Automotive, indietro “quasi tutta” sul termico, e malgrado Cassino

I segnali del ritorno alle vecchie piattaforme che arrivano da Mirafiori e la visione strategica molto più soft di Romano Prodi. Perché Il Green Deal subito è difficile. La situazione di Cassino. Ed i 200 posti da tagliare. Già da domani

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Stla Large sì, ma non ci allarghiamo troppo perché il termico è come Sandokan e la tigre è ancora viva. Tigre pirata quasi fatta fuori in quel glorioso 2019, quando Greta Thunberg divenne icona di un cambiamento necessario e giusto. Ma che, come tutte le cose che mancavano dalle agende di lungo corso, era arrivato a valanga, rapido. Ed affatto indolore per un’Europa che dovette ingoiarlo più come medicina amara che come rivoluzione di sistema.

Da metti un tigre nel motore a mettilo in ricarica è stato un attimo. La cartina di tornasole sono l’automotive e le rotte delle case automobilistiche. Ed è soprattutto Stellantis, inutile girarci intorno. Che prima di arrivare a Cassino-Piedimonte San Germano è cartina cromatica che va tuffata nel marker di Mirafiori. Dove il termico è vivovivissimo. Anzi, redivivo.

Tavares, Stla Large ma senza “allargarsi”

Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica

Sì, è tornato. Come quei sovrani furbi che dopo le rivoluzioni e le capocce tagliate arrivano a restaurare un mondo che tutto sommato funzionava. La pandemia e due guerre a seguire hanno rimesso al centro il problema dell’energia in purezza. Cioè di come la devi produrre in grandi quantità per sopperire a quel che la Storia ti ha tolto in meno di 4 anni. Dalle tasche. E il mondo a questo Ancien Regime ha risposto con nuove rotte, meno talebane. E che a volte sconfessano (o ridimensionano) quel che prima si era detto, fatto e legiferato. Un casino.

Casino che trova la sua cifra a Mirafiori. Questo dopo che l’ex stabilimento Maserati di Grugliasco era finito in odor di acquisto da parte di un imprenditore visionario che vuole produrre a prima hypercar elettrica al mondo. Si chiama Gianfranco Pizzuto ed il suo sogno ce lo aveva spiegato bene. Premesso che bisogna vedere quanto resterà sogno e quanto diventerà concreta e rombante realtà: ma lui venderà ai ricchiricchi. E quindi i problemi che hanno le grandi case mainstream non lo toccherebbero. Lui è tematico, le altre sono generaliste. Nessuno studia Netflix se i guai lì ha il preserale del Biscione.

La 500 elettrica? Bella, ma vende poco

Gianfranco Pizzuto e la sua Fulminea

Clubalfa l’ha messa giù senza remore, la situazione a Mirafiori. “Fiat 500 elettrica vende poco. A febbraio sono state consegnate poco più di 240 unità. Si tratta di un numero pari alla produzione di un giorno e mezzo presso lo stabilimento di Mirafiori”. Ci sono problemi per Stellantis? Certo, tanto che il gruppo “è stato costretto a fermare la produzione già per un lungo periodo in questo inizio di 2024 nel suo stabilimento piemontese. Ed ecco allora che si cercano soluzioni per risolvere la difficile situazione”.

Ecco, quali soluzioni? “Spostare la produzione della Fiat 500 termica, che attualmente viene prodotta presso lo stabilimento Stellantis di Tychy in Polonia, proprio a Mirafiori”. Che significa in scala di analisi produttiva? Che la produzione della 500 tradizionale è 10 volte superiore a quella della 500-e e che non si può non tener conto di questo dato.

Nemmeno le cinesi. Meno male

La Leapmotor T03, la city car cinese che verrà prodotta da Stellantis a Tichy

Un’indiscrezione raccolta e rilanciata dall’agenzia specializzata in Economia, la storica ed affidabilissima Reuters, anticipa che nel prossimo trimestre lo stabilimento polacco Stellantis di Thychy comincerà a produrre la To3. Sono le city car elettriche Leapmotor, la startup cinese con cui il gruppo Stellantis ha siglato una joint-venture da 1,6 miliardi di dollari. Chi vede le cose in maniera disfattista ritiene che Mirafiori stia rischiando davvero grosso e di uscire dalla mappa dell’automotive mondiale.

La realtà dei fatti è che le city car non portano economia. Perché sono auto concepite come le primissime Panda: solo l’essenziale e pure qualcosa in meno. La componentistica al loro interno è concepita per quel segmento di auto. A prima lettura si potrebbe dire: embé, basta che gli operai stanno sulla linea e portano lo stipendio a casa. Errore madornale. Perché fare Grecale, Giulia e Stelvio richiede una componentistica di altissimo livello per essere competitivi e la componentistica viene fatta almeno per il 50% da fabbriche ed imprese della zona: quelle auto danno da lavorare non solo agli operai della linea Stellantis ma mettono in moto un sistema economico molto più largo e ricco.

È esattamente per questo che le T03 non verranno fatte a Mirafiori. “Se ci sarà sostenibilità economica, le produrremo in Italia”, aveva affermato il Ceo Stellantis carlos Tavares. Significa che farle in Italia non conviene. Qui l’energia costa troppo e la fiscalità è ancora troppo alta. Per convenire bisogna produrre auto di livello più alto.

Il futuro elettrico sta in provincia di Frosinone

L’arrivo del Ceo Carlos Tavares

Green Deal? Sì, ma a step e senza abboffate, di certo non come l’ha messo a terra l’Europa di 4 anni fa. A Cassino lo stabilimento Stellantis Italia ha dalla sua la recente conferma dell’annuncio fatto un anno fa da Tavares. Quello per la produzione di veicoli dei marchi premium e di lusso, quali Alfa Romeo e Maserati. Ecco, lì si potrà andare in purezza, con l’estensione dell’attività produttiva alla produzione di veicoli sulla piattaforma BEV flessibile STLA Large.

E’ elettrico il futuro di Cassino, ma riguarda una nicchia produttiva che non attiene i grandi numeri con cui l’economia la fai, non la subisci. Perciò il discorso generale è più ampio. E difficile. Tanto difficile che al di là dell’annuncio del CEO Carlos Tavares su Cassino perfino uno come Romano Prodi ha dovuto fare una mezza retromarcia.

Il professor Prodi che aggiusta la rotta

Romano Prodi (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

Il professore ha due problemi che sono uno solo. In punto di politica deve rendere conto più alle Europee di giugno che all’Europa del 2019. Ed in punto di opportunità deve spiegare che quel “talebanesimo buono” è finito sotto la scure di una storia imprevista. E che ha cambiato molte cose. Non ha sovvertito tutto, sia chiaro, ma ha fatto al Green Deal quello che la morte di Robespierre fece ai sanculotti: ha tolto la ghigliottina e rimesso il riformismo sornione in primo piano.

E con esso un’Europa dei mercati che deve diventare “del mercato”, unico e davvero. Ci sta pensando (anche) Enrico Letta che relazionerà tra qualche settimana e con il quale Prodi si è fatto una foto social recente che è molto più di un armarcord dem. Come lo riformi l’automotive dopo che per anni tutto e tutti hanno gridato che andava rivoluzionato?

La nuova mobilità di Piedimonte San Germano

Carlos Tavares (Foto: Canio Romaniello / Imagoeconomica)

Tenendo certissimamente conto di quello che aveva detto Carlos Tavares su Cassino, certo. “I veicoli basati sulla piattaforma STLA Large che stiamo progettando rivoluzioneranno l’esperienza di guida grazie a funzionalità e caratteristiche all’avanguardia”. Poi il liscione: “Il supporto dei dipendenti di Cassino e la lungimiranza delle autorità locali e nazionali sono per noi un grande stimolo. Per sviluppare veicoli in grado di conquistare i clienti con una mobilità pulita, sicura e accessibile.

Ma non solo con quello e Prodi lo sa, specie adesso che sta per lasciare il “posto” di padre nobile dei prog nostrani a Paolo Gentiloni. I clienti sono spaventati dalle sfide dell’elettrico perché l’elettrico puro costa un botto e non ha uno scenario omogeneo settato sulla sua irruzione. Insomma, è cambiato il clima economico oltre che quello meteo.

Prodi ha dovuto certificare quindi non tanto un “indietro tutta”, ma un “avanti mezza” su un settore che resta cruciale ma che ha bisogno di più tempo. Magari di tempi migliori per andare tondo ad affermare null’altro che la sua singolarità necessaria. “Il problema è che ogni politica deve essere applicata in modo appropriato. Ho dedicato tante energie all’ambiente, dal Protocollo di Kyoto in poi”.

Usa, Cindia e Brasile: sta tutto là

Foto © Recondoil

Qualcosa è cambiato dunque, e adesso vige il dovere di cogliere gli aggiustamenti di rotta più di quanto non viga l’obbligo di seguire la mappa originaria. Serve uno di quei gloriosi “tuttavia” che rimettono tutto a fuoco. Ed in gioco. “Tuttavia l’idea di puntare tutto su una sola tecnologia (l’elettrico, ndr). O che entro pochi anni non si possono più produrre più auto a combustione interna, la trovo assolutamente sbagliata.

Tutto questo è contraffortato poi da una realtà che solo a Bruxelles pare non abbiano voluto vedere. O che, pur vedendola, non abbiamo voluto mettere a regime analitico. Bruxelles è debole in questo ambito. Il senso è che l’Europa vuole lodevolmente essere il soldato che scatta per primo fuori dal fango della trincea. Ma che non si accorge che in quella trincea non c’era nessun altro. Perché Brasile, Usa e Cindia non hanno mai seguito l’usta del Green Deal, e quei Paesi là da soli fanno i guai o le gioie di tutto il mondo. Perciò se non cambiano in sincrono loro la sola cosa che resta al Vecchio Continente è un’economia regolamentata e meritevole di una medaglia scout, ma asfittica.

Il professor Prodi lo sa e ha chiosato nello studio di Corrado Formigli: “Le politiche ambientali non possono essere solo italiane né solo europee. Tutti insieme facciamo il 7-8% dell’inquinamento. Quindi bene se vogliamo fare la ‘nave-scuola’, ma attenzione, non possiamo andare al di là delle nostre possibilità. Che è un po’ come dire che le battaglie le vincono le flotte, e che quella del G7 ha troppe bandiere in pennone.

Il nodo al pettine

Il G7 di Trento (Foto: Massimiliano De Giorgi © Imagoeconomica)

E che una nave ammiraglia ma sola ha il destino segnato: o trova la bonaccia e non veleggia, oppure trova le cannonate nemiche e con esse il fondale.

Sta tutto qui il piano che scatterà lunedì e che era stato anticipato almeno un anno fa da Alessioporcu.it: il piano di esodi incentivati con il quale abbattere il numero dei dipendenti. Non era un segreto. Per nessuno. I sindacati da almeno un anno e mezzo ne stanno discutendo: Ferdinando Uliano, il Segretario nazionale della Fim Cisl proprio a Cassino in una delle Aule dell’università aveva lanciato l’allarme. Avvertendo che per fare le nuove auto elettriche sarebbero servite molte persone in meno. E poneva già allora una questione: occorre riconvertire queste persone, insegnasrgli un altro lavoro perché il loro molto presto non ci sarà più.

Quel molto presto è arrivato. Dalle prossime ore scatta il piano anche a Cassino Plant, si stima un taglio di 200 posti che porterà il totale dei dipendenti sotto i 2500. Erano 5mila ai tempi di Marchionne. Gli incentivi sono dimensionati sulla base dell’età del lavoratore: variano da 35mila euro ed 80mila euro per chi ha 55 anni. Il vero dramma è che nessuno ha trovato cosa fargli fare e quale nuovo lavoro insegnare gente che è ancora lontana dalla pensione.