A colpi di post, selfie e cicorione (di R. Cacciami)

L'incendio al termovalorizzatore di San Vittore: monta la protesta. Ma senza scomodarsi, senza muovere un passo: a colpi di post, selfie e cicorione.

Rita Cacciami

In punta di stiletto. Il veleno è previsto nella ricetta.

Accade nell’infanzia. La luce è accesa, la mamma ti coccola, tutto procede a dovere. Quando la stanza si svuota, calano le tenebre e sale il vento. A quel punto ti accorgi che ogni rumore è sospetto. Ogni scricchiolio è un potenziale pericolo. Al risveglio, il sole predispone ad un più normale controllo della situazione.

Quanto accaduto nell’immediatezza dell’incendio e nelle ore successive a San Vittore deve aver avuto più o meno la stessa genesi ed evoluzione. La nube, il fumo, le fiamme. Il buio della sera. Il senso di smarrimento, il pensiero che va subito alla tossicità, alla malattia, all’insalubre, alla morte.

Tutto sotto controllo, dicono. Ma i cittadini incalzano, chiedono, pretendono chiarezza e tempestività. Restano incollati agli smartphone per ore e chiamano tutti alle armi.

Bisogna reagire, alzare la voce, basta con le teorie e i diagrammi. Controlli e contro-controlli subito.

Le scuole si chiudono? La frutta si può mangiare? Il sindaco di San Vittore nottetempo emana l’ordinanza. E spariglia le carte.

Un fazzoletto di terra, un quadrilatero di comuni e l’inceneritore al centro. Ma nell’immediato i primi cittadini di Cervaro, Rocca d’Evandro e Cassino restano spiazzati. Le mele di Cervaro restano commestibili, le verdure di Cassino altrettanto. In tarda mattinata diventano poi potenzialmente pericolose.

Intanto, dinanzi ai cancelli dell’impianto è il deserto. Armiamoci, compagni. Ma solo online. Senza striscioni, senza slogan. E senza muovere un solo passo. A colpi di post, selfie e cicorione.