Con la testa nelle fauci del leone

Non ce ne accorgiamo: ma ogni giorno finiamo con la teste nelle fauci del leone e spesso ce la infiliamo da soli. Cosa significa? Cos'è la testa del leone? Ed in che modo possiamo evitare i pericoli?

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno. (2Tm 4,18)

La bocca del leone dà subito l’idea esatta della metafora: la testa nella bocca del leone non può essere una situazione equivoca. Si è lì, senza scampo, nessuno ti può salvare se non un intervento straordinario la cui forza sia maggiore di quella delle fauci leonine che stanno per stritolarti. Da una parte la forza bruta, inesorabile della legge naturale, in cui il più forte divora il più piccolo; dall’altra l’intervento salvifico di Dio che fa giustizia, che rende giustizia al povero che è incapace di farsela da solo…

È impressionante il significato della metafora paolina: l’apostolo delle genti la utilizza proprio per far comprendere come l’intervento di Dio nella vita umana abbia l’obiettivo di rendere giustizia a chi non la riceve dall’intelligenza e dalla costruzione politica degli uomini. Ma anche dalla stessa natura umana in cui in molte occasioni sembrano prevalere gli istinti bestiali, quelli della sopraffazione, della legge del più forte, del pesce grande che mangia quello piccolo…

Il leone che è in noi

Spesso accade anche nella nostra vita: ci lasciamo sopraffare dalle espressioni peggiori del nostro essere. La paura di non avere quello che ci spetta. Magari soltanto nella fila ad un self service o in un parcheggio o in un ristorante, fa emergere il peggio di noi: arriviamo ad insultare, a sopraffare, a volte anche con modi violenti.

Spesso lo facciamo davanti ai nostri bambini trasmettendo loro non una cultura della costruzione paziente della pace, nella convivenza civile, quanto invece la cultura del disinteresse verso i deboli che può arrivare anche ad approfittarsi della loro debolezza.

È una reazione alla paura che ci spinge a comportarci così ma il rischio che corriamo è quello di rimanere stritolati dalle fauci del leone che possono trasformarci in essere abietti, dediti al male, che giorno dopo giorno rimangono avviluppati nel gorgo dell’avidità, della superbia, dell’ira. O, al contrario, nell’abbraccio insidioso dell’accidia, della lussuria.

Nel catechismo tradizionale li chiamavano vizi capitali. Perché, come le fauci del leone, possono stritolarti e condurti alla rovina, se qualcuno non interviene a salvarti.

Questa è la consapevolezza di Paolo: si è impegnato, ha combattuto per rimanere una persona onesta ma soltanto Dio lo può salvare dalle fauci del leone. E’ quella che i cristiani, chiamano salvezza e che il loro Gesù ha insegnato a chiedere nella preghiera: liberaci dal male…

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).