni, riuscì a far nascondere la moglie e le altre due figlie. Ma dovettero assistere, sotto minaccia delle armi, a una violenza di gruppo su una giovane in un casolare. 

La cerimonia di Pofi

Carmelo e Antonio non se la tennero. Durante la notte corsero con tutto il fiato che avevano in corpo: dalle campagne al centro di Pofi, dove c’era il comando dei soldati canadesi. I militari si attestarono sulla sponda del fiume e quando i marocchini scesero per ripetere la loro impresa, gli uomini del capitano Anthony Scotti aprirono il fuoco: prima in aria, poi ad altezza d’uomo. Evitando altri stupri di massa. (Leggi qui: I canadesi che salvarono le pofane dalle marocchinate. E leggi anche Sedicenni che non se ne fregano. Come fece Totonno).

Si salvarono grazie al coraggio di Totonno ed al senso dell’onore dei soldati canadesi. Ed a distanza di ottant’anni, la terra di Pofi ha voluto rendere omaggio alla loro memoria.

Le buone azioni attraversano il tempo.

ALESSANDRO ORSINI

Alessandro Orsini (Foto: Valerio Portelli © Imagoeconomica)

A riprova, ove mai ve ne fosse bisogno, del fatto che la ragione non è mai inquilino fisso se non nelle teste dei “preconcettualisti”, spunta un ragionamento di Alessandro Orsini “giusto”. E non perché quelli del docente ed ospite preferito di Bianca Berlinguer siano ragionamenti sbagliati a prescindere. Abbiamo già spiegato per “più fiate” che quello che dice Orsini è fuori squadra più per come lo condisce che per certa sua parte di merito.

Ed invece stavolta l’esperto di geopolitica e docente universitario è andato al top di gamma anche in quella parte che di solito lo vede zoppicare più facilmente. Cioè quella dell’impalcatura delle sue polemiche. L’occasione l’ha data l’ultimo step di un lungo battibecco social con Giuseppe Cruciani. Orsini si gioca la briscola dello zucchero a glassare l’assenzio.

Ospitate in tv e “rifugio” Youtube
Alessandro Orsini

Premesso che ti voglio sempre più bene e che amo la tua libertà sprecata, è chiaro che affermi il falso. È infatti falso che: ‘Il Professor Orsini fa i video su YouTube come fosse una Chiara Ferragni qualunque perché nessuno lo invita più in televisione’”. Ecco, oggettivamente è vero e quella di Cruciani è apparsa più come un’iperbole da malmosto accumulato che una radiografia motivata.

Per un attimo Orsini poi scarroccia, ma solo per un attimo.A parte il fatto che Chiara Ferragni potrebbe comprarvi con tutta la baracca semplicemente rompendo il salvadanaio appoggiato sul comodino la settimana scorsa, che non mi pare proprio una cosa da persona ‘qualunque’”. Poi dopo aver aggiogato la meritocrazia al censo (a pensarci bene come un laqualunque tra tanti), Orsini affonda. “Tutto quello che dite di me è volto a ritrarmi sempre in forme degradanti, ‘feccia intellettuale’ inclusa”. Qui Orsini non lo sa ma è parso emulare un furente Enzo Salera di qualche tempo fa.

La verità sostanziale del prof
Bianca Berlinguer ed il professor Orsini in trasmissione

E poi: “Ristabiliamo la verità sostanziale dei fatti per disarmare i miei haters a voi devoti. Gli inviti che ho ricevuto da parte di tutte le reti televisive di questo Paese sono documentati per iscritto, ma non li rendo pubblici per correttezza, con compensi stellari che ho sempre rifiutato. È stata una mia scelta di essere in televisione soltanto da Bianca Berlinguer. È una mia decisione di non essere in televisione tutti i giorni. I compensi che ho rifiutato in questi due anni – in gettoni di presenza TV e contratti di collaborazione vari per le mie analisi – superano i 200.000 euro”.

Indelicato come sempre? Forse, anzi, quasi certamente sì. Mendace? Assolutamente no? Urticante? Almeno stavolta solo con chi gli ha dato dello sfigato da web mainstream. Ed Orsini, piaccia o meno, è molto di più.

La ragione scomoda.

FLOP

ANNA MARIA BERNINI

Anna Maria Bernini al Consiglio Nazionale di Forza Italia (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Il sospetto è forte ma non c’è ancora la prova regina. E’ quello per il quale Anna Maria Bernini abbia dimenticato che gli atenei sono da sempre luoghi di discussione. E di fiera contrapposizione di idee. Va sempre più o meno così, con le università. Chi avversa il movimentismo che vi attecchisce si affanna a spiegare che lì, proprio perché si hanno più strumenti culturali, dovrebbe regnare la pace.

E chi motiva quei moti controbatte che proprio perché lì gli strumenti intellettivi abbondano la frizione tra idee è (legittimamente e fisiologicamente) più forte. Poi ovviamente di mezzo e come sotto-categoria ci si mettono i polarizzati che contano le botte: quelle date dagli studenti e quelle data dalla polizia. Dimenticando oppure omettendo volontariamente che quella è una categoria a parte, dove la violenza è male comunque e dovunque.

La ministra dell’Università del governo Meloni però sembra aver dimenticato che, in quanto tale, lei dovrebbe essere totem di tutte le istanze tra quelle legittime. Ed ha scelto di parteggiare, ovviamente con chi comanda.

La definizione di “disordini”
Foto: Leonardo Puccini / Imagoeconomica

Gli atenei sono e saranno sempre luogo del confronto, della critica e anche del dissenso”. Certo, cara ministra, certo ed ovvio. “Ma i disordini della Sapienza dei giorni scorsi, o alla Federico II, non si possono classificare come forma di dibattito o libera manifestazione di un pensiero critico. Sono violenze”. Vero cara ministra, ma forse urgeva un distinguo tra “disordine” inteso come diritto di manifestare e “disordine” inteso come volano di violenza. Sennò nella categoria “disordine” ci finisce anche il dissenso, e benebene non va.

Ho chiesto al ministro Piantedosi di convocare un comitato per l’Ordine e la sicurezza dedicato alla situazione nelle università. Non vogliamo militarizzare gli atenei, ma tutelare la loro libertà”. E come, cara ministra? Chiamando il responsabile massimo della Polizia?Tutte le opinioni sono legittime, anche le più radicali. Il discrimine, semplicemente inaccettabile, è la violenza che minaccia il concetto stesso di università come luogo di democrazia”.

Sos polizia, ma non va

Ci siamo ma sempre con il “neo” di prima: così si generalizza e una manciata di facinorosi va fagocitare una massa di arrabbiati. E la rabbia va tutelata, sempre. “Ricerca e scienza devono rimanere strumenti di pace che tengono vivo il rapporto di amicizia che lega tutti i popoli. Le Università aprono le porte, non le chiudono”. Verissimo, signora ministra, ma solo in parte. Quello che devono fare le università nei confronti della Storia non lo decide lei o chi governa, lo decide la Storia. E la piega a volte amara che essa prende.

18, a stento.