I dazi di Trump fanno tremare Alfa Romeo a Cassino

I dazi doganali di Donald Trump rischiano di determinare conseguenze serie sui modelli Alfa Romeo prodotti a Cassino Plant. Giulia e Stelvio hanno moltiplicato per 23 volte, in un solo anno, le vendita del biscione in Usa

Dopo quello in Cina ora scatta l’allarme Usa per il gruppo Fca. Le preoccupazioni maggiori sono per il marchio Alfa Romeo e per i modelli realizzati a Cassino Plant: Stelvio e Giulia.

L’allarme è per i dazi doganali che il presidente degli Stati Uniti di Donald Trump sta minacciando contro l’industria automobilistica europea. Vuole rallentare l’arrivo di auto dall’estero, privilegiare in questo modo i produttori Usa.

 

LA SINDROME CINESE

Proprio le misure di protezione sull’Import/Export nell’autunno scorso avevano determinato un improvviso blocco delle esportazioni di Giulia e Stelvio sul mercato cinese; la conseguenza era stata il mancato rinnovo del contratto di lavoro ad oltre 500 interinali che da sei mesi lavoravano sulle linee Alfa Romeo di Cassino Plant.

L’iniziativa di Donald Trump rischia di determinare ora ripercussioni strategiche sui programmi più innovativi che Fca stava sviluppando. Il rischio è che vengano messi in discussione programmi ed investimenti miliardari Fca sullo sviluppo dei motori elettrici e sulla guida autonoma. Programmi che al momento vedono scambi e collaborazioni fra le due sponde dell’Atlantico.

 

I NUMERI UE

Il ramo Automotive vale il 10% degli scambi commerciali fra Europa e Stati Uniti.

Gli Usa sono oggi il terzo grande esportatore di auto in Europa in termini di valore: le auto statunitensi sono state il 15,4% delle importazioni europee nel 2017.

Per contro, il mercato Usa è il primo e più importante per le esportazioni europee di automobili: negli Stati Uniti arriva il 20,4% dei modelli di auto Ue, che corrispondono al 29,3% del portafogli.

Il ruolo dei costruttori europei nel mercato Usa è tale che che alcuni di loro, come Bmw, hanno impiantato la loro fabbrica sul suolo americano.

Gli Stati Uniti sono molto importanti anche per l’industria automobilistica italiana, come indicano i dati dell’Anfia rilevati a novembre 2017: con un valore di 469 milioni, gli Usa rappresentano il primo Paese dell’export di autoveicoli per l’Italia.

 

I NUMERI DEL BISCIONE

Il mercato usa è strategico per i conti Fca. Nel 2016 Alfa Romeo vendeva sul mercato Usa appena 528 vetture. Ora, grazie al nuovo collocamento del brand Alfa Romeo ed alle sue produzioni nel segmento premium, le vetture prodotte a Cassino Plant si sono ritagliate una considerevole fetta di mercato.

I modelli Stelvio e Giulia hanno convinto gli automobilisti americani. tanto che l’autorevole rivista Motor Trend ha persino incoronato la Giulia “auto dell’anno”.

Buona parte del successo è legata all’allestimento TI Sport, soprattutto abbinato a colori brillanti.

I calcoli dell’agenzia Bloomberg dicono che in un solo anno Alfa Romeo, grazie alle produzioni di Cassino Plant, ha moltiplicato le sue vendite per quasi 23 volte. E dalle 528 vetture vendute nel 2016 si è passati alle 12.031 vendute nel 2017. È stato il maggiore incremento registrato lo scorso anno fra i car brand in Usa.

Non si vedeva un dato del genere dal 1986 grazie alla versione America della mitica Duetto: ne vennero vendute 8.200 .

 

I CALCOLI DI MARCHIONNE

Sergio Marchionne stima che l’introduzione dei dazi sulle auto europee costerebbe solo al marchio Ferrari 200 milioni di euro all’anno. Ma non teme contraccolpi sulle vendite: chi sceglie una vettura di Maranello si mette in fila, aspetta anche un anno per avere la sua auto costruita su misura, non si impressiona di un eventuale ritocco sul prezzo a causa dei dazi.

L’incubo potrebbe essere invece per Alfa Romeo, Maserati, 500 e persino per la Jeep Renegade che viene prodotta a Melfi ed esportata negli States.

In termine di vendite, i dazi potrebbero incidere in maniera determinante sul segmento premium.

Proprio per questo l’amministratore delegato Fca da Ginevra ha esortato l’Europa alla prudenza. E ad evitare di infilarsi nel tunnel delle rappresaglie economiche. «Anche perché – ha detto – se si dovesse fare la guerra dei dazi alla fine vincerebbe l’America. Basta guardare la sua bilancia commerciale: importa più di quanto esporta».