Ceccano e “I Giorni dell’ira”: la Memoria condivisa

La Pro Loco e altre 27 associazioni di Ceccano avviano il programma per la conservazione della Memoria di deportati e vittime locali della Seconda guerra mondiale. E l'elenco dei 215 internati ceccanesi, militari e civili, verrà condiviso anche sul sito del Comune.

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

«Ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza». Fu così che il maresciallo Pietro Badoglio, appena messo a capo di un governo tecnico-militare, annunciò l’Armistizio di Cassibile l’8 settembre 1943. È da lì che iniziarono “I Giorni dell’ira”, come li hanno ribattezzati la Pro Loco e altre ventisette associazioni di Ceccano.

Hanno sviluppato un programma per la conservazione della Memoria cittadina. Hanno prodotto un calendario annuale di eventi. Una rarità assoluta in città, «perché – sostengono – chi ha vissuto la guerra non ci sarà più tra dieci anni, quindi vogliamo restituire questa memoria alle future generazioni, soprattutto di Ceccano». L’iniziativa è chiamata così perché «l’ira è molto più potente della guerra in quanto incontrollabile».  

Il programma è stato presentato nel parco di Castel Sindici, allora comando tedesco. Ed è partito in un altro luogo simbolo: la chiesa di Santa Maria a Fiume, bombardata durante la guerra. È stata l’occasione per commemorare 215 internati militari e civili originari di Ceccano: ricercati e riportati alla Memoria da Luigi Compagnoni, già consigliere comunale.

«Onore ai ceccanesi internati»

Ha proposto di presentare la richiesta di conferimento della medaglia d’onore da parte del presidente della Repubblica. «Un’istanza che punta a un risarcimento soprattutto morale nei confronti dei cittadini deportati e internati nei lager nazisti nell’ultimo conflitto mondiale – ha detto Compagnone ai presenti -. L’istanza può essere inoltrata dagli eredi e le cerimonie di consegna si svolgono il 27 gennaio, in occasione della del Giorno della Memoria, oppure il 2 giugno in occasione della Festa della Repubblica».

Era il posto giusto per dirlo. Perché oltre al sindaco Roberto Caligiore c’erano anche vari familiari dei deportati. «Hanno portato le storie di nonni, zii e parenti – accentuano il presidente della Pro Loco Danilo Diana e la portavoce della rete associativa Loredana Alvitiricordando quelle 215 storie che sono riemerse dagli archivi tedeschi per far rivivere esperienze terribili. Ma anche episodi di amicizia, amore abbandonato e rimpianti. Affetti lasciati, ansia del ritorno, sofferenze e speranze».

A rendere più preziosa la manifestazione è stata la presentazione del libro “Il Barbiere dello Stalag VI” di Paolo Angeloni: la storia di suo padre Aldo, di Velletri, uno degli Internati militari italiani (Imi). Il suo nome, come gli altri, era ormai un numero di matricola: 78769. Lui, per un taglio di capelli, riusciva a mettere sotto i denti una buccia di patata.

Catturati dopo l’Armistizio

La scheda di Angeloni

I giovani ceccanesi furono catturati quasi tutti nelle basi del servizio militare dopo quell’illusorio 8 settembre. «Espressero il loro no alla guerra – riporta Compagnoni -. Soltanto uno degli internati ceccanesi aderì alla Repubblica Sociale Italiana. Tutti gli altri preferirono la prigionia alle proposte allettanti che ricevevano per tornare a casa, dopo che erano stati catturati nei luoghi dove svolgevano il servizio militare. Abbandonati da chi avrebbe dovuto preoccuparsi della loro salvezza».

Non erano più prigionieri di guerra, visto che l’Italia era ormai cobelligerante: in guerra con gli Alleati e i Partigiani contro il comune nemico nazifascista. Compagnoni, dopo l’illustrazione della sua approfondita ricerca storica, ha consegnato il tragico elenco agli intervenuti.

È intervenuta una memoria storica locale: l’ex sindaco Angelino Loffredi, che ebbe i natali il 2 luglio 1941, oltre due anni prima dell’Armistizio. La tregua fu accordata cinque giorni prima dal generale Dwight Eisenhower, comandante in capo degli Alleati e venturo presidente degli Stati Uniti. I giornali del tempo azzardarono a titolare: «La guerra è finita». Ma è passato alla storia come Armistizio Corto. E, in realtà, diede il via all’occupazione e al rastrellamento da parte dei tedeschi.

Memoria dei “Giorni dell’ira”

Foto © IchnusaPapers

Se la Seconda guerra mondiale costò la vita a 300mila militari italiani e oltre 150mila civili, più o meno uno su quattro morì dopo l’Armistizio Corto. Mentre furono quasi 750mila i militari e civili italiani deportati nei campi di concentramento (Lager) e di prigionia (Stammlager o Stalag).

Nei “Giorni dell’ira” vennero rastrellati e internati anche quei 215 ceccanesi. Undici di loro non tornarono più a casa: Felice Alternati, Domenico Battista, Vitaliano Calenne, Pietro Ciotoli, Vincenzo Del Brocco, Cesare De Santis, Michele Di Mario, Giovanni Mastrogiacomo, Alberto Misserville, Vittorio Morrone e Guido Rispoli. Tra i deportati c’era anche due donne: Antonietta Gallucci e Celeste Compagnone.

Tutti gli altri figurano nell’elenco provinciale dei reduci Imi, gli Internati militari italiani, e nei fascicoli matricolari dell’Archivio di Stato di Frosinone. Nonché negli Archivi di Arolsen, il centro internazionale sulla persecuzione nazista, nel cuore della Germania.

Anche sul sito del Comune

Caligiore e Compagnoni

Il sindaco Roberto Caligiore lo definisce «un importante convegno» in cui ha voluto portare la vicinanza dell’Amministrazione comunale «alle famiglie di quei Ceccanesi militari e civili internati – precisa – nei lager dei Nazisti e degli Alleati dal 1943 al 1945». Ha richiamato così anche i 600mila militari italiani che, ancor prima di diventare cobelligeranti, finirono nei campi di prigionia angloamericani.

Caligiore ringraziato l’architetto Luigi Compagnoni «per aver condotto le importanti ricerche storiche e per avermi invitato – evidenzia ancora – in un clima di rispetto istituzionale e di collaborazione che anche noi, come Amministrazione, gli abbiamo assicurato nel supportare le sue ricerche».

L’Amministrazione di Centrodestra, tacciata spesso di scarsa Memoria da parte del Centrosinistra locale, era presente ed emotivamente coinvolta. «L’Amministrazione Caligiore riconosce il sacrificio e le sofferenze degli internati – ha dichiarato il primo cittadino di Ceccano – e intende rendere loro il giusto tributo pubblicando sul sito del Comune l’elenco degli Internati Militari Italiani originari di Ceccano con l’auspicio che possa servire da sprone nella ricerca della Memoria della nostra comunità».

Le prossime commemorazioni

Goffredo Bianchi

Il prossimo evento, nel mese di ottobre, vedrà protagonista l’ex sindaco Angelino Loffredi. Racconterà la storia del capitano Goffredo Bianchi, veterinario della brigata alpina Taurinense. Un ceccanese e padre del suo amico d’infanzia Emilio che, com’è stato anticipato, «resistette per trenta giorni in Montenegro prima di arrendersi ed essere imprigionato».

Loffredi, dal canto suo, ha anche esternato che «in tutti questi anni, passati anche a dirigere la cosa pubblica, non mi era mai capitato di vedere ventisette associazioni mettere da parte gelosie e invidie per organizzare un programma che si prefigura già oggi come qualcosa di mai realizzato in città».

Il prossimo 3 novembre, a ottant’anni dal primo bombardamento registrato a Ceccano, verrà poi proiettato il documentario “Ore dieci e quaranta. I testimoni raccontano”: realizzato nel 2004 dall’associazione IndieGesta con i volti e i ricordi dei sopravvissuti. Ha ricevuto il premio giornalistico internazionale “Inars Ciociaria”, contribuendo anche al riconoscimento della Medaglia d’argento al merito civile per la Città di Ceccano.

I bambini uccisi da uno scoppio

L’articolo del Messaggero del 1951

Ma la guerra continuò ad uccidere anche dopo che finì per davvero. Il primo dicembre 1951 Ceccano fu colpita da una tragedia finita nel dimenticatoio: la morte di cinque giovanissimi studenti all’uscita della scuola in località La Botte. «Cinque bambini – titolò Il Messaggero tra le ultime notizie della notte – uccisi da uno scoppio a Ceccano».

Furono vittime dell’esplosione di una bomba lungo l’odierna via Anime Sante, verso Patrica. «Accorrevano sul posto numerosi abitanti della località i quali si trovarono di fronte a uno spettacolo tremendo – si legge ancora con fatica –. Tutti e cinque i bambini giacevano per terra immersi nel proprio sangue e, mentre tre erano già morti, gli altri due morivano pochi istanti dopo».

I loro nomi erano Giuseppe Ciotoli (10 anni), Francesca Cristofanilli (11), i fratelli Giuseppe e Vincenzo Di Pofi (12 e 10) e Domenico Mastrogiacomo (8). Una cronaca dettagliata, anche in questo caso, è stata assicurata da Angelino Loffredi. Sono anche compianti prozii e zii di tanti ceccanesi ancora in vita.

I reduci Imi: Internati militari italiani

Nell’elenco provinciale dei reduci Imi ci sono Luigi Olmetti, Giuseppe Alviti, Sante Anelli, Francesco Arduini, Salvatore Bartoli, Mariano Capoccetta, Raffaele Carcasole, Angelo e Vincenzo Casalese, Amerigo Cataldi, Domenico Cavese, Francesco Celenza, Felice e Francesco Celli, Pasquale Cerroni, Domenico Cervoni, Agostino e Pietro Ciotoli, quattro Cipriani (Antonio, Giuseppe, Mario e Vincenzo), Lorenzo Colapietro, Giuseppe e Salvatore Compagnoni, Giuseppe Crocca, Cesare D’Amico, Nicola D’Annibale, Mario e Vincenzo D’Arpini, Benedetto De Luca e sei Del Brocco (Angelo, Benedetto, Domenico, Giovanni, Pasquale e Pietro).

E poi ancora: Agostino e Pietro De Santis, Matteo e Michele Di Stefano, Alfonso Di Pofi, Luigi Del Buono, Lorenzo Ferri, Francesco e Salvatore Fiacco, Angelo Francivalli, Giuseppe Fratangeli, Domenico Greci, Basilio Incitti, Giovanni Laurenti, Gabriele Liburdi, Luigi Lima, Giuseppe Lucchetti, cinque Malizia (due Domenico, Fortunato, Lorenzo e Luigi), Alberto Maliziola, Romolo e Vincenzo Mancini, sei Masi (Domenico, Francesco, Lorenzo, Pietro, Tommaso e Vincenzo), Alessandro Massa, Gabriele Mastrogiacomo e sei Maura (Angelo, Antonio, Felice, Lorenzo, Michelangelo e Vincenzo).

Completano la lista Innocenzo e Michelangelo Micheli, Francesco Nicolia, Vincenzo Novelli, Angelo Palatta, Angelo Panella, Armando Parieti, Luigi Passeri, Andrea e Vincenzo Pizzuti, Salvatore Riccerelli, Francesco Rizzo, Camillo Ruspantini, Luigi Santoro, Andrea Santucci, Antonio Scaramuzza, Vincenzo Segneri, Lorenzo Silvaggi, Luigi Spinelli, Giuseppe e Luigi Staccone, Felice Stacconi, tre Stella (Giovanni e due Giuseppe), Giuseppe Stelloni, tre Tiberia (Colombo, Felice e Luigi) e Innocenzo Tiberio.  

Gli altri internati militari e civili

Furono deportati anche altri tre Anelli (due Antonio e Giuseppe), Giovannino Aversa, Antonio Ardovini, altri tre Bartoli (Francesco, Michelangelo e Pio), Domenico Bucciarelli, Giacinto Carlini, Antonio Carnevali, Francesco Cavese, altri quattro Celenza (Antonio, Cesarino, Innocenzo e Luigi), altri dodici Ciotoli (due Antonio, Francesco, Giuseppe, Lorenzo, Luigi, Mario, Paolo, Pasquale, Remo Leonardo, Salvatore e Vincenzo).

Seguono, sempre in ordine alfabetico, Luigi Cipriani, Luigi Colafrancesco, Aldo Corsanici, Lorenzo Cristofanilli, Giuseppe e Nicola D’Ambrosi, due Lorenzo D’Annibale, Paolo Diana, altri dieci Del Brocco (Antonio, Archimede, Domenico, Felice, Francesco, Lorenzo, due Luigi, Michelangelo e Salvatore), Luigi e Salvatore D’Emilio, Carlo Diana, Giuseppe Di Pofi, Giuseppe Ferri, Rosato Fiacco, Michelangelo Fiori, Angelo Fratangeli, Annito Giudici, Luigi Liamone e altri quattro Liburdi (Giulio, Lorenzo, Sebastiano e Vincenzo).

Chiudono l’elenco Domenico Loffredi, altri tre Malizia (Lorenzo, Mario e Michele), Ulisse Masi, Mariano Mastrogiacomo, altri tre Maura (Angelo, Francesco e Mario), Luciano Micheli, Ubaldo Misseritti, Giuseppe Misserville, Giovanni Nicolia, Luigi e Michelangelo Olmetti, Felice e Tommaso Pizzuti, Tommaso Ruspandini, Sante Ruspantini, Italo Sindici, Angelo Sisti, Giovanni Battista e Lorenzo Spagnoli, altri cinque Staccone (Domenico, due Giuseppe, Giovanni e Pasquale), Domenico e Giovanni Battista Stella, Giulio Tanzini e altri tre Tiberia (Alberto, Francesco e Giovanni).