Quanto è diverso essere schiavi o essere figli (di P. Alviti)

Essere schiavi spesso è comodo. Perché c'è un padrone che pensa a noi. Essere figli impone di mettersi sempre in discussione, per crescere e migliorare. Il Padre non è padrone. E non ci vuole schiavi. Ecco perché

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Questo combattimento, dentro e fuori di noi, si presenta continuamente: mille volte dobbiamo scegliere tra una mentalità da schiavi e una mentalità da figli.

Essere schiavi o figli? Cercare di nascondersi o affrontare a testa alta le proprie responsabilità? Scaricare le colpe sugli altri o analizzare attentamente i propri comportamenti per scoprirne le debolezze e cercare di correggerle?

Questo è il combattimento, la guerra santa, la crociata che ciascuno è chiamato ad affrontare nella propria esistenza: dobbiamo vivere da schiavi o da figli?

Lo schiavo obbedisce al padrone, ne evita le scudisciate, si nasconde quando lo sente arrivare, non ha il coraggio di guardarlo negli occhi. Dal padrone ascolta ordini e sa che se non obbedirà sarà punito.

Il figlio, invece, sa che il padre lo ama, e si fida di lui. Anche quando lo rimprovera, è libero, può anche disobbedire al padre: questi non lo odierà, anzi starà lì ad aspettare il ritorno del figlio, starà lì, ansioso per i pericoli che il figlio potrà correre fuori della protezione paterna ma sa che il figlio è libero e deve rispettare questa libertà se vuole che cresca.

Questa era la distinzione tradizionale in una famiglia romana: c’erano i servi, gli schiavi, e c’erano i liberi, i figli, che proprio per questa ragione, hanno la mentalità dei figli, dei liberi.

Obbediscono al Padre perché sanno che ciò che il Padre dice è la via per essere veri uomini, non perché abbiano paura di lui.

È questa la radice dell’atteggiamento che la tradizione catechistica chiama peccato: il non fidarsi di Dio, il percepirlo come un padrone crudele e non invece come la via, il sentiero, la strada che conduce alla vita, alla vita degna di essere vissuta non per la salubrità delle sue condizioni ma per l’umanità che esprime nelle sue scelte di ogni giorno.

Se il padre mi dice di non uccidere, di non rubare, di non tradire, di non essere falso, di aiutare gli altri, di essere accogliente, di non essere violento, non mi pone dei limiti, mi indica la strada per essere un uomo, davvero.

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