Il fuoco amico di Di Maio, quello ostile di Renzi: Conte è già accerchiato

Matteo Renzi © Imagoeconomica, Sara Minelli

L’ex rottamatore ha alzato il tiro, invitando il premier ad andare al Copasir per chiarire “sulla spy story, modello fiction all’americana”. Il capo dei Cinque Stelle lo ha stoppato sulla vicenda degli F35. L’inquilino di Palazzo Chigi ha iniziato a “ballare”. Come prima, più di prima.

Giuseppe Conte è già accerchiato. Come prima, più di prima. Il passaggio dal gialloverde al giallorosso non ha cambiato il dato di fatto. E cioè che un presidente del consiglio che non ha un partito alle spalle è più fragile politicamente. In verità Conte è ormai il pupillo di Beppe Grillo, che lo vede come uomo forte dei pentastellati. Ma nel momento più delicato della trattativa per arrivare alla formazione del Governo, è stato lui stesso a definirsi super partes. Poi c’è stata la scissione di Matteo Renzi e il varo di Italia Viva.

Matteo Renzi © Imagoeconomica, Sara Minelli

Renzi non è uno che si trattiene o che se la tiene. Conte lo ha definito “fenomeno” dopo l’esternazione sull’Iva e sul cuneo fiscale. Matteo Renzi ha iniziato a mandare una serie di messaggi per far capire a Conte che a Palazzo Chigi ci resta fin quando è lui a deciderlo. Ieri a Mezz’ora in più su Rai 3  Matteo Renzi ha lanciato un missile terra-aria, sostenendo “che sia giusto che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, vada al Copasir e spieghi tutto sulla spy story, modello fiction americana”. Con riferimento al cosiddetto caso Russiagate, che ha coinvolto il ministro della Giustizia Usa William Barr, “venuto a incontrare segretamente il capo del Dis Vecchione”.

Renzi ha perfino consigliato al premier di “dare la delega dei servizi, anche per liberarsi di un peso. Io suggerisco nell’interesse del presidente del Consiglio di avere un signor professionista che se ne occupi, di non essere sempre lui in prima fila”. Colpito e, per il momento, non affondato. Ma è certo che il premier inizi ad imbarcare acqua.

Poche ore dopo, come ha scritto Tommaso Labate sul Corriere della Sera, l’esternazione del capo politico del Movimento Cinque Stelle Luigi Di Maio (che è pure ministro degli esteri): «Io avevo accuratamente evitato di tirare fuori l’argomento quando ho incontrato Mike Pompeo proprio perché adesso il dossier è nelle mani di Giuseppe Conte e perché la mia fiducia in lui è piena. Però il programma degli F-35 va senz’altro rivisto, rimodulato».

Giuseppe Conte

Il motivo è politico oltre che di merito. Di Maio ha già sperimentato cosa voglia dire recitare la parte della forza politica responsabile. Vuol dire passare dal 34% al 17% in un anno. Mentre l’alleato ribelle (Matteo Salvini) fa il percorso inverso e raddoppia i consensi.

La sostanza è che Giuseppe Conte è tra due fuochi, quello amico di Luigi Di Maio, e quello ostile di Matteo Renzi. Perciò ribadisce che non “sta sereno”. E fa bene.